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Oluja, la Tempesta che divide la Croazia

La celebrazione del ventennale dell’operazione militare Oluja (Tempesta) non ha solo inasprito le relazioni tra Zagabria e Belgrado, ma ha persino creato delle divisioni all’interno della stessa Croazia

06/08/2015, Drago Hedl - Osijek

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La Croazia ha celebrato in pompa magna il ventennale dell’operazione militare Oluja (Tempesta), con la quale il 5 agosto 1995 fu liberata la zona di Knin, parte della cosiddetta Republika Srpska di Krajina, roccaforte dei serbi ribelli che, con l’aiuto dell’Armata popolare jugoslava e delle unità paramilitari della Serbia, crearono all’interno della Croazia uno stato dentro lo stato.

Siccome si è trattato del ventennale di Oluja, a Zagabria si è tenuta una grande parata militare, il giorno prima della celebrazione a Knin, dove tradizionalmente, con la presenza  di un grande numero di veterani e cittadini, si riunisce l’intero vertice statale.

Contemporaneamente in Serbia, dove si rifugiarono la maggior parte degli oltre 200.000 serbi che per paura di perdere la vita durante l’operazione Oluja scapparono dalle proprie case, è stata celebrata la giornata di lutto e di memoria.

Due immagini completamente diverse. Stati d’animo ed emozioni differenti hanno regnato tra i popoli dei due paesi confinanti che un tempo vivevano nello steso stato e che poi la sanguinosa guerra ha profondamente diviso: mentre la Croazia festeggiava, la Serbia compiangeva.

Per Zagabria, ovviamente, Oluja è una legittima operazione militare con cui la Croazia ha liberato il suo territorio e vi ha stabilito, dopo quattro anni, il proprio ordine costituzionale e giuridico. Per Belgrado Oluja, ovviamente, è un crimine con cui i serbi sono stati cacciati dalla Krajina di Knin, e in centinaia sono stati uccisi.

Questa situazione non è nuova, esiste già da 20 anni, durante i quali le relazioni tra i vicini hanno avuto i loro alti e bassi, ma quest’anno sembra che abbiano raggiunto il culmine. Il motivo di tutto ciò è il fatto che quest’anno, ventennale di Oluja, la celebrazione – e soprattutto la parata militare – ha avuto un impatto molto maggiore che negli anni precedenti.

Oluja divide anche la Croazia

La celebrazione dell’azione militare Oluja, non ha solo innalzato uno spesso muro di diffidenza che, a 20 anni dalla fine della guerra, continua ha dividere Serbia e Croazia. Questa celebrazione ha diviso anche la stessa Croazia, su due linee divisorie.

La prima è quella emersa con forza durante le ultime elezioni presidenziali, quando la Croazia si è letteralmente divisa in due: destra e sinistra. La seconda linea divisoria è tra i serbi di Croazia rimasti e buona parte dei croati, che tutt’oggi hanno opinioni diametralmente opposte su Oluja, molto simili a quelle che esistono tra la Zagabria ufficiale e la Belgrado ufficiale.

Il motivo di tutto ciò, ovviamente, è l’impunità dei responsabili per i crimini compiuti con Oluja, quando durante l’operazione militare e nei giorni immediatamente successivi, secondo varie stime, furono uccisi secondo la Procura di stato 214 e secondo la sezione croata del Comitato di Helskinki 600 civili.

Quando il 16 novembre 2012 sono stati assolti i generali croati Ante Gotovina e Mladen Markač (il generale Ivan Čermak accusato anch’egli come gli altri due generali di associazione di impresa criminale, era stato assolto da tutte le accuse un anno e mezzo prima), il vertice statale della Croazia aveva accolto con grande soddisfazione la sentenza definitiva del Tribunale dell’Aja. Ma nell’euforia che regnava in quei giorni sia il premier Zoran Milanović che l’allora presidente della Repubblica Ivo Josipović avevano espresso la certezza che durante l’operazione Oluja, e nei giorni immediatamente seguenti, furono commessi crimini contro la popolazione civile serba.

Il senso delle loro dichiarazioni era: ora che il Tribunale dell’Aja ha confermato che non c’è stata associazione di impresa criminale e che i generali croati Gotovina, Markač e Čermak non sono colpevoli dei crimini commessi durante l’azione militare, spetta ai tribunali croati processare i responsabili di quei crimini.

