Montenegro sotto pressione
Situazione politica sempre più complessa in Montenegro. L’esecutivo gode di una risicata maggioranza in parlamento e il presidente Đukanović, il suo partito e i suoi accoliti, tentano con ogni mezzo di ostacolare il governo Krivokapić
Il presidente del Montenegro Milo Đukanović sta provando a destabilizzare il proprio paese addossando colpe al nuovo governo e mettendolo in cattiva luce davanti all’UE e agli Stati Uniti. Per ottenere questo obiettivo Đukanović usa forze, che possiamo paragonare a CasaPound e alle frange della destra ultra nazionalista, che sfruttano ogni occasione e pretesto per bloccare il traffico o creare tensioni nelle città montenegrine.
Il meccanismo è ben oliato: i deputati del Partito democratico dei socialisti (DPS) e lo stesso presidente lanciano diverse accuse, spesso infondate o create ad arte, al governo di Zdravko Krivokapić, poi i media sotto il controllo del DPS fungono da amplificatori e in strada immediatamente troviamo poche ma ben organizzate persone che creano disordini davanti alle istituzioni o bloccano il traffico. È il segreto di pulcinella che dietro questa macchina si trovi Veselin Veljović, l’ex direttore della polizia e ora consigliere per la sicurezza del presidente Đukanović.
Con questa tattica i membri dell’ex regime che ha governato il Montenegro per trent’anni vogliono ottenere diversi propositi. Il primo è tenere il governo e la maggioranza parlamentare sotto pressione, costringendoli a compiere mosse sbagliate e puntualmente denunciarli ai funzionari della NATO e dell’UE. Il secondo è esercitare pressione sui deputati, con l’intento di farli cedere e passare dalla loro parte.
Teniamo presente che con i deputati albanesi e bosgnacchi al DPS basterebbe un deputato transfuga per riottenere la maggioranza in parlamento. Il governo di Krivokapić è appoggiato da un arcobaleno di partiti che va dai tradizionalisti e nazionalisti serbo-montenegrini ai liberali e verdi montenegrini. Questo spiega perché Đukanović e i suoi alzino i toni e utilizzino una retorica nazionalista che sfocia in sciovinismo e razzismo.
Đukanović con l’ausilio di alcuni personaggi abbastanza noti nella regione, e da tanti anni sul suo libro paga, sta provando a dipingere il nuovo governo come filoserbo, filorusso, antieuropeo e antiamericano. In questo modo, spera che l’UE e gli USA possano chiudere un occhio se dovesse riuscire, in un modo o nell’altro, a rovesciare la maggioranza in parlamento e alterare la volontà dei cittadini espressa col voto dell’anno scorso.
Il DPS non vuole andare ad elezioni anticipate perché nel partito sanno benissimo che non hanno la maggioranza degli elettori dalla loro parte e che non possono contare sui voti all’estero, visto che non è facile viaggiare durante la pandemia.
Đukanović è stato abbastanza tranquillo nei primi mesi di governo Krivokapić. Del resto a sette mesi e mezzo dalla sconfitta alle elezioni parlamentari continua a mantenere parecchie leve del potere, a partire da quello giudiziario. Può contare anche sulla fedeltà di una buona parte delle forze di polizia, dell’esercito e dell’amministrazione pubblica. La stragrande maggioranza dei poliziotti, degli ufficiali e sottufficiali dell’esercito e dei funzionari dell’apparato burocratico è stata assunta, negli anni precedenti, dopo aver dato prova di fedeltà al presidente Đukanović e al suo partito. La televisione pubblica RTCG continua ad essere schierata dalla parte di Đukanović e assomiglia molto di più a una televisione di partito che al servizio pubblico.
Non va sottovalutata nemmeno la potenza economica della stessa famiglia Đukanović. Il fratello del presidente Aco, il figlio Blažo, diversi cugini e gli stretti amici si trovano in cima alla lista delle persone più ricche del Montenegro. E data la diffusione endemica della corruzione non è così difficile convincere alcune persone a cambiare campo per denaro o qualche altro favore.
Troppo debole per cadere
Però, malgrado tutti i problemi nel governo e nella esigua maggioranza in parlamento, il processo di smantellamento del precedente regime, pur con mille difficoltà, sta progredendo. Paradossalmente, il governo è talmente debole che non può cadere. Le tre coalizioni che appoggiano l’esecutivo, nonostante le enormi differenze tra di loro, non hanno intenzione di andare ad elezioni anticipate e sono consapevoli di non essere in grado di mettersi d’accordo sulla composizione di un nuovo governo, a partire dal nome di un ipotetico nuovo primo ministro.
Il premier Krivokapić sa bene che la sua forza si trova nel fatto che le uniche alternative al suo gabinetto sono le elezioni anticipate o il ritorno al potere del DPS. Basandosi su queste premesse Krivokapić è convinto che il suo governo durerà almeno fino alle elezioni presidenziali previste per il 2023.
Controllo di procura e televisione
I pasdaran di Đukanović si sono scatenati sullo scivolone imperdonabile del ministro della Giustizia, Vladimir Leposavić, che ha relativizzato il genocidio di Srebrenica. Il primo ministro Krivokapić si è rivolto al parlamento per destituire il ministro Leposavić, però la sua richiesta non sarà accolta così presto, visto che non sono previste scadenze e la maggioranza non vuole metterlo all’ordine del giorno prima delle elezioni amministrative a Herceg Novi fra tre settimane. Ma ci sono altre due questioni che non lasciano tranquilli il leader del DPS e i suoi seguaci. Si tratta della riforma della giustizia, specialmente la parte che riguarda il procuratore della Repubblica e il procuratore speciale, e la nomina del nuovo consiglio di amministrazione della televisione pubblica RTCG.
In altre parole nei prossimi mesi Đukanović rischia di rimanere senza due delle leve più importanti del suo potere: il controllo delle procure e dei pubblici ministeri e della TV pubblica. Con la perdita delle procure i gerarchi di Đukanović e lui stesso sarebbero costretti a fuggire dal paese o ad affrontare i tribunali per diversi crimini che da anni sono in attesa di un processo: dagli omicidi dei giornalisti, poliziotti, imprenditori, all’abuso di potere, alla corruzione o all’appropriazione indebita.
Il presidente del Montenegro credeva di poter sedere su più sedie e che l’ombrello della NATO lo avrebbe protetto. In quest’ottica va letta la sua retorica contro i cittadini montenegrini che si dichiarano serbi e rappresentano un terzo della popolazione. Sventolando lo spauracchio della cosiddetta “Grande Serbia al servizio della Russia e della Cina", Đukanović credeva di avere carta bianca per discriminare quel terzo di cittadini che non vogliono essere montenegrini a sua misura.
Mentre parlava dell’UE e della NATO, Đukanović ha sempre fatto affari con russi e cinesi. Il regime di Đukanović ha venduto agli oligarchi vicini a Vladimir Putin – il più noto è Oleg Deripaska – una bella fetta della costa montenegrina e grazie ai governi targati DPS Podgorica è caduta nella trappola del debito cinese firmando dannosi contratti con le compagnie cinesi per la costruzione dell’autostrada che congiunge Bar e il confine con la Serbia. Per non farsi mancare niente, gli uomini d’affari del presidente hanno investito gran parte dei profitti nel mercato immobiliare serbo, specialmente a Belgrado e nella località sciistica di Zlatibor.
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