Nuove complicazioni per le ONG in Azerbaijan
Una legge da poco entrata in vigore ha introdotto nuove sanzioni per le ONG. I rappresentanti del governo accusano donatori occidentali, ONG locali e social media di radicalizzare i giovani
Nel luglio 2009 avevo scritto un articolo sulle modifiche proposte alla normativa in materia di organizzazioni non governative in Azerbaijan: la conclusione era che la lotta non era ancora finita. A febbraio 2013, sembra che il governo azero sia tornato all’attacco con una nuova serie di modifiche della normativa in materia di ONG, che complicano ulteriormente le procedure formali necessarie per mantenere in vita una ONG, in particolare per quanto riguarda le questioni finanziarie. La legge è stata firmata il 13 marzo dal presidente azero Ilham Aliyev.
Anno nuovo, nuove multe
Gli emendamenti sono stati accolti da molte critiche da parte di attivisti e un appello di 62 organizzazioni della società civile al parlamento perché respinga le modifiche. Una tavola rotonda organizzata poco dopo l’annuncio degli emendamenti ha evidenziato le particolari preoccupazioni sulle sanzioni proposte: il nuovo disegno di legge prevede che le ONG che ricevono oltre 200AZN (circa 190 Euro) al di fuori di un accordo di donazione formale saranno soggette a pesanti sanzioni. Le ONG che non registreranno tali accordi con il governo pagheranno multe che partono da AZN 1.500 (1.428 Euro) fino all’esorbitante importo di AZN 15.000 (circa 14.800 Euro), oltre alla possibile confisca delle proprietà.
Non ci sono riferimenti più specifici a queste nuove "condizioni", che lasciano quindi molto spazio all’interpretazione del governo. Secondo Hafiz Hasanov , presidente dell’Associazione per la legge e lo sviluppo, questi cambiamenti danno carta bianca ai comitati governativi regionali e ad altri organi "di sorveglianza" per interferire nel lavoro delle ONG e di altre organizzazioni religiose e politiche.
Ad oggi, le ONG non registrate in Azerbaijan sono circa mille. Nel complesso, la registrazione rimane uno dei problemi principali per le ONG in Azerbaijan, nonostante la "legge sulla registrazione statale delle persone giuridiche e il Registro di stato" adottata nel 2004. Poco impatto hanno avuto le ulteriori raccomandazioni sul miglioramento della legislazione presentate nel 2011 dalla Commissione di Venezia, un gruppo di esperti del Consiglio d’Europa. Di conseguenza, vi è stato un calo visibile nel numero totale delle ONG registrate nel paese dalla metà degli anni 2000.
Secondo una ricerca elaborata dall’associazione "Democracy Learning ", il numero di nuove ONG registrate per anno è sceso da 548 nel 2006 a 144 nel 2011, e non ci sono informazioni sul "numero di domande presentate e respinte". In totale, secondo i dati forniti dal ministero della Giustizia nel 2010, in Azerbaijan ci sono circa 2612 ONG registrate per nove milioni di abitanti, cifra che colloca il Paese all’ultimo posto nell’Europa orientale e baltica.
Allora, perché ulteriori pressioni e sanzioni quando le condizioni attuali per le ONG sono già problematiche? È davvero una questione di trasparenza? Per ora, ci sono alcune spiegazioni possibili.
Tutti vedono le nuvole all’orizzonte, tranne il governo
Il 2013 è l’anno delle elezioni presidenziali in Azerbaijan, previste per il mese di ottobre. Da gennaio il paese sta assistendo ad un’ondata di proteste, auto-immolazioni, arresti, detenzioni, sparizioni improvvise, accuse e altro ancora. E tuttavia il governo ritiene che la responsabilità sia della popolazione giovanile, delle poche organizzazioni della società civile, dell’Occidente e dell’opposizione. E anche se molti nel paese sembrano consapevoli delle nubi all’orizzonte, le autorità si ostinano ad annunciare sole e sereno. E chi non concorda è etichettato come un agente dell’Occidente, un terrorista, e un nemico della patria.
