Montenegro: più libertà senza Đukanović
La recente sconfitta elettorale di Milo Đukanović, dopo oltre trent’anni di potere, affranca la società montenegrina e potrebbe costringere i partiti a cambiare. Secondo Vanja Ćalović Marković, direttrice della ong MANS, c’è però ancora molto da fare e il cambiamento è solo al suo inizio. Intervista
(Originariamente pubblicato dal settimanale Monitor , il 7 aprile 2023)
Dopo oltre trent’anni di potere ininterrotto Milo Đukanović, sconfitto alle presidenziali dello scorso 2 aprile, ha perso le redini del paese, per poi decidere anche di lasciare la guida del Partito democratico dei socialisti (DPS). Come commenta questa svolta? Quale impatto avrà sul futuro del Montenegro?
Il fatto che Đukanović sia stato sconfitto con uno scarto di circa venti punti percentuali da un volto nuovo della scena politica montenegrina dimostra che l’ormai ex presidente montenegrino è un politico finito, così come sono finiti alcuni altri leader politici di lunga data che Đukanović negli ultimi decenni è sempre riuscito a sconfiggere. L’esito delle ultime elezioni presidenziali segna la fine di un’era politica, un’era che si concluderà con l’uscita di scena non solo di Đukanović, ma anche di alcuni dei suoi oppositori di vecchia data, perché le loro politiche avevano un senso solo finché si scontravano l’una contro l’altra.
Paradossalmente, la débâcle di Đukanović alle ultime presidenziali e la sua uscita di scena permetteranno al suo partito di liberarsi dalla sua ombra e dal peso opprimente dei suoi più stretti collaboratori. Allo stesso tempo, la sconfitta di Đukanović libera la società e i cittadini montenegrini dal timore di vedere ritornare al potere quello stesso DPS che per decenni ha governato il paese. Quindi, la nuova leadership montenegrina non potrà più relativizzare i propri fallimenti sfruttando la paura del ritorno del DPS. Infine, la svolta a cui assistiamo dimostra che i cittadini possono punire i loro governanti. Così si apre la possibilità di rafforzare il concetto di responsabilità politica e di costruire le istituzioni, svincolate da qualsiasi controllo da parte delle forze politiche.
Come commenta invece il trionfo di Jakov Milatović, leader del movimento Evropa sad [Europa adesso, PES], alle elezioni presidenziali?
Al di là del messaggio che i cittadini hanno inviato a Đukanović, la schiacciante vittoria di Milatović rappresenta un forte monito anche per gli altri attori politici, dimostrando che gli elettori hanno dato priorità alle questioni economiche rispetto alle divisioni e i discorsi d’odio su cui molte forze politiche continuano ad insistere. Se vogliono conquistare gli elettori, i partiti politici ora devono competere su un terreno nuovo dove il focus è posto sull’economia e sulle riforme.
Come inciderà l’esito delle elezioni presidenziali sui rapporti di forza sulla scena politica montenegrina, considerando anche le imminenti elezioni parlamentari?
C’è da aspettarsi che la vittoria di Milatović porti vento in poppa al movimento "Europa adesso" alle elezioni politiche [fissate per il prossimo 11 giugno, ndt]. Resta però da vedere se le politiche si terranno come previsto oppure – come si specula ormai da giorni – verranno rinviate. Dopo la sconfitta di Đukanović, un eventuale rinvio delle elezioni politiche indubbiamente gioverebbe al DPS. Quindi, non mi stupirei se il DPS raggiungesse nuovamente un accordo con alcuni partiti dell’attuale maggioranza e, influenzando i giudici della Corte costituzionale, ottenesse un rinvio delle elezioni.
Durante il suo discorso dopo la vittoria alle presidenziali, Milatović è stato affiancato dai leader di tutti i partiti usciti vincitori delle elezioni dell’agosto 2020. Cosa lasceranno dietro di sé le forze che hanno governato negli ultimi tre anni? Quali i punti deboli del loro governo a cui, insieme alle debolezze del governo trentennale di Đukanović, bisognerà porre rimedio?
Dopo il cambio di potere molte promesse e aspettative sono rimaste disattese, quindi la lista dei punti deboli dell’attuale maggioranza è lunga. Tra tutti però spicca la tendenza a fare proprie quelle prassi del DPS che l’opposizione per decenni ha criticato come un elemento distintivo della partitocrazia creata dal regime di Đukanović. Penso soprattutto alla consuetudine di assumere persone sulla base della loro appartenenza a determinati partiti politici. Poi vi è la mancanza di responsabilità, la scarsa trasparenza, un approccio selettivo all’applicazione delle leggi, la tendenza a distinguere tra i clan criminali e i tycoon “nostri” e “loro”.
