Niente arcobaleno per l’Azerbaijan
Il suicidio di Isa, un attivista di venti anni, riapre la dolorosa questione dei diritti della comunità LGBT in Azerbaijan, troppo spesso vittima di stereotipi e omofobia. Il lento e faticoso percorso della tolleranza
"Questo mondo non è abbastanza colorato per me. Addio", si legge nella lettera di un uomo troppo giovane per dire addio alla vita. "Vi lascio. Dio vi benedica. Questo paese e questo mondo non sono per me. Sarò molto più felice adesso. Dite a mia madre che l’ho amata molto. Voi tutti siete responsabili della mia morte". Sono le ultime parole che ha scritto. Si chiamava Isa, aveva solo vent’anni. Purtroppo, Isa non è la prima né l’ultima persona LGBT che si toglie la vita in Azerbaijan, mentre il paese deve ancora trovare un modo per affrontare i diritti delle persone LGBT. Se i leader del Paese ne costruiscono un’immagine moderna e liberale all’estero, in patria le contraddizioni sono visibili tutti i giorni. Quando si tratta di diritti delle comunità LGBT, la realtà è dolorosamente inquietante.
Dietro la facciata di modernità
Trovato impiccato e avvolto nella bandiera arcobaleno il 22 gennaio. Isa Shahmarli, attivista per i diritti LGBT e presidente di Azad LGBT (Free LGBT), era conosciuto tra i suoi amici come un attivista appassionato. Credeva fortemente nella possibilità di cambiare le opinioni della gente sulla comunità LGBT. Non sapeva che il compito era molto più grande della sua passione e delle sue speranze.
L’Azerbaijan è spesso visto come un paese musulmano liberale, più o meno tollerante come i suoi vicini, Armenia e Georgia, ma spesso si tralascia che tolleranza è un concetto relativo qui. Quando gran parte dell’Europa aveva gli occhi sull’Azerbaijan durante l’Eurofestival del 2012, la tolleranza era al suo massimo. Una volta ripartiti gli ospiti, l’attenzione del mondo rivolta altrove, sono rimaste solo deboli tracce di tolleranza, la più comune l’accettazione degli uomini in pantaloncini.
I pezzi mancanti
L’Azerbaijan ha depenalizzato l’omosessualità nel 2001. Tuttavia, le difficoltà persistono. Secondo Elhan Bagirov, fondatore di "Gender and Progress", una organizzazione non governativa che si occupa di parità di genere, fornendo assistenza legale e medica e molti altri servizi, troppo spesso le persone LGBT sono vittime di stereotipi e omofobia. Frequenti, secondo Bagirov, anche i licenziamenti e gli abusi a causa dell’orientamento sessuale. E se non ci sono leggi che vietano le relazioni fra persone dello stesso sesso, non ci sono nemmeno leggi che le proteggono.
La mancanza di sostegno legislativo pone la comunità LGBT in condizione di vulnerabilità, se non di rischio. Di conseguenza, molti attivisti come Bagirov sono forti sostenitori dell’adozione di una legge anti-discriminazione. Ma questa non sarà la soluzione. Ciò che sembra mancare in Azerbaijan, oltre alla normativa, è un cambiamento culturale: ogni giorno, le persone LGBT sono oggetto di scherno, pregiudizi e restrizioni.
Il silenzio non riguarda solo la comunità LGBT. Analoghe difficoltà si pongono alle organizzazioni non governative che operano in questa direzione. Secondo Atilla Cavid, leader di Nefes ("Breath"), una piccola ONG focalizzata sui diritti LGBT, "il primo e principale problema in Azerbaijan è la registrazione delle organizzazioni non governative. Il governo non registra le organizzazioni LGBT e comunque non le prende sul serio". Lavorare senza formale registrazione pone queste organizzazioni di fronte ad una serie di problemi e difficoltà, ad esempio nel raccogliere fondi. Di conseguenza, la maggioranza delle organizzazioni LGBT sopravvive solo sulla base dei contributi dei membri. La mancanza di una legge anti-discriminazione complica ulteriormente la vita e il lavoro di queste organizzazioni e delle persone che ci lavorano, poiché senza una legge, la maggior parte delle denunce sono respinte facilmente, senza alcuno sbocco, spiega Cavid.
Se le aspettative degli attivisti per i diritti LGBT rimangono elevate, non ha senso, almeno nel prossimo futuro, aspettarsi grandi cambiamenti in un paese dove l’élite al potere usa l’omofobia come strumento per combattere l’opposizione. Non molto tempo fa, un’organizzazione giovanile notoriamente vicina al governo in carica è stata in prima linea in una campagna diffamatoria contro il leader dell’opposizione Ali Karimli, accusandolo di omosessualità. Questo tipo di intimidazione e calunnia nei confronti di individui sgraditi al governo è molto comune in Azerbaijan. Il più noto di questi casi ha coinvolto Khadija Ismayil, giornalista investigativa di successo: suoi video privati sono stati diffusi online da ignoti.
Oltre le poche strade di Baku
L’accettazione della comunità LGBT non si estende oltre poche strade della capitale Baku, alcune famiglie e, quando va bene, gli amici. Isa avuto la fortuna di avere almeno uno dei tre. Tuttavia, la sua morte serve come promemoria: molto deve ancora cambiare, e la tolleranza non viene da sé, ma richiede molto tempo, e fatica.
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