Olimpiadi di guerra
Migliaia di profughi in fuga dall’Ossezia del Sud e da Gori. Tskhinvali sotto controllo russo, la Georgia chiede un cessate il fuoco. Incertezza sull’apertura di un nuovo fronte in Abkhazia. Deboli reazioni internazionali, mentre il mondo assiste alle Olimpiadi
Questa mattina, intorno alle 9 ore italiana, forze russe hanno nuovamente bombardato Gori, la cittadina in territorio georgiano a pochi chilometri dal confine con la repubblica separatista dell’Ossezia del Sud. Secondo notizie provenienti dalla città, la metà dei circa 45.000 abitanti avrebbe già abbandonato le proprie case dirigendosi in massa verso Tbilisi.
I bombardamenti su Gori hanno seguito quelli avvenuti nella notte vicino a Tbilisi. La nostra corrispondente Maura Morandi ha confermato per telefono che la capitale non è stata direttamente colpita, ma che si sono sentite forti esplosioni intorno alle 4 e mezza del mattino e che molta gente si è rifugiata nelle cantine. La notizia è stata poi confermata ufficialmente dal ministero dell’Interno georgiano secondo cui aerei russi hanno bombardato una base militare e installazioni radar vicino alla capitale. Non sono stati forniti dati su possibili vittime.
La situazione più grave, tuttavia, è quella di Tskhinvali. La capitale dell’autoproclamata repubblica sud-osseta sarebbe ormai quasi completamente distrutta. Secondo la BBC dopo una battaglia "breve ma feroce" l’esercito russo avrebbe ora il controllo della città. Le forze georgiane si sarebbero ritirate vicino a Gori, ma fino a ieri sera secondo diverse fonti mantenevano ancora una presenza in Ossezia del Sud.
Notizie di agenzia parlano di 2.000 morti, ma finora nessuno ha potuto entrare in città. Stanotte, a Tskhinvali, sarebbero stati trovati i corpi di due giornalisti georgiani, prime vittime del mondo dell’informazione. La Croce Rossa Internazionale non è ancora riuscita ad ottenere l’apertura di un corridoio umanitario.
Anche l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha chiesto alle parti di garantire il passaggio ai civili che cercano di fuggire dalle zone dei combattimenti. Secondo l’UNHCR tra le 10 e le 20.000 persone sarebbero sfollate all’interno della Georgia, mentre secondo Mosca circa 30.000 persone hanno lasciato l’Ossezia del Sud per dirigersi in Nord Ossezia, in territorio russo.
Nella capitale Tbilisi aumenta nel frattempo la tensione. Le televisioni e i media georgiani non stanno fornendo informazioni complete su quanto sta avvenendo, non è ancora stato reso noto ad esempio il numero delle vittime nell’Ospedale militare di Gori, evacuato ieri nonostante le dichiarazioni contrarie delle autorità in televisione.
Non è ancora chiaro inoltre cosa implichi lo stato di guerra proclamato in Georgia dal presidente Saakashvili, né l’introduzione della legge marziale. Nella capitale per il momento non c’è coprifuoco né si segnalano conseguenze gravi per la popolazione dal punto di vista degli approvvigionamenti idrici o alimentari.
Il presidente georgiano Saakashvili ha dichiarato alla BBC che le proprie forze hanno osservato una tregua a partire dalle 5 di domenica mattina, e che il Paese sta ora cercando di avviare negoziati con la Russia. Mosca ha respinto la proposta di Tbilisi, insistendo che le forze georgiane devono ritirarsi completamente dall’Ossezia del Sud prima che possa entrare in vigore una tregua.
Gli Stati Uniti hanno intanto chiesto alla Russia di aderire all’offerta georgiana per una tregua immediata, e il presidente Bush ha criticato l’azione militare russa, definendola come "sproporzionata".
Nel frattempo Sergei Bagapsh, leader dell’altra regione separatista georgiana, l’Abkhazia, ha dichiarato di aver ordinato un’operazione militare contro le forze georgiane nella Gola del Kodori. Secondo l’agenzia russa Interfax, Mosca starebbe inviando truppe verso la regione.
L’attuale fase di guerra aperta tra Georgia e Russia è iniziata giovedì notte con l’attacco georgiano in Ossezia del Sud. L’iniziativa militare ha interrotto di sorpresa la tregua che, solo poche ore prima, aveva fermato gli scontri che si erano registrati nei giorni precedenti tra forze georgiane e separatisti osseti. Il successivo intervento russo, a favore delle forze indipendentiste, rappresenta la prevedibile escalation di un conflitto a bassa intensità che da quasi 20 anni vede confrontarsi Mosca e Tbilisi nella regione.
Nel 1991, al momento della proclamazione dell’indipendenza georgiana, i separatisti in Ossezia del Sud hanno reclamato il diritto all’indipendenza dalla Georgia. Fino ad oggi la regione aveva mantenuto uno status di indipendenza de facto, non riconosciuta da nessun membro della comunità internazionale.
La popolazione della regione è composta da circa 70.000 persone, di cui 38.000 nella capitale Tskhinvali. I georgiani in Ossezia del Sud sono una minoranza, circa un terzo della popolazione. La maggioranza osseta auspica l’unione con l’Ossezia del Nord, repubblica autonoma della Federazione russa. Più della metà della popolazione ha accolto negli anni scorsi l’offerta di Mosca di un passaporto russo.
La tensione nella regione è cresciuta dopo l’elezione in Georgia del presidente Saakashvili, nel 2004. Il nuovo presidente ha immediatamente auspicato il ritorno dell’Ossezia del Sud, come anche dell’Abkhazia, sotto controllo georgiano. Mosca insiste sul fatto che la questione dello status dell’Ossezia del Sud dovrebbe essere considerato allo stesso modo di quello del Kosovo.
Le ambizioni georgiane per un rapido ingresso nell’Alleanza Atlantica, e la netta opposizione russa ad un’espansione della Nato nel Caucaso, hanno ulteriormente complicato lo scenario politico regionale. Negli anni scorsi la Georgia ha infine intrapreso un programma di ammodernamento militare, sostenuto dagli Stati Uniti anche in vista della partecipazione del Paese alla "coalizione dei volenterosi" in Iraq.
La Russia ha reagito duramente all’attuale crisi. Secondo diversi osservatori, tuttavia, sotto il profilo politico e diplomatico per Mosca era auspicabile il mantenimento dello status quo e i forti legami esistenti con una regione la cui indipendenza de facto rappresentava una spina nel fianco di un candidato all’Alleanza Atlantica.
Mentre restano incerte le conseguenze del conflitto, appare però ormai chiaro – come sostiene da Mosca l’editorialista della BBC James Rodgers – che "il mantenimento di uno status vago e indefinito per l’Ossezia del Sud non è più un’opzione possibile".
La situazione tuttavia, almeno per il momento, non sta evolvendo neppure nella direzione auspicata dai georgiani. Il Primo ministro russo Vladimir Putin, nella giornata di sabato, ha dichiarato infatti che a questo punto l’integrazione della regione all’interno della Georgia appare come assolutamente irrealistica.
Le diplomazie restano distanti, mentre l’opinione pubblica internazionale è distratta dai giochi olimpici di Pechino. L’unica cosa certa per il momento sono le centinaia di morti e decine di migliaia di profughi in un conflitto di cui non si intravede la soluzione.
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