Ritiene che Milatović e il PES possano sradicare queste prassi politiche negative, considerando che i leader di questo neo-formato movimento hanno fatto parte del governo nato dopo le elezioni del 2020?
La sopravvivenza del PES, così come il progresso del Montenegro, dipenderà dalla misura in cui il neo-eletto presidente e il suo movimento riusciranno a contrastare quelle prassi. Per di più, dal modo in cui affronteranno questa sfida, dipenderà se anche gli altri partiti inizieranno a cambiare il proprio comportamento oppure rimarremo intrappolati in un sistema basato su interessi e calcoli politici.
Reagendo alla recente decisione del governo di Podgorica di trasmettere al parlamento un nuovo disegno della cosiddetta legge antimafia [dopo che il disegno precedente è stato ritirato a seguito delle critiche espresse dalla Commissione di Venezia, ndt], lei ha affermato che il governo sta nuovamente nascondendo all’opinione pubblica le modifiche apportate al disegno di legge, che peraltro è inviato al parlamento con procedura d’urgenza e senza alcuna consultazione pubblica. Cosa potremmo aspettarci se questa legge dovesse essere approvata?
La cosiddetta legge antimafia è un uovo del cuculo che il governo uscente sta cercando di accollare al parlamento. Questa manovra non è motivata dalla volontà di fare i conti con la mafia, bensì solo ed esclusivamente dal desiderio di portare avanti la campagna di promozione politica del premier uscente. Si tratta di una legge estremamente selettiva che prevede l’obbligo di dimostrare l’origine del patrimonio solo se sussiste il fondato sospetto che il proprietario del patrimonio abbia commesso un crimine. Il problema è che la stragrande maggioranza degli alti funzionari dello stato e delle persone a loro vicine ha acquisito il patrimonio iniziale durante gli anni Novanta. Lo stesso vale per gli esponenti del sottobosco criminale.
Lo confermano diverse prove addotte in alcuni procedimenti penali avviati in altri paesi, compresi i numeri dei conti correnti presso alcune banche estere su cui venivano trasferiti svariati milioni di euro derivanti dal contrabbando. La procura montenegrina, che per decenni è rimasta assoggettata al controllo politico, non ha mai indagato su questi casi, quindi i reati sono caduti in prescrizione e, secondo quanto previsto dal nuovo disegno di legge, anche il patrimonio acquisito nell’ambito di queste operazioni illecite non potrà essere sottoposto a verifiche.
Infine, la nuova legge derubrica quei casi in cui il patrimonio sospetto che in passato si è riusciti a rintracciare non può essere spiegato con i redditi dichiarati, come nel caso del conto corrente segreto di Svetozar Marović. Secondo il disegno di legge presentato dal governo, Marović sarebbe obbligato a dimostrare la provenienza di quei milioni di euro trovati sul conto segreto in Svizzera solo se dovesse essere provato l’atto illecito con cui quel patrimonio è stato acquisito.
Per di più, un’eventuale approvazione del disegno di legge in questione potrebbe mettere a repentaglio anche i procedimenti penali in corso riguardanti i patrimoni all’estero. Lo hanno sottolineato anche diversi esperti europei che hanno duramente criticato la proposta di legge. Considerando che la maggior parte dei patrimoni acquisiti in modo illecito si cela dietro alle società offshore, è chiaro che la legge proposta dal governo permette solo di scalfire la superficie, ma non anche di arrivare all’effettivo sequestro di ingenti patrimoni illeciti. Ecco perché riteniamo che il governo abbia proposto una legge selettiva che non può contribuire alla vera lotta alla mafia.
Quanto alla tendenza a nascondere i patrimoni accumulati, basti pensare che Milo Đukanović – come abbiamo rivelato nell’ambito dell’inchiesta Pandora papers – è riuscito a nascondere un suo progetto imprenditoriale dietro ad una complessa rete di società offshore sparse in cinque paesi. E il governo propone che siano i giudici del tribunale ordinario di Podgorica a decidere sui casi riguardanti la provenienza del patrimonio, giudici peraltro nominati da Vesna Medenica che finora non hanno mai partecipato a processi avviati sulla basse delle grandi indagini finanziarie.
