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Mostar: referendum, arresti e unificazione forzata

La città, divisa dalla guerra in una parte occidentale croata e una orientale musulmana, ritorna unita dopo la decisione dell’Alto Rappresentante Ashdown, anche se il sistema elettorale locale manterrà la divisione (etnica) in sei circoscrizioni.

30/01/2004, Dario Terzić - Mostar

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Mostar sarà una città unica. Niente divisioni, niente sei municipi, ma una città unita con sei circoscrizioni elettorali. Si tratta di una decisione finale. Anche questa volta, imposta dalla comunità internazionale nella persona dell’Alto Rappresentante in Bosnia Erzegovina, Paddy Ashdown.

E’ stato lo stesso Ashdown a presentarsi a Mostar il 28 gennaio scorso per rendere pubblica la (attesa) notizia.

In base alla decisione dell’Alto Rappresentante, i sei esistenti municipi saranno aboliti. Al loro posto ne resterà uno solo, Mostar. Il governo della città sarà composto da un sindaco (negli ultimi anni si trattava sempre di un sindaco e di un vicesindaco di nazioni diverse, uno Croato e l’altro Musulmano) e da 35 consiglieri. Il numero massimo di consiglieri per ogni nazionalità sarà di 15, il minimo di 4. In questo modo verrà garantito un equilibrio tra le diverse nazioni, nessuna delle quali potrà avere un potere maggiore. Il sindaco sarà eletto dagli stessi consiglieri con la maggioranza (50% più uno) dei voti. L’Unione Europea ha appoggiato la decisione di Ashdown, così come aveva fatto nel dicembre scorso a Bruxelles approvando ufficialmente la proposta di nuovo Statuto per la città. Nel frattempo, i partiti locali hanno duramente protestato, ma Ashdown non si è tirato indietro.

Il nuovo Statuto di Mostar, questa volta definitivo, entrerà in vigore il 15 marzo 2004 e sarà messo in pratica compiutamente dopo le elezioni del prossimo ottobre.

I partiti nazionalisti non hanno accolto la decisione di Ashdown con molta simpatia. Il primo ministro della Bosnia Erzegovina, Adnan Terzic, ha dichiarato di essere dispiaciuto: "Mi dispiace per noi, perchè siamo noi che dovevamo percorrere questa strada e portare a termine questo processo. Questo è il modo per entrare in Europa. Invece, sono stati di nuovo gli stranieri a decidere"

Dragan Covic (HDZ), membro della Presidenza bosniaca, ha invece dichiarato: "Questa decisione non ha senso se si vuole una città unita, perchè non abolisce le sei unità elettorali creandone una unica. In questo modo, rimane sempre lo spazio per ulteriori manipolazioni…"

La decisione di Paddy Ashdown ha infatti annullato il referendum organizzato domenica scorsa (25 gennaio, ndr) dai Croato Bosniaci dell’HDZ che chiedevano non solo una città unica, ma anche una unica circoscrizione elettorale. I Croati rappresentano infatti oggi il 60% della popolazione di Mostar (la composizione della città è stata radicalmente modificata a seguito della pulizia etnica compiuta negli anni scorsi), e con questo tipo di definizione amministrativa (unica unità elettorale) avrebbero la maggioranza. Oltre il 70% della popolazione croata si è recata alle urne per il referendum, votando al 90% per cento a favore del quesito (una testa un voto). La decisione Ashdown, tuttavia, ha nei fatti cancellato quel risultato.

Nel frattempo rimangono in stato di fermo i tre politici croati arrestati una settimana fa (venerdì 23, ndr) a seguito di un blitz della polizia federale coadiuvata da forze della SFOR (Stabilization Force, l’esercito internazionale presente in Bosnia Erzegovina, ndr) su mandato dei giudici Daren Ballow e John Mcnair, a capo del Dipartimento anti-corruzione della Procura bosniaca (Dipartimento diretto da giudici internazionali). Gli arrestati non sono figure di secondo piano. Si tratta di Ante Jelavic, ex presidente dell’HDZ bosniaco e ex membro della Presidenza della Bosnia Erzegovina, Miroslav Prce, ex ministro federale della Difesa, e Miroslav Rupcic, ex direttore della Herzegovina Osiguranje. I tre sono accusati di "attività contrarie agli accordi di Dayton" e di aver effettuato trasferimenti illeciti di denaro versato dal governo di Zagabria alla Hercegovacka Banka per le pensioni di soldati e invalidi dell’HVO (l’esercito croato in Bosnia Erzegovina). I soldi sarebbero finiti in finanziamenti illeciti gestiti dall’HDZ per il progetto della autodichiarata Autonomia croata in BiH e per abitazioni. Proprio per il caso della Autonomia croata, due anni fa, l’allora Alto Rappresentante Wolfgang Petritsch aveva ordinato la destituzione di Ante Jelavic. In quella occasione le forze della SFOR erano irrotte nella Hercegovacka Banka – che da quel giorno è affidata ad un supervisore internazionale – per controllare i movimenti di denaro.

L’arresto di Jelavic, Prce e Rupcic ha suscitato molto scalpore nel Paese. Le strutture politiche croate (l’HDZ) hanno protestato duramente, così come anche i Francescani dell’Erzegovina. L’avvocato degli arrestati, Josip Muselimovic, ha annunciato ricorso per le accuse che i tre respingono. Jelavic, Rupcic e Prce sono ora nel carcere di Kula (Republika Srpska) dove rimarranno per 30 giorni in attesa della decisione della Procura.

L’Ufficio dell’Alto Rappresentante ha negato ogni collegamento tra gli arresti e la pubblicazione della decisione sullo status di Mostar.

Su Mostar vedi anche:

– Da Mostar a Mostar

– Un ponte senza sponde

– Ricostruire il ponte di Mostar seguendone lo stato dello spirito

– Mostar: rinasce la bianca mezzaluna di pietra?

Sul caso della Hercegovacka Banka e la crisi del 2001 vedi anche:

Giochi senza frontiere (da Notizie Est # 435, 3 Maggio 2001)

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