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O noi o loro?

Posti di blocco, arresti, perquisizioni. Dura reazione delle autorità croate dopo la serie di omicidi di matrice mafiosa a Zagabria. Secondo alcuni osservatori le indagini contro il crimine organizzato potrebbero condurre dentro i palazzi della politica

31/10/2008, Drago Hedl - Osijek

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Anche se in Croazia, dopo l’omicidio di Pukanić, giornalista controverso ed editore di testata, non è stato dichiarato lo stato d’emergenza (come alcuni avevano proposto), in realtà questo esiste. La polizia ha letteralmente invaso Zagabria, elicotteri sorvolano la città, posti di blocco sono stati disposti sull’autostrada che porta in Serbia, gli arresti sono pratica quotidiana, numerose le perquisizioni di auto e abitazioni; i cittadini, anche se non c’è il coprifuoco, si ritirano dalle strade non appena cala la sera. Alla televisione vanno in onda costantemente edizioni straordinarie, dalle prime pagine dei giornali non emergono informazioni sulla potente mafia a cui lo Stato ha dichiarato guerra, e i cittadini non sono sicuri di chi si aggiudicherà questa vittoria. Questo l’aspetto della capitale del Paese il cui governo, fino a ieri, ha concentrato tutti i suoi sforzi e le sue speranze per una rapida entrata nell’Unione Europea, credendo che questo Stato sarebbe stato definitivamente incluso tra i paesi di stabile democrazia. Ora, però, il suo premier, Ivo Sanader, si è posto altri obiettivi, dichiarando che non lascerà che Zagabria diventi come Beirut.

La cupa immagine di Zagabria, a una settimana dall’assassinio dell’ex capo redattore e proprietario del settimanale Nacional, Ivo Pukanić, è stata confermata giovedì pomeriggio da un nuovo omicidio. Sulle sponde del fiume Sava, a Zagabria, in un costoso fuoristrada – uno degli status-symbol della malavita – è stato trovato il corpo di un ragazzo ucciso con un colpo di pistola alla testa. La polizia ancora non sa se questo sia collegato all’omicidio di Pukanić, come ancora non sa se l’eliminazione del giornalista abbia qualche legame con l’assassinio di Ivana Hodak – la giovane 26enne figlia dell’avvocato Hodak e dell’ex vice-presidente del governo croato e ministro per l’integrazione europea Ljerka Mintas – uccisa tre settimane fa in pieno giorno nel centro della capitale.

La dichiarazione del presidente Stjepan Mesić, "o loro o noi" rilasciata dopo l’assassinio di Ivo Pukanić, di cui era amico di vecchia data, si è dimostrata più che imprecisa: in Croazia, cioè, è difficile dire chi sono "loro" e chi "noi". Nonostante Mesić abbia cercato di affermare che "noi" significa lo stato di diritto, il funzionamento del sistema istituzionale e la sicurezza dei cittadini, e "loro" i criminali, i terroristi e i mafiosi, in Croazia non è facile tracciare questa linea. Questo viene fatto notare non solo dagli analisti politici e dai commentatori: ciò si è potuto vedere anche al funerale di Ivo Pukanić, dove qualche fila dietro al presidente dello Stato e alle sue guardie del corpo, c’erano anche i più "rispettabili" appartenenti della malavita zagrebese.

Lo stesso Pukanić, come afferma la nota editorialista Jelena Lovrić, è stato "ponte" e "collegamento" tra ciò che Mesić definisce "noi" e "loro". "Pukanić era in amicizia con pezzi grossi della criminalità e con i più alti rappresentanti delle autorità", ha scritto la Lovrić in occasione della morte di Pukanić, citando il fatto che uno dei più conosciuti mafiosi di Zagabria, Hrvoje Petrač, gli abbia "scritto una lettera confidenziale dal carcere", e che al contempo Pukanić fosse "intimo" con il presidente Mesić, "con cui usciva a cena e a cui si rivolgeva pubblicamente per nome".

Che Pukanić non fosse "solo giornalista" e che in Croazia non esista la chiara linea che Mesić ha tracciato tra "noi" e "loro", lo afferma anche Heni Erceg, in passato capo redattore del settimanale Feral Tribune, non più nelle edicole. La Erceg afferma che Pukanić era "amico dei capi dei clan mafiosi, ma anche di influenti politici, che troppo spesso in Croazia sono la stessa cosa".

La scrittrice Slavenka Drakulić, famosa per i suoi testi di impegno politico, nel londinese "The Guardian" ha scritto che Pukanić "era conosciuto come uomo dai buoni contatti: con un piede fisso nella criminalità, e l’altro nella sfera politica". Anche lei afferma come il confine tra quello che Mesić divide con una linea – stato di diritto, funzionamento del sistema istituzionale e sicurezza dei cittadini, contro criminalità, terrorismo e mafia – in Croazia non solo è difficilmente visibile, ma queste due categorie, che nel mondo normale sono fortemente separate, qui si intrecciano e spesso si fondono.

Una giornalista che da anni lavora al Nacional di Pukanić, Jasna Babić, in una lunga intervista pubblicata sul portale internet Indeks.hr, ha descritto il suo ex capo come persona che ha danzato a lungo tra la sfera criminale e l’alta politica.

Questa serie di omicidi a Zagabria, anticipata quest’estate con una serie di intimidazioni a chi denunciava il connubio tra politici e mafia, ora preoccupa le autorità inducendole ad un’azione nervosa. Anche se ancor prima dell’omicidio di Pukanić il premier Sanader aveva sostituito i ministri degli Interni e della Giustizia e il capo della polizia, l’omicidio del direttore di Nacional ha dimostrato che la mafia si sta facendo strada seriamente, e fa presagire un punto a cui in Croazia non si è ancora arrivati: gli attentati politici, come quello in Serbia in cui è stato assassinato il premier Đinđić.

La già citata Slavenka Drakulić ha pienamente ragione quando afferma, nel londinese "The Guardian", che negli ultimi anni, nel centro della capitale croata, ci sono stati una serie di regolamenti di conti di natura mafiosa, che non costituivano una minaccia per le autorità. Ora, dopo l’omicidio Pukanić, hanno capito che questo pericolo si sta facendo loro più vicino.

"Non è affatto strano che l’omicidio Pukanić abbia scioccato il governo e che venga interpretato come messaggio politico", afferma la Drakulić, che conclude dicendo che potrebbe essere "una forte motivazione per le istituzioni dello Stato affinché questa volta facciano in modo serio il loro lavoro".

La domanda è quanto durerà questa "forte motivazione" che in questi giorni il governo croato sta dimostrando nelle indagini per l’assassinio di Pukanić e se non si sgonfierà in fretta qualora le ricerche nella battaglia contro il potente crimine organizzato portassero fino agli alti vertici della politica.

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