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Oltre il muro

La proposta europea di liberalizzazione dei visti per i cittadini serbi esclude quelli che risiedono in Kosovo. Qui c’è chi critica il governo di Belgrado, reo di aver accettato di fatto la separazione del Kosovo, e chi si prepara invece ad aggirare l’ostacolo spostando la propria residenza

12/08/2009, Tatjana Lazarević - Mitrovica

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La recente e a lungo attesa proposta della Commissione europea sulla liberalizzazione dei visti per la Serbia ha posto i cittadini serbi del Kosovo di fronte a due questioni fondamentali. Da un lato ci si chiede se il consenso della Serbia ad entrare nella "lista bianca" di Schengen senza il Kosovo significhi che la Serbia abbia deciso di rinunciare di fatto a questo territorio. Dall’altro ci si interroga sulle reali opportunità aperte dall’eliminazione del visto Schengen. Anche se i cittadini serbi del Kosovo riuscissero infatti ad ottenere il nuvo passaporto biometrico della Serbia, versano in condizioni economiche tali che è difficile immaginare possano permettersi di viaggiare.

Per i serbi che abitano in Kosovo al momento è comunque ancora un’incognita se, come e dove potranno richiedere i nuovi passaporti biometrici della Serbia e quale sarà la procedura di ottenimento del visto Schengen quando quest’ultima entrerà nella lista bianca.

Fino ad oggi questi hanno potuto ottenere il passaporto serbo nella vicina cittadina di Raška, oltre la "linea amministrativa" che divide la Serbia dal Kosovo, dopodiché per il rilascio del visto Schengen le ambasciate dei paesi stranieri a Belgrado li indirizzavano alle proprie rappresentanze a Pristina, in particolare dopo il febbraio del 2008, quando i kosovaro-albanesi hanno dichiarato l’indipendenza della regione.

Ma dato che dal punto di vista sia amministrativo sia politico, ma anche geografico, i serbi del Kosovo settentrionale gravitano verso Belgrado e non hanno praticamente contatti con la parte sud del fiume Ibar, che rappresenta oggi un confine de facto, per molti di loro l’andare a Pristina è però semplicemente inconcepibile. Questo significa che ottenere un vsito era molto difficile.

In mancanza di chiare indicazioni per i serbi del Kosovo su che cosa avverrà a seguito dell’inserimento della Serbia nella "lista bianca" c’è chi accusa la Serbia di aver definitivamente abbandonato i suoi cittadini nella regione e chi invece sostiene che Belgrado riuscirà, in maniera discreta, a trovare con i partner europei una modalità per i serbo kosovari di evitare le complicate procedure amministrative per l’ottenimento del visto Schengen, e così risparmiarli dalle rigorose misure che varranno per gli albanesi kosovari che dovessero richiedere il passaporto serbo.

Dalle affollate terrazze dei caffè e delle pasticcerie di Mitrovica, immerse nella calura estiva, la gente dichiara che però la questione dei visti non la interessa eccessivamente a causa dei "reali" problemi che deve affrontare nella quotidianità. Allo stesso tempo non si risparmia Belgrado dalle critiche.

Queste ultime vengono stimolate anche dagli attacchi portati dai partiti di opposizione in Serbia – e assieme a loro dai principali leader serbo-kosovari – sia al governo che al presidente Tadić. Li si accusa di aver di fatto riconosciuto – accettando le condizioni dell’Ue sulla questione dei visti – la dichiarazione unilaterale d’indipendenza di Pristina.

Dal governo sono arrivate immediate puntualizzazioni. Questa decisione, secondo l’esecutivo di Belgrado, non pregiudica l’attuale status del Kosovo secondo la Risoluzione 1244. L’esclusione dei serbi risiedenti in Kosovo ha a che fare esclusivamente con "ragioni di sicurezza che riguardano la potenziale emigrazione in partenza dal Kosovo, o che vede il Kosovo come possibile corridoio di emigrazione", riferendosi alla proposta della Commissione europea per la liberalizzazione del regime dei visti verso la Serbia.

"In questo processo ci sono due parti, l’area Schengen e la Serbia. La decisione di inserirci nella ‘lista bianca’ non è nostra, ma dei paesi che fanno parte di quest’ultima", ha dichiarato il vicepremier serbo Božidar Đelić, il quale ha ricordato che tra i membri del cosiddetto "spazio Schengen" ci sono anche paesi che non hanno riconosciuto l’indipendenza del Kosovo. "In questo senso, non esiste alcun timore che l’Europa voglia provare a portarci via il Kosovo", ha aggiunto Đelić.

