Nel segno dei classici: vita nella tomba
Mondadori lo pubblicò 52 anni fa ed era ormai introvabile. Ripubblicato in Italia, da Asterios, "La vita nella tomba" di Stratis Myrivilis. Una storia ambientata sui campi di battaglia delle Guerre Balcaniche. Una recensione
Maurizio De Rosa, decano ormai dei traduttori dal neogreco, al quale si deve la conoscenza in Italia, anche per i testi saggistici, di tanta parte della letteratura greca moderna, ha tradotto per l’editore triestino Asterios un classico del Novecento. Parliamo del romanzo “La vita nella tomba” di Stratis Myrivilis, per altro non proprio inedito in Italia. Mondadori, infatti, lo pubblicò col titolo “Quaderni di guerra del sergente Costula” nella collana “Medusa” la bellezza di 52 anni fa, testo per altro introvabile se non presso le biblioteche o i cultori di letteratura neogreca quali chi scrive. C’era pertanto bisogno che un’opera così importante tornasse ad essere facilmente reperibile, pur con tutte le difficoltà di distribuzione proprie di un piccolo editore. Ma il testo, come a dire, ora è a portata di richiesta, oltre che nelle librerie in cui il volume è disponibile, grazie anche ai servizi offerti da internet.
Afflato classico
Perché è importante “La vita nella tomba”? Potremmo dire innanzitutto per la sua scrittura che, per quanto ispirata al parlato moderno, ha un forte afflato classico, frutto della cultura del tempo dell’autore, nato nel 1892 a Mitilene, per cui gli echi spirituali, se non lessicali, dell’antica Grecia attraversano tutto il romanzo. Certo, a richiamarli sono principalmente il tema, quello della guerra vissuta in diretta, sui campi di battaglia del fronte macedone, durante le Guerre balcaniche del 1912-13, alle quali Myrivilis partecipò come volontario. Il libro è il diario di quei giorni, anche se mascherato dietro “I quaderni del sergente Costula”, con l’escamotage che a trovarli dopo alcuni anni sia lo stesso Myrivilis, a cui il sergente Costula li aveva consegnati prima di morire in battaglia.
La vita in trincea, gli assalti alla baionetta, l’intrecciarsi di storie individuali, tra cui alcune d’amore, oppure d’eroismo da una parte, di vigliaccheria dall’altra, nel mezzo il più comune interesse a tenersi cara la vita che abbiamo, per cui assistiamo alle diserzioni, a soldati che cercano di farsi venire la scabbia per essere rimandati in convalescenza a casa ed altri episodi più o meno grandi costituiscono il tessuto della storia. Pagine per le quali l’autore usa tasti diversi, l’acuto del dolore e dell’invettiva, soprattutto contro gli alti ufficiali sprezzanti della truppa e delle vite umane, ben riparati dietro l’aulicità di un amor patrio ipocrita e di facciata, il sonoro dei movimenti di massa, soprattutto nel racconto degli scontri fuori dalle trincee, e poi il lirico ricordo di casa, delle persone amate e lasciate, nell’isola di Mitilene da cui il sergente Costula, così come l’autore stesso, proveniva. Un paesaggio descritto sull’onda di un’evocazione che regala al lettore brani di autentica poesia. Tutto è scritto in forma di diario, o di lettera, rivolta alla fidanzata lontana, il cui nome mai compare, che lo aspetta a Mitilene, ma la cui nostalgia illumina la prosa di forti momenti di tenerezza e sentimento.
‘900
E’ poi importante leggere questo libro per l’autore, uno dei maggiori greci del Novecento. Statis Myrivilis, dopo la prima guerra mondiale è diventata una figura di primo piano della cultura neoellenica, sia come scrittore, saggista, poeta, sia come giornalista, ruolo che lo ha fatto diventare direttore di diversi giornali e quotidiani e nel 1936 direttore generale della Radio greca, rimanendo in carica per ben quindici anni, cioè fino al 1951, attraversando così tutto il periodo cruciale della storia greca moderna, dalla dittatura Metaxas alla seconda guerra mondiale, dalla partecipazione alla Resistenza (pubblicando bollettini patriottici che scriveva egli stesso) agli anni della dilaniante guerra civile.
Un testimone di eccezione nel panorama della letteratura, cultura e storia greca, la cui opera si riallaccia alla grande tradizione del naturalismo ottocentesco, tutta permeata da un fortissimo attaccamento alla sua terra e al suo popolo. Un autore del quale, naturalmente, si auspicano traduzioni di altri suoi libri, compreso un altro dei quali, già tradotto in Italia sempre da Mondadori nel 1960, ho scovato nella mia biblioteca personale: “La madonna del mare”, incentrato sull’esodo della popolazione greca dall’Anatolia, un gruppo della quale approda a Mitilene, dando vita a un racconto dove realtà e mito s’intrecciano sullo sfondo abbagliante e sensuale dell’Egeo. In questo senso, l’auspicio è che l’editore Asterios, di origine greca (tra l’altro ha pubblicato diverse opere dell’ex ministro Varoufakis) continui nella sua opera di diffusione della cultura ellenica.
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