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Nelle catacombe di Sofia – II

Miro Ljubo conoscono bene il popolo del sotosuolo. Sono loro ad accompagnare la nostra nella "capitale sotterranea". Dove vivono i diseredati della transizione. La seconda di due puntate di un nostro reportage

01/03/2006, Tanya Mangalakova - Sofia

Nelle-catacombe-di-Sofia-II

Prima puntata

Sofia, sabato 4 febbraio 2006. "Osservatorio" scende nei tunnel del "popolo del sottosuolo". L’appuntamento è con Miro, una delle nostre guide, di fronte al palazzo delle poste centrali. Quando arriva, ci racconta di aver passato la notte nel distretto di polizia. Ieri sera, infatti, è stato arrestato poche ore dopo aver incontrato il sindaco Bojko Borisov, perché privo di documenti di identità. Ironia della sorte, mentre i giornali pubblicavano le foto del suo incontro col primo cittadino, Miro trascorreva la notte in guardina. Quando arriva però sorride, ottimista e pieno di energia.

Arriva anche la nostra seconda guida, Ljubo, 28 anni, meglio noto come "il Cinese", e soprannominato "lo sceriffo delle catacombe". I ragazzi di strada lo chiamano "papà", perché spesso li ha salvati dai poliziotti, dagli skinheads o da altri vagabondi. Oggi Ljubo è riuscito a venir via dalla strada, dove è cresciuto e ha vissuto per ventidue anni, da quando cioè, all’età di sei, scappò di casa dopo il divorzio dei genitori.

Per più di vent’anni Ljubo ha sniffato colla, vivendo in baracche, scantinati, nelle condutture della "Toplofikatzya Sofia" la società che fornisce il riscaldamento alla città, e nei tunnel che si trovano sotto la stazione centrale. Un anno fa la svolta, quando un "bogatash" (uomo benestante) lo ha preso sotto la sua protezione, offrendogli un lavoro e la possibilità di cambiare la propria vita.

Nella tana di Ilcho

Arriviamo al "Quarto chilometro", località di Sofia nota soprattutto perché ospita il più famoso manicomio della città. Scavalchiamo uno steccato, ci infiliamo tra le grate di ferro ed entriamo in una delle gallerie che portano i tubi dell’acqua calda nel sottosuolo. Fa caldo, sui tubi, coperti di lana di vetro, vecchie coperte e stracci, tutto intorno immondizia, rifiuti, cose lasciate cadere nel buio.

E’ qui che vive Ilcho. Ci dice di avere trentotto anni, e non ha dove andare da quando il padre lo ha escluso dall’eredità dell’appartamento dove viveva. Ilcho ha una famiglia, una moglie ed una figlia piccola, ma loro vivono altrove. Lavora in nero come meccanico nel quartiere di "Druzhba", non ha nessun tipo di assicurazione, né documenti. Di solito, ci racconta, insieme a lui dormono altre 4 o 5 persone, ma adesso è solo, anche perché uno dei suoi "coinquilini" adesso dorme in prigione. Miro e Ljubo provano a convincerlo a presentarsi nei locali del centro "16+" dove si terrà il promesso incontro con il sindaco Borisov, che ha promesso documenti nuovi, assistenza medica e soprattutto una vera casa dove abitare.

L’appuntamento è in pieno centro, davanti alla cattedrale "Alexander Nevski", ma Ilcho sembra titubante. Innanzitutto, dice, non sa dove si trova la cattedrale e poi le autorità lo hanno multato un sacco di volte, e ha paura che alla fine dovrà pagare ancora. "E’ vero, non ho la carta d’identità, né documenti, ma a che mi serve? Mi conoscono tutti, qui in strada, anche i poliziotti…".

Ilcho – di Francesco Martino

Georgi: voglio essere il padrone di me stesso

Non lontano dalla sua "tana" ci dice Ilcho, ma all’aperto, sotto le stelle, vive un vecchio. Sui tubi della "Toplofikatzya" troviamo un materasso di fortuna, coperte, il tutto coperto da un largo telo di nylon. Poco dopo incontriamo "il vecchio", che in realtà si chiama Georgi Todorov e ha 52 anni, mentre rovista in un cassonetto proprio all’entrata del manicomio del "Quarto chilometro". Lo segue un piccolo branco di cani randagi, a cui, racconta poi, getta spesso parte di quello che trova.

Georgi è sulla strada da due anni. Prima lavorava a giornata, ma poi una macchina l’ha investito e adesso cammina a fatica. Non ha parenti, vive senza documenti, non ha alcun titolo di studio e non conosce l’indirizzo del municipio di Sofia. Soffre di asma, e di tanto in tanto estrae un mozzicone di sigaretta da una tasca della sua giacca, sporca e unta, e lo accende. Quando Miro gli regala delle vere sigarette, le mette via con cura meticolosa e continua a fumare i suoi mozziconi. "Le conservo", ci spiega, "per quando potrò bere un caffè tra la gente normale".

