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Mr Privatizzazioni (mancate) va via dal Kossovo

Un anno fa aveva bloccato il processo di privatizzazioni in Kossovo. Da allora un duro braccio di ferro tra lui e le autorità kossovare che lo accusavano di fare il gioco di Belgrado. Ora Nicholas Lambsdorff è stato obbligato da Soren Petersen, a capo dell’UNMIK, a gettare la spugna.

23/11/2004, Alma Lama -

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E’ stato identificato in Kossovo come l’ostacolo principale del processo di privatizzazione. Nicholas Lambsdorff, a capo del Pillar IV dell’UNMIK, presto lascerà il suo incarico. Anche se tutto sta avvenendo in modo molto diplomatico il peso delle accuse che gravano su di lui, agli occhi dei kossovari, è grave.

In un quotidiano locale sotto il titolo "La ritirata tattica di Niki" si afferma che il governo tedesco avrebbe offerto a Lambsdorff un altro incarico diplomatico di alto livello e che sia stato lo stesso amministratore danese Jessen Petersen a decidere di allontanare l’uomo più criticato dell’UNMIK.

La maggior parte dei kossovari non sembra essere dispiaciuta per quest’allontanamento. Anche a livello ministeriale è stato dichiarato che nessun processo già in corso soffrirà per l’assenza di Lambsdorff, tra ai più alti rappresentanti UE in Kossovo (il Pillar IV dell’amministrazione UNMIK è infatti da sempre gestito dall’Unione europea). Il ministro dell’industria e del commercio Ali Jakupi, ha affermato che ora sussistono i presupposti per intensificare il lavoro sui processi di privatizzazione delle aziende pubbliche.

Non se ne dispiace inoltre il primo ministro del Kossovo, Bajram Rexhepi. Quest’ultimo da un anno cercava di arrivare alle dimissioni di Lambsdorff, seppur non lo abbia mai affermato pubblicamente poiché questa prerogativa non rientra in quelle del primo ministro del Kossovo. Pubblici erano invece gli scontri "politici" tra i due. "Lo ho affermato centinaia di volte che il Pillar IV è stato sino ad ora il settore più debole dell’UNMIK. Lambsdorff non è stato in grado valorizzare le proprie qualità".

La crisi e la tensione tra Lambsdorff e la politica kossovara risale a circa un anno fa. Dopo molto tam tam sulle privatizzazioni quest’ultimo aveva infatti annunciato il blocco del processo. Il motivo: questioni legali relative alla vendita delle aziende ed in particolare legate al loro status giuridico nebuloso. Lambsdorff, che è a capo anche della Kosovo Trust Agency (KTA), istituzione che si occupa in modo specifico di privatizzazioni, ha sospeso le vendite in attesa che la situazione si chiarisse.

Il giorno dopo aver dichiarato la sospensione Lambsdorff si è recato a Belgrado. In quell’occasione la sua portavoce Moque de Grott si stupì della domanda sui motivi per i quali Lambsdorff si era recato nella capitale serba. "Una visita d’ordinaria amministrazione all’ufficio per le privatizzazioni in Kossovo che si trova nella capitale della Serbia", aveva risposto. Ma la stessa esistenza di quest’ufficio a Belgrado solleva le proteste degli albanesi che ritengono che Belgrado non possa avanzare alcun diritto sulle aziende del Kossovo.

Dopo nove mesi di scontro tra il governo ed il responsabile del Pillar IV il processo di privatizzazione è stato riavviato in seguito ad un decreto in tal senso dell’amministratore Harry Holkeri. E’ bastata una piccola modifica alla legge sulle privatizzazioni definita dagli stessi amministratori internazionali "un emendamento della politica operativa".

Tant’è che molti ritengono in Kossovo che tutto sia stato un pretesto per prendere tempo a favore di Belgrado. Un pretesto sarebbe stato anche il ricorso in giudizio presentato da un’azienda esclusa da un appalto di vendita. Dopo aver scatenato il dibattito in pochi si sono ricordati di questo ricorso in giudizio.

Se qualcosa si rischia di ricordare in Kossovo di Lambsdorff sono i duri scontri politici causati.

Uno di questi è nato in seguito alla nomina di Maria Fucci a capo della KTA. Nonostante ben quattro membri del consiglio d’amministrazione fossero contrari Lambsdorff è andato in quell’occasione per la sua strada, senza rispettare, a detta di chi lo contesta, le procedure regolari.

Maria Fucci aveva lavorato prima di arrivare in Kossovo in Bosnia. I rappresentanti kossovari all’interno del consiglio d’amministrazione del KTA avevano informalmente e confidenzialmente comunicato alla stampa che Lambsdorff e la Fucci avrebbero avuto rapporti d’affari tra loro. La Fucci ha abbandonato l’incarico dopo le dure critiche ricevute da parte del primo ministro kossovaro Rexhepi e quelle dei media.

Intanto si è arrivati al cosiddetto quarto round di privatizzazioni. I vincitori delle gare d’appalto hanno già versato i soldi richiesti ma alcuni contratti non sono ancora stati sottoscritti. Un ritardo quest’ultimo di cui è responsabile il consiglio d’amministrazione del KTA, guidato da Lambsdorff.

In ogni caso il tedesco rimarrà in Kossovo sino a gennaio, quando dovrebbe arrivare il suo successore. Forse in questi ultimi mesi di presenza Lambsdorff correggerà qualcosa nel proprio atteggiamento. Ma difficilmente, secondo i kossovari, potranno essere riparati i danni causati sino ad ora allo sviluppo economico del Kossovo. Il blocco delle privatizzazioni ha causato, a detta di molti economisti kossovari, un clima di generale insicurezza per gli investitori ed un conseguente abbassamento dei prezzi delle aziende pubbliche messe sul mercato.

La privatizzazione delle aziende pubbliche in Kossovo avviene seguendo procedure particolari. Questo perché esistono problemi di proprietà legati allo scontro in atto tra autorità kossovare e Belgrado. Quest’ultima afferma che le aziende sarebbero di proprietà dell’Unione Serbia e Montenegro del quale formalmente il Kossovo è ancora parte. In effetti proprio Belgrado possiede la maggior parte dei documenti relativi alle aziende pubbliche del Kossovo. I kossovari però contestano di essere stati cacciati tutti dal proprio lavoro nel 1990 e che successivamente molti di quei documenti sono stati falsificati.

Proprio per questa ragione l’UNMIK ha istituito la KTA. Dopo aver venduto le aziende i ricavi rimarranno in suo possesso, in modo nessuno possa utilizzare questi soldi sino a quando il contenzioso sulla proprietà non sarà risolto. Solo una quota del ricavo dalle privatizzazioni, il 20%, verrà immediatamente utilizzato e distribuito ai lavoratori delle aziende privatizzate.

Anche questa soluzione è comunque contestata in Kossovo. Ci si chiede come mai questi fondi non possano essere infatti utilizzati per sostenere lo sviluppo in un’economia ancora fragile e che ha una vitale necessità di investimenti.

Vedi anche:
Kossovo: privatizzazioni, paura di procedere
Kossovo: stop and go alle privatizzazioni
Kossovo: grande impresa? Un’illusione
Privatizzazioni in Kossovo, una rapina?
Steiner: le privatizzazioni in Kossovo devono andare avanti

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