Montenegro: omicidio Jovanović, i familiari chiedono la riapertura delle indagini
Lo scorso 10 febbraio ricorrevano i seimila giorni dall’omicidio del direttore del quotidiano montenegrino Dan, Duško Jovanović. In questi 17 anni c’è stato un processo e una condanna, tuttavia le circostanze dell’accaduto non sono mai state chiarite. Ora i familiari vogliono riaprire il caso affidandolo ad un esperto esterno
(Originariamente pubblicato da Balkan Insight , il 12 febbraio 2021)
A distanza di quasi 17 anni dall’omicidio del caporedattore del quotidiano Dan Duško Jovanović, avvenuto il 27 maggio 2004 davanti al suo ufficio a Podgorica, i familiari di Jovanović chiedono la riapertura delle indagini.
Damir Mandić, ex campione di karate, è l’unico ad essere stato condannato per l’omicidio di Jovanović, che al momento dell’uccisione aveva 40 anni ed era noto per sue posizioni critiche nei confronti del Partito democratico dei socialisti (DPS).
Dopo tre decenni di potere ininterrotto – durante i quali è stato spesso accusato di governare il Montenegro come se fosse una sua proprietà privata e di immischiarsi nell’operato della procura e dei magistrati – , l‘anno scorso il DPS è passato all’opposizione.
Il nuovo esecutivo montenegrino, composto da tre partiti che controllano 41 degli 81 seggi del parlamento, ha promesso che avrebbe garantito il rispetto dello stato di diritto, che sarebbe andato fino in fondo per risolvere una serie di scandali di corruzione e che avrebbe messo fine all’impunità per le aggressioni ai giornalisti.
“Il mio team legale sta lavorando per portare la questione davanti al nuovo governo montenegrino, che durante la campagna elettorale ha promesso che avrebbe fatto chiarezza sull’omicidio di Duško Jovanović”, ha dichiarato a BIRN Slavica Jovanović, vedova del giornalista ucciso e comproprietaria del quotidiano Dan.
Appello per una revisione esterna del caso
Nel 2009 Damir Mandić è stato condannato a 30 di reclusione per l’omicidio Jovanović, ma nel 2014 la Corte costituzionale ha annullato la sentenza, ordinando un nuovo processo, conclusosi nel 2016 con la condanna dell’imputato a 19 anni di reclusione.
Tuttavia, i familiari di Jovanović e i loro avvocati sostengono che Mandić non abbia agito da solo e che le circostanze della morte di Jovanović non siano mai state del tutto chiarite.
Anche il quotidiano Dan si è unito all’appello rivolto al nuovo esecutivo montenegrino affinché dia prova del suo impegno per garantire la libertà dei media portando i responsabili dell’assassinio di Jovanović davanti alla giustizia.
“Se ci fosse stata la volontà e una sincera intenzione di fare luce su questo crimine, [le autorità] lo avrebbero già fatto, potevano farlo nell’arco di una settimana”, ha dichiarato al portale IN4S il caporedattore del quotidiano Dan Mitar Rakčević lo scorso 10 febbraio in occasione del seimillesimo giorno dell’omicidio di Jovanović, chiedendo polemicamente: “Dobbiamo aspettare altri 6000 giorni affinché venga smontata la scatola nera dell’ex regime e dell’ex capo dei servizi segreti?”.
Qualche settimana fa il premier montenegrino Zdravko Krivokapić e il ministro dell’Interno Sergej Sekulović hanno promesso che avrebbero risolto una serie di crimini contro i giornalisti, compreso l’omicidio Jovanović, e hanno espresso il loro pieno sostegno alla Commissione per il monitoraggio dell’operato delle autorità competenti a indagare sugli attacchi ai giornalisti.
La Commissione, istituita nel 2014, è presieduta da Nikola Marković, ex caporedattore del quotidiano Dan, ed è composta da sei rappresentanti delle autorità montenegrine – più precisamente dell’ufficio del pubblico ministero, della polizia e dell’agenzia della sicurezza – , quattro giornalisti e un rappresentante della società civile.
Finora la Commissione ha redatto sei rapporti, individuando una serie di mancanze, compresi ritardi ingiustificati, nelle indagini sugli attacchi ai giornalisti. Tuttavia, molte raccomandazioni proposte dalla Commissione sono rimaste inascoltate.
Nel maggio 2020 alcuni giornalisti e rappresentanti della società civile hanno rivolto un appello alle autorità montenegrine, invitandole ad affidare la revisione del caso Jovanović ad un esperto esterno. Il ministro dell’Interno Sergej Sekulović ha dichiarato al quotidiano Dan di appoggiare questa iniziativa.
“La credibilità delle istituzioni montenegrine dipende dalla loro capacità di fare luce su questo atto mostruoso”, ha affermato Sekulović.
“Credo che un esperto esterno potrà facilmente individuare le mancanze [nelle indagini], perché l’inerzia della polizia e della procura è stata ben evidente. Ci sono molti dubbi sulla possibilità di riaprire le indagini sui fatti accaduti dieci o vent’anni fatti, ma non c’è alcun motivo per non provarci”, ha dichiarato a BIRN Mila Radulović, presidente dell’Associazione dei giornalisti professionisti del Montenegro (DPNCG).
Lo scaricabarile delle responsabilità
Poco dopo l’omicidio di Duško Jovanović il governo montenegrino, all’epoca guidato da Milo Đukanović, aveva offerto una ricompensa di un milione di euro per informazioni che potessero portare all’arresto dei responsabili dell’assassinio. Tuttavia, le autorità non hanno mai rivelato maggiori dettagli su questa iniziativa, ovvero se abbiano ricevuto o meno alcuna informazione pertinente.
A metà del 2016 l’offerta di una ricompensa per qualunque informazione sull’omicidio Jovanović è stata rilanciata, evidentemente invano.
Nel frattempo, la polizia ha continuato a scaricare tutte le responsabilità sulla procura.
Nel settembre del 2016, rivolgendosi al parlamento montenegrino, l’ex capo della polizia Veselin Veljović ha affermato che “la notte dell’omicidio di Jovanović la polizia aveva catturato uno dei complici di Damir Mandić, ma il procuratore aveva deciso di interrogare Mandić il giorno successivo e quest’ultimo, dopo essersi consultato con l’avvocato, aveva scelto di difendersi tacendo”.
Nel 2014 la procura aveva riaperto le indagini, ascoltando alcuni ufficiali di polizia e affermando che avrebbe chiesto ad alcuni magistrati e politici – tra cui l’allora vicepremier Duško Marković, che all’epoca dell’omicidio Jovanović era a capo dell’intelligence montenegrina – di fornire ulteriori informazioni sulla vicenda.
Tuttavia, l’omicidio di Jovanović rimane ancora irrisolto.
“I procuratori non hanno sfruttato appieno le possibilità offerte dalla legge per indagare su questo caso”, ha affermato Mila Radulović, concludendo che “qualcuno deve assumersi la responsabilità per non aver fatto bene il proprio lavoro”.
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