Georgi non ha visto un soldo da molto tempo, e sopravvive raccogliendo quanto riesce a trovare nei cassonetti della spazzatura. Dorme all’aperto, non vuole passare le notti con Ilcho e gli altri nel tunnel. "Quelli sono aggressivi, litigano, si attaccano alla bottiglia. E poi io voglio essere il padrone di me stesso." Apre la busta di plastica che si trascina dietro e ci mostra il raccolto della giornata: un po’ di pane, delle polpette vecchie, qualche patata. "Si capisce subito quando qualcosa si può mangiare o no. Col tempo si diventa come cani, impari a capirlo dall’odore". Miro e Ljubo provano a convincerlo ad andare all’incontro col sindaco, o almeno a passare l’inverno al coperto, nel tunnel insieme a Ilcho. Ma Georgi vuole vivere a modo suo ed anche lui, fino all’ultimo, si mostra scettico (anche se poi, inaspettatamente, si presenterà al cospetto del sindaco Borisov).

Miro e Yuli dal sindaco – di Francesco Martino

Altri racconti dal sottosuolo
Proseguiamo il nostro viaggio. Miro conosce un’altra abitazione di fortuna, una grande botola della "Toplofikatzya" dove vive un senzatetto solitario, alcolizzato. Arriviamo sul posto, ma non c’è nessuno. Scendiamo per dare un’occhiata alla sua casa sotterranea, l’aria è resa irrespirabile dal calore e dai rifiuti in putrefazione, dappertutto giacciono bottiglie vuote. "Di sicuro è andato alla ricerca di qualcosa da bere", dice Miro con l’aria di saperla lunga.

Tra il "popolo del sottosuolo" è facile incontrare alcolizzati. L’alcol è il modo più economico per dimenticare una vita di stenti. Di solito, ci dicono le nostre guide, per due leva (un euro) si compra una bottiglia di alcol puro, che poi viene mischiato ad acqua.

Scende la sera, torniamo in centro, vicino al palazzo delle poste centrali, dove di solito si incontrano gli esclusi e gli emarginati. Molti di loro sono giovani di origine rom. Ani, una ragazzina di 16 anni, anche lei incinta, all’improvviso ha un malore. Chiamiamo di corsa un’ambulanza.

Nel frattempo Krasi, soprannominato "la Polizia", tiene un tappo in mano, e con sguardo febbrile chiede "Sai che cos’è questo? No, tu non sai proprio niente, questo è un tappo di Jack Daniels!". Krasi è un ex poliziotto, ma dopo aver perso il lavoro è rimasto sulla strada. Ha un padre e un fratello, ma non vuole vivere con loro. Si è fatto anche la galera, per un furto con scasso. Quando capisce che può ricevere gratuitamente nuovi documenti, un tetto e forse anche un lavoro, sembra felice, si frega le mani.

Ormai è buio, il gruppo si disperde. Miro e Ljubo discutono un po’su quale sia il posto migliore in cui andare a dormire. Poi, dopo averci salutato, si incamminano e spariscono dietro un angolo, nel freddo pungente di una notte senza luna.
Una luce alla fine del tunnel
Questa storia ha bisogno di un lieto fine, anche se i miracoli, si sa, succedono di rado. Bojko Borisov però ha rispettato la sua promessa, e l’8 di febbraio è arrivato al centro "16+" per dare il via alle procedure di rilascio delle carte d’identità. Lo aspettavano circa 20 senzatetto, amici di Miro e Ljubo soprattutto, ma anche "il vecchio" Georgi ed altri. Mentre i poliziotti prendevano i loro dati, il sindaco ha proposto loro tre possibilità di occupazione: nello zoo comunale, in una ditta di costruzioni, sempre del comune, oppure come spazzini. Miro, tutto contento, si è messo alla ricerca di un lavoro per racimolare i 33 leva (17 euro) che gli servono per andare e tornare da Sinistra, dove è nato e dove deve ritirare il suo certificato di nascita.

La fondazione ADRA,intanto, ha deciso di aiutare il centro "16+", procurando cibo da distribuire ai senzatetto. "Sono soddisfatta, adesso abbiamo la libertà di movimento per fronteggiare questo problema", ha dichiarato Mariana Pisarska, direttrice del centro, commentando il nuovo atteggiamento del sindaco.

E se questo non è forse il classico happy-end delle favole, possiamo però sperare che si cominci a vedere un po’ di luce alla fine dei tunnel di Sofia, là dove vivono e si intrecciano le storie dei dimenticati del "popolo del sottosuolo".

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