Lei ha a più riprese espresso queste critiche, eppure il governo ha nuovamente inviato la controversa proposta di legge al parlamento…
Ciò che stupisce particolarmente è il fatto che il governo continua a insistere su questa proposta di legge nonostante abbiamo più volte messo in guardia su vari rischi e lacune, proponendo anche alcune soluzioni concrete.
A nostro avviso, bisognerebbe seguire il modello italiano secondo cui i funzionari pubblici e le persone legate alla criminalità organizzata devono dimostrare l’origine del patrimonio, che non può essere spiegato con redditi dichiarati a prescindere dal fatto che siano sospettate di un reato o meno. Così si ovvierebbe ai problemi legati alla prescrizione e al mancato perseguimento dei reati di contrabbando commessi negli anni Novanta, al contempo fornendo alla procura un valido meccanismo a cui ricorrere nell’ambito dei procedimenti in corso.
Proponiamo di creare un tribunale speciale per la corruzione e la criminalità organizzata, i cui giudici sarebbero sottoposti alla cosiddetta procedura di vetting, ossia alla verifica dell’origine del loro patrimonio e di eventuali legami con la criminalità organizzata, garantendo così che solo i professionisti responsabili e moralmente integri possano procedere nei processi delicati.
Infine, proponiamo che il parlamento istituisca un’agenzia con il compito di individuare eventuali divari tra reddito e patrimonio dei funzionari pubblici e delle persone legate alla criminalità organizzata, con chiari meccanismi di controllo capaci di prevenire qualsiasi approccio selettivo e revanscismo politico. Tale agenzia dovrebbe avere accesso diretto a tutti i dati di cui dispone lo stato, al contempo trasmettendo alla procura i dati necessari per l’espletamento delle indagini finanziarie. In questo modo si risolverebbe, almeno in parte, un altro grande problema riguardante la fuga di dati che mina l’operato della procura.
Il governo non solo ha presentato un disegno di legge sulla confisca dei beni senza alcun dibattito pubblico, ignorando le nostre proposte, ma recentemente il premier si è detto perplesso per la possibilità che MANS possa proteggere i criminali.
Viene da chiedersi perché il premier non abbia mai espresso perplessità riguardo all’operato dei suoi più stretti collaboratori arrestati con l’accusa di coinvolgimento in attività di criminalità organizzata. Ha preferito invece scagliarsi contro MANS che ha svelato i più grandi casi di corruzione e criminalità nel paese, diventando bersaglio di una brutale persecuzione da parte del precedente regime.
Nessun governo esercitando pressioni riuscirà a dissuaderci dalla lotta per la giustizia e contro una legge selettiva. Pertanto, invitiamo i deputati a opporsi a questa legge e a mantenere la promessa, ripetuta per anni, di impegnarsi affinché ogni bene acquisito in modo illecito sia confiscato e affinché i redditi da esso derivanti siano versati al bilancio dello stato.
Come commenta l’annuncio del governo e del premier Abazović di voler demolire gli immobili di proprietà di Đukanović costruiti abusivamente nel villaggio di Kočani nei pressi di Nikšić?
Il caso di quegli immobili è noto da anni e il governo poteva avviare una procedura ormai da tempo, invece di farlo due giorni dopo le elezioni alle quali Đukanović è stato definitivamente sconfitto. Trovo estremamente ipocrita l’affermazione del premier secondo cui i nomi non contano nulla, soprattutto considerando che il suo partito sta spacciando una semplice ordinanza di ispezione per un grande successo del governo uscente.
La spiegazione fornita dalla ministra competente secondo cui la demolizione degli immobili nei pressi di Nikšić non è basata su un approccio selettivo perché simili demolizioni rappresentano una prassi comune, è un’offesa all’intelligenza dei cittadini che sanno bene quanti immobili abusivi ci sono in Montenegro, così come sanno che alcuni di questi immobili sono di proprietà degli esponenti dell’attuale governo che si sono appropriati dei beni pubblici lungo la costa.
È chiaro che quegli immobili a Kočani rappresentano solo un tassello del patrimonio di Đukanović, un patrimonio che la nuova maggioranza non è riuscita a rintracciare nemmeno a distanza di quasi tre anni dalla caduta del regime dell’ex presidente.
Non mi resta che constatare che quella operazione di demolizione non è altro che una desolante prova di forza del premier Abazović contro un avversario buttato a terra da qualcun altro. Una prova di forza finalizzata alla promozione del premier uscente in vista delle elezioni politiche alle quali il suo partito potrebbe anche non superare la soglia di sbarramento per entrare in parlamento.
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