Montenegro: scontri e proteste
40 feriti tra dimostranti e poliziotti durante gli scontri di sabato sera in Montenegro. L’opposizione chiede le dimissioni del governo Đukanović e la tenuta di libere elezioni, in un paese dove il primo ministro è al potere dai primi anni ’90
Le proteste antigovernative indette per sabato 24 ottobre si sono trasformare in scontri tra i manifestanti e la polizia per le strade di Podgorica, come riportato da Balkan News Beat . Dopo la manifestazione pacifica e i primi scontri dello scorso weekend , i leader della coalizione d’opposizione Fronte Democratico hanno marciato fino alle porte del Parlamento e hanno chiesto di entrarvi, ma la polizia ha risposto che in tal caso la manifestazione sarebbe sfociata nell’illegalità. Gli scontri che hanno fatto seguito al tentativo dei manifestanti di forzare il blocco e entrare nell’aula hanno lasciato 40 feriti sul terreno, con la manifestazione (circa 5.000 persone secondo le autorità – 20.000 per gli organizzatori) dispersa a suon di granate stordenti e gas lacrimogeni.
I dimostranti hanno risposto alla polizia con il lancio di oggetti e di torce; la divisa di almeno un poliziotto ha preso fuoco, mentre vari giornalisti si sono trovati in mezzo al fuoco incrociato – tra cui Slađana Đukanović del portale cdm.me, che ha riportato ustioni ad una gamba. Due dei leader dell’opposizione, i deputati Slaven Radunović e Andrija Mandić sono in stato di fermo da parte della polizia – per un massimo di 24 ore. Alla vigilia della protesta, i dimostranti hanno anche attaccato con lanci di pietre l’ambasciata albanese di Podgorica.
Il ministro dell’Interno ha confermato che 15 membri delle forze dell’ordine e 24 civili sono rimasti feriti durante gli scontri, e che Andrija Mandić è stato fermato dalle forze dell’ordine, dopo che i dimostranti sono passati alla violenza, lanciando pietre e bottiglie molotov. Ha anche negato che la polizia abbia lanciato gas lacrimogeni contro i giornalisti.
La ONG montenegrina Alleanza Civica (Građanska alijansa) ha ringraziato la polizia per aver fornito libero accesso alle organizzazioni della società civile per il monitoraggio delle proteste, in piazza e nelle stazioni di polizia, e ha fatto appello ai mezzi d’informazione perché riportino i fatti in maniera obiettiva ed evitino ogni faziosità e retorica incendiaria.
Secondo Jovana Marović, ricercatrice dell’Istituto Alternativa di Podgorica, la radicalizzazione delle proteste si spiega anche con la mancanza di crescita del sostegno al movimento d’opposizione negli scorsi mesi. "La situazione appariva tetra per gli organizzatori, tanto a causa delle tende vuote, quanto per via delle accuse di utilizzare linguaggio e simboli nazionalisti." Il raid della polizia e gli arresti di manifestanti e giornalisti, settimana scorsa, avevano catalizzato una più ampia solidarietà trasversale per i manifestanti, attraverso proteste pacifiche e lettere aperte . Le violenze di questo week end probabilmente impediranno lo sviluppo di un movimento unito di protesta.
Il primo ministro montenegrino Milo Đukanović, al potere da 24 anni, ha accusato l’ex premier serbo Vojislav Koštunica di essere dietro le proteste, assieme alla Russia, al fine di impedire l’adesione del Montenegro alla NATO. Il partito DSS di Koštunica ha chiesto al governo serbo di condannare le violenze della polizia montenegrina. Koštunica era premier serbo nel 2006, quando il Montenegro votò per l’indipendenza con un sottilissimo margine (lo 0,5% dei voti); oggi il partito DSS non ha seggi nel parlamento serbo.
I manifestanti, in piazza da ormai più di un mese , chiedono le dimissioni del governo del primo ministro Milo Đukanović, al potere in varie forme dai primi anni ’90, e la tenuta di libere elezioni. Dal 1993, Đukanović ha ricoperto sei mandati da primo ministro, uno da presidente e in un caso è rimasto eminenza grigia di un governo sotto suo controllo. Un record che ne fa "il leader al potere da più tempo in Europa, monarchi a parte", come ricorda l’attivista Fedja Pavlović . L’acuirsi della tensione a Podgorica e dintorni coincide con la possibile adesione del piccolo paese adriatico alla NATO dopo lo stop dell’anno scorso, portando a speculazioni circa il ruolo della Russia nel fomentare i disordini, come sostenuto dal governo Đukanović.
Articolo pubblicato in concomitanza da Osservatorio Balcani e Caucaso e East Journal
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