Montenegro, il censimento come conteggio etnico
Il censimento è una procedura di routine, realizzata per la raccolta dati. In Montenegro però rischia di diventare l’ennesima occasione per divisioni etno-nazionali, ovvero l’ennesimo scontro tra filoserbi e filomontenegrini
In Montenegro, il censimento della popolazione – un’operazione statistica di routine finalizzata a raccogliere i dati di cui ogni paese ha bisogno per definire le proprie strategie chiave – rischia di trasformarsi in un conteggio etnico e quindi nell’ennesimo scontro tra “i filoserbi”, “i filomontenegrini” e altri patrioti, perlopiù autoproclamati.
L’uso (e l’abuso) della figura del miglior tennista al mondo, Novak Đoković, dimostra fin dove ci si può spingere in questa gara pericolosa. Uno degli esperti locali nel calcolare le cellule del sangue si è infatti occupato degli antenati di Đoković. Sulla base di alcuni documenti relativi agli spostamenti del bisnonno del tennista, risalenti al 1906 e al 1914, si è giunti alla conclusione che Novak in realtà è di nazionalità montenegrina.
Quasi contemporaneamente alla pubblicazione di suddetti documenti sono apparsi alcuni manifesti con uno slogan molto chiaro: “Se non sai chi sei, chiedilo al nonno”. Intanto, i rappresentanti dei due schieramenti (filoserbo e filomontenegrino) continuano a polemizzare quotidianamente su cosa bisognerebbe fare: effettuare o rinviare il censimento che, come annunciato, dovrebbe svolgersi dall’1 al 15 novembre di quest’anno.
La principale forza di opposizione, il Partito democratico dei socialisti (DPS), sembra particolarmente insistente nel chiedere un rinvio del censimento. Gli esponenti del DPS ritengono che al momento non ci siano le condizioni per effettuare un conteggio della popolazione e che quindi il censimento debba essere “rinviato fino al soddisfacimento di tutti i requisiti riguardanti le procedure previste dalle leggi, gli aspetti tecnici, l’ambiente e tutte le precondizioni necessarie per lo svolgimento del censimento”.
Motivando la sua richiesta di rimandare il censimento, il DPS ha citato le procedure poco trasparenti, la mancanza di una chiara demarcazione tra i comuni e l’inesistenza di un adeguato sistema di monitoraggio, ricordando inoltre che una delle commissioni comunali di censimento dovrebbe essere presieduta da una persona che attualmente si trova in carcere. Tutti questi elementi – sostengono i rappresentanti del DPS – suggeriscono che “il censimento si svolgerà con modalità del tutto irregolari e, di conseguenza, i risultati che ne emergeranno saranno privi di ogni rilevanza”.
Analoga posizione è stata espressa dal neo-formato Partito europeo del Montenegro (CEP). “Questo censimento ci è stato praticamente imposto dal regime e rischia di trasformarsi in un vero e proprio cappio al collo per il Montenegro e i montenegrini e le montenegrine, ma anche per gli altri non serbi in Montenegro”, ha affermato lo storico e leader del CEP Novak Adžić.
Ancora più radicale è l’atteggiamento di Zlatko Vujović, professore presso la Facoltà di Scienze Politiche di Podgorica e presidente del consiglio di amministrazione del Centro per il monitoraggio e la ricerca. “L’imminente censimento della popolazione in Montenegro è un progetto politico della leadership di Belgrado, un progetto che tra qualche anno potrebbe portare ad una revisione della Costituzione del Montenegro, ossia all’abolizione dello stato laico”.
D’altra parte, i rappresentanti dei serbi in Montenegro sono favorevoli al censimento. “Credo sia realistico aspettarsi che la percentuale di quelli che si dichiarano serbi raggiunga almeno il 40%. Ancora più numerosi saranno quelli che indicheranno il serbo come lingua madre – oltre il 60%. So che, stando ai sondaggi condotti da alcune agenzie di Belgrado, prima dell’avvio di qualsiasi campagna [per il censimento] la percentuale dei serbi si attestava attorno al 36%. Con un’apposita campagna raggiungeremo una percentuale ancora più alta”, ha affermato lo storico Aleksandar Raković spiegando le aspettative della comunità serba.
I rappresentanti delle minoranze nazionali hanno invece mosso diverse obiezioni sulla procedura di censimento. Il Consiglio bosgnacco chiede che il censimento venga rinviato di trenta giorni. Mirsad Rastoder, presidente del comitato esecutivo del Consiglio bosgnacco, sottolinea che il censimento della popolazione è un processo molto serio e delicato e che tutte le istituzioni coinvolte, in primis l’Istituto di statistica, ma anche le commissioni comunali di censimento, devono essere consapevoli della propria responsabilità. “Bisogna fare le cose con più calma per evitare di ritrovarsi impreparati ad affrontare le diverse fasi del processo”, spiega Rastoder.
Anche la minoranza albanese ha chiesto un rinvio del censimento, motivando però tale richiesta con ragioni diverse da quelle invocate dai bosgnacchi. Nik Đeljošaj, sindaco di Tuzi, ha spiegato che la commissione comunale di censimento, da lui presieduta, “non è in grado di espletare la procedura di conteggio della popolazione in modo conforme alla legge”.
Nel corso di un recente incontro organizzato da Faik Nika, presidente del Consiglio nazionale albanese del Montenegro, i leader politici degli albanesi, oltre ad insistere sulla necessità di posticipare il censimento, hanno constatato che il prossimo conteggio della popolazione “inciderà direttamente sugli interessi nazionali degli albanesi”, lanciando un appello alla comunità albanese: “È importante che in questo processo ci dichiariamo albanesi, indicando l’albanese come lingua madre. Vi invitiamo a dichiarare con orgoglio la vostra identità nazionale e linguistica”.
Il premier Dritan Abazović resta però fermo sulla sua posizione: “Il censimento si svolgerà dall’1 al 15 novembre, punto”.
A prescindere dal fatto che il censimento venga rinviato o meno, il clima di polarizzazione creatosi attorno alla questione la dice lunga sull’attuale situazione in Montenegro, una situazione di fronte alla quale non si può restare indifferenti.
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