Ciononostante, i serbi del Kosovo sono decisamente scettici."Questa è una decisione prevedibile presa da un paese poco serio. I rappresentanti governativi continuano a dire che la Serbia è integra, un solo paese, con regolamenti e leggi che valgono egualmente per tutti i suoi cittadini. Nel frattempo però, nell’azione politica questi rappresentanti si contraddicono. Mentre da un lato invitano i cittadini serbi del Kosovo a non partecipare alle elezioni amministrative kosovare, previste in autunno, dall’altro accettano la proposta della Commissione europea sulla liberalizzazione dei visti per la Serbia, ma che non comprende gli stessi cittadini ai quali si dice di non partecipare alle elezioni locali", afferma Miloš Jakšic (32), residente nella parte nord di Mitrovica.

I politici serbi del Kosovo denunciano che l’approvazione di una decisione del genere avrà come conseguenza diretta la diminuzione del numero ufficiale di residenti in Kosovo, perché i serbo kosovari si cancelleranno dall’anagrafe in Kosovo e si registreranno nelle città adiacenti della Serbia centrale, o in quei comuni fuori dal Kosovo nei quali i serbo kosovari possiedono delle proprietà di "riserva".

"Ciò provocherebbe una vera e propria pulizia etnica perché, letteralmente, tutti i serbi del Kosovo si cancelleranno e registreranno in Serbia", ha dichiarato Marko Jakšić, vicepresidente dell’Assemblea dei comuni serbi in Kosovo, conosciuto per la sua posizione anti-occidentale, sottolineando che in questo caso la maggior parte della regione rimarrebbe senza cittadini serbi.

Nella lettera aperta "Una roadmap per il Kosovo" i membri del comitato scientifico del «Schengen White List Project», presediuto da Giuliano Amato, ex primo ministro italiano, segnalano il rischio di un "ghetto creato dai visti" e chiedono alla Commissione europea che anche il Kosovo ottenga una roadmap per la liberalizzazione dei visti e che nessun cittadino residente in Kosovo venga discriminato. Pur apprezzando la proposta della Commissione europea sulla liberalizzazione dei visti per i Balcani occidentali, i firmatari di questa lettera aperta si sono dichiarati preoccupati del fatto che il Kosovo è stato escluso da questo processo, compresi i cittadini serbi che vi vivono.

"Mi cancellerò formalmente dall’anagrafe del Kosovo e mi registrerò come cittadino di Novi Sad", dice Miloš Golubović, 24 anni, studente di Mitrovica, spiegando come i cittadini del Kosovo riusciranno a superare le difficoltà amministrative, e ad entrare così nell’agognata "lista bianca". Per lui la questione del visto è molto importante. Diversamente da quello che accade alla maggioranza dei giovani serbi del Kosovo, Miloš è riuscito a visitare alcuni paesi dell’Europa occidentale, attraverso diversi programmi studenteschi e di cooperazione.

L’idea di Miloš è oggi presente nelle intenzioni di molti giovani serbo kosovari, che progettano di viaggiare verso i paesi dell’Unione europea, utilizzando un visto turistico per poi rimanervi definitivamente. Tra loro soprattutto chi risiede a sud dell’Ibar dove sta avvenendo un drammatico esodo di giovani dalle poco sicure aree rurali. Concentrati in alcune viuzze fangose e vicoli ciechi dietro a filo spinato, senza acqua né luce, buone scuole, spazi per attività fisica e culturale, senza lavoro e libertà di movimento, per molti giovani serbi a sud dell’Ibar l’uscita è rappresentata dai cosiddetti "paesi terzi", cioé non il Kosovo e non la Serbia.

I giovani serbi del Kosovo sono però divisi tra coloro che, come Miloš, già pensano e progettano la loro cancellazione dai registri anagrafici per registrarsi in Serbia e coloro che affermano che la questione dei visti Schengen non li riguarda.

"Dal mio personale punto di vista, pensare al fatto che i serbi entreranno nella ‘lista bianca’ non mi fa alcun effetto e la questione non è per me importante. Sono disoccupato per cui anche se dovessi ottenere questa facilitazione non potrei partire, perché non ho i soldi per farlo", dice Miloš Damjanović, studente di storia a Mitrovica. "Sono comunque contento che altri potranno viaggiare. Sarebbe stupido non esserne felice".

Milan Milosavljević, studente all’ultimo anno della scuola di giornalismo di Mitrovica, dice che personalmente sarebbe estremamente contento di poter viaggiare. "Ma c’è crisi e mi aspetto che sarà ancora più profonda nei prossimi mesi, per cui semplicemente non penso alla questione. Però le persone del Kosovo, generalmente, e soprattutto i serbi, non hanno la tradizione di viaggiare. I serbi di qui non hanno il desiderio di conoscere niente di più di quanto si vedono intorno".

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