Lo scorso anno, alla vigilia della celebrazione di Oluja il Forum democratico serbo (SDF) aveva pubblicato un comunicato secondo il quale “nemmeno a 19 anni dalla fine di Oluja la Croazia è riuscita a processare i responsabili dei crimini commessi contro i civili serbi durante e dopo l’operazione militare”. La medesima constatazione avrebbero potuto farla anche quest’anno.

L’ONG zagabrese Documenta afferma che per i crimini compiuti con Oluja la magistratura croata ha emesso solo due sentenze di cui quella che riguarda i crimini nel villaggio di Grubori non è ancora definitiva. Questa sentenza di primo grado dell’anno scorso, tuttavia, ha confermato inconfutabilmente che i crimini contro i civili serbi dopo l’operazione Oluja a Grubori sono stati commessi dai membri della polizia speciale il cui comandante era Željko Sačić.

Tuttavia, due settimane dopo che nel gennaio di quest’anno era stata sollevata l’accusa contro il comandante della polizia speciale Sačić e Franjo Drlje, ex membro dell’unità antiterrorismo Lučko della polizia croata, l’accusa è stata ritirata a febbraio per insufficienza di prove relative  “a tutti gli elementi essenziali dei reati sulla base dei quali gli imputati vengono accusati”. Così, l’ombra su Oluja è rimasta.

Divisioni politiche

Il secondo motivo di divisione all’interno della Croazia, per quel che riguarda la commemorazione di quest’anno, è stata la disputa se fosse necessario, oltre alla tradizionale celebrazione a Knin, tenere anche la parata militare a Zagabria. Questi due eventi, coi quali i politici (soprattutto quelli di governo) volevano dimostrare l’unità e la potenza nazionale, si sono trasformati in motivo di profonde divisioni.

In particolare dopo il fiasco della parata militare di Zagabria, perché non è venuto nessuno dei membri della NATO, soprattutto gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Germania, ecc., che erano stati invitati.

Nonostante entrambi gli eventi, la parata militare di Zagabria e la celebrazione tradizionale a Knin, fossero di carattere statale, il governo e l’opposizione hanno fatto di tutto per fare in modo che la prima fosse la celebrazione dell’attuale governo, mentre la seconda dell’opposizione, cioè dell’HDZ il quale spera, alle elezioni previste per la fine di quest’anno o l’inizio del prossimo, di riuscire a conquistare il potere.

Queste divisioni sono andate così lontano che il capo del governo e il presidente del parlamento croato, Zoran Milanović e Josip Leko, a Knin non hanno deposto la corona di fiori insieme con la presidente della Repubblica Kolinda Grabar Kitarović. A Knin, inoltre, quest’anno  non ha parlato il premier Milanović come ha fatto i due anni precedenti, quando è stato fischiato.

È stato fischiato anche quest’anno, ma non ha parlato, mentre l’enorme massa di persone – secondo alcune stime a Knin erano in centomila – applaudiva solo ai leader dell’opposizione, il presidente dell’HDZ Tomislav Karamarko e la presidente della Repubblica  Kolinda Grabar Kitarović.

Queste divisioni, per quanto si sia cercato di non parlarne, hanno gettato un’ombra sulla celebrazione di Oluja molto più della bufera che si è sollevata tra Belgrado e Zagabria. E per quanto concerne queste ultime, servirà ancora molta pazienza e un fino lavoro politico per fare in modo che Oluja smetta di essere il pomo della discordia tra i due vicini dei Balcani occidentali.

La Croazia dovrà punire i responsabili dei crimini che alcune formazioni e individui hanno commesso durante l’operazione Oluja e rendere possibile il ritorno senza impedimenti a tutti quelli che al tempo dell’operazione militare, per paura di rappresaglie, se ne sono andati.

Belgrado dal canto suo dovrà riconoscere alla Croazia che Oluja, secondo tutti gli standard internazionali, è stata un’operazione militare legittima. Se tutto ciò accadrà, sparirà anche l’ombra su Oluja.

Oggi, benché da Oluja siano passati già venti anni, tutto ciò sembra ancora una missione impossibile.

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