Questo approccio è evidentemente alla base della recente esternazione di Ramiz Mehdiyev, capo dell’Amministrazione presidenziale. In un’intervista al portale di notizie AzerTAc, Mehdiyev ha accusato le ONG locali e internazionali di sostenere le forze antigovernative nel promuovere instabilità e disordini nel paese. Mehdiyev ha attaccato i donatori internazionali, accusati di annunciare "determinati progetti, ma di finanziare in realtà scopi distruttivi completamente diversi", e i rappresentanti locali di organizzazioni internazionali, che agirebbero al di fuori dei propri mandati finanziando “attività sospette" travestite da progetti umanitari o educativi.
Secondo l’Istituto per la libertà e la sicurezza dei giornalisti , questo atteggiamento ricorda la legge russa sugli "agenti stranieri", che prende di mira anche l’Occidente, e in primo luogo gli Stati Uniti, per il finanziamento ad attività anti-russe attraverso le ONG nazionali. Le richieste di rendicontazione sono preoccupanti: le ONG presentano già ben 19 rapporti l’anno , quindi la rappresentazione del loro livello di trasparenza è certamente ingiusta.
Oltre alle difficoltà delle ONG locali, girano voci che OSCE e NDI (National Democratic Institute) dovranno lasciare l’Azerbaijan. Ma si tratta solo di voci: al momento, entrambe le istituzioni sono aperte e funzionanti. L’OSCE è il mediatore chiave nel conflitto sul Nagorno Karabakh, quindi cacciare tutta l’istituzione non avrebbe implicazioni positive per l’Azerbaijan nel processo di negoziato. Inoltre, il capo della missione OSCE a Baku, Koray Targay, è noto per i suoi commenti positivi nei confronti del governo azero . Tuttavia, con le prossime presidenziali e l’eventuale presenza dell’Ufficio OSCE per le istituzioni democratiche e i diritti dell’uomo (ODIHR) in qualità di osservatore, è probabile che il campo d’azione della missione venga ristretto alla mediazione dei conflitti.
D’altro canto, l’NDI ha un passato lungo e difficile nel paese. Il suo ufficio era stato chiuso per qualche tempo nel 2011 per problemi correlati alla registrazione. Questa volta le accuse sono più dirette. Nella stessa intervista ad AzerTAc, Mehdiyev ha accusato il Direttore nazionale dell’NDI, Alex Grigoriev, di aver compromesso la stabilità nel Paese finanziando per 2 milioni di dollari una "rivoluzione Facebook". Se queste informazioni saranno confermate, ha dichiarato, il governo azero interromperà la collaborazione con l’istituzione. Inoltre, Ruslan Asad, membro dello staff locale dell’NDI e cofondatore del movimento giovanile Ol!, è stato interrogato il 15 marzo. La sua presenza alle manifestazioni del 10 marzo contro il nonnismo e l’abuso di coscritti al servizio militare azero è stata inoltre segnalata dal capo dell’apparato come segno di violazione del mandato NDI.
Internet senza Facebook e Twitter?
L’infuocato discorso di Mehdiyev non ha risparmiato i social network. Non solo ha dichiarato che "i social network radicalizzano i giovani, li organizzano, e ‘pagandoli’ ne stimolano il coinvolgimento in attività illegali", ma ha anche respinto ogni possibilità che le opinioni espresse sui social network siano condivise dalla popolazione più ampia, riducendo il tutto a pochi giovani plagiati.
Non si sa ancora che cosa questo significherà per gli utenti dei social network in Azerbaijan: finora il governo non ne ha vietato l’uso, ma con l’avvicinarsi delle elezioni la pressione cresce e non ci sono garanzie. Ironicamente, non molto tempo fa il nome di Mehdiyev era emerso proprio sul web nell’ambito dello scandalo Gulergate, con una serie di video che mostravano la parlamentare Guler Ahmadova “vendere” un seggio per un milione di AZN all’allora rettore universitario Elshad Abdullayev. Mehdiyev aveva respinto ogni accusa di coinvolgimento e, manco a dirlo, non è mai stato indagato.
È in questo particolare contesto che tornano in mente le parole di Lord Acton: "Il potere tende a corrompere e il potere assoluto porta alla corruzione assoluta". Dobbiamo ancora vedere come si dipaneranno gli eventi in Azerbaijan, ma nuvole scure sono all’orizzonte e del sole e del sereno promessi non c’è traccia alcuna.
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