Tipologia: Intervista

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Area: Montenegro

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Montenegro: i cittadini esigono risposte

Scarsa fiducia nelle istituzioni, dubbi sul ruolo dell’opposizione nelle proteste: i cittadini montenegrini esigono delle risposte concrete sui disordini avvenuti nei giorni scorsi. Intervista con Srdan Kosović, caporedattore della versione online del quotidiano montenegrino Vijesti

29/10/2015, Nela Lazarević -

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Che aria si respira in Montenegro? Quali sono le reazioni dei cittadini in merito agli eventi dello scorso sabato?

L’attenzione del pubblico in questo momento è totalmente focalizzata sui casi di violenza delle forze dell’ordine contro i manifestanti. Se possiamo ridurre a due dimensioni gli avvenimenti legati alle proteste, la prima è quella che riguarda la responsabilità degli organizzatori, ossia la coalizione il Fronte Democratico (DF), del quale va ancora accertata la diretta o indiretta responsabilità per i disordini durante la manifestazione. La seconda dimensione, per i cittadini giustamente la più importante, è quella di avere risposte riguardo al ruolo e le responsabilità del governo.

L’uso della violenza contro i manifestanti da parte delle forze dell’ordine è evidente dalle numerose riprese video fatte sia da parte dei media sia da parte dei cittadini. Abbiamo per esempio un video ripreso proprio qui di fronte alla sede del quotidiano Vijesti , in cui una decina di poliziotti in tenuta anti-sommossa picchiano un cittadino che poi non viene nemmeno arrestato. Siamo davanti a una logica che sarebbe più adatta a strutture criminali che non ad organi dello stato. C’è stato anche un caso in cui un poliziotto si è avvicinato a un giornalista che non lo stava disturbando in alcun modo, per dargli prima un colpo sulla gamba, poi sul braccio, per poi allontanarsi. L’intento di intimidire è evidente. 

I cittadini si aspettano inoltre la risposta alla domanda glissata dal ministro degli Interni durante una recente conferenza stampa: chi era al comando delle forze dell’ordine nella notte degli scontri, chi impartiva gli ordini?

Come giudica il carattere generale e la riuscita delle proteste?

Srdan Kosović (foto Savo Prelević)

Srdan Kosović (foto Savo Prelević)

Un elemento importante e allo stesso tempo non abbastanza chiarito all’opinione pubblica è che le proteste in atto a partire dal 18 ottobre sono fondamentalmente diverse da quelle avvenute nella fase precedente, dal 27 settembre fino al 17 ottobre. Questa prima fase si può considerare del tutto fallimentare. Un numero di partecipanti sotto ogni aspettativa, per lo più in costante declino tra un incontro e l’altro. Proprio nel momento in cui ci si poteva aspettare la rinuncia da parte dei leader del DF e dei loro seguaci, accade la svolta. In seguito alle azioni brutali delle forze dell’ordine mirate a sospendere la manifestazione del 17 ottobre, in cui vi sono stati arresti di professori, intellettuali, giornalisti e politici, un centinaio di cittadini tra cui molti personaggi di spicco hanno scritto una lettera aperta al premier Đukanović denunciando l’uso eccessivo della forza da parte degli apparati dello stato, segnando l’inizio di una nuova fase delle proteste, di stampo più civico che quelle del Fronte Democratico. 

In effetti, le proteste della scorsa domenica non erano più le proteste del DF né il raduno dei suoi sostenitori, ma piuttosto una conseguenza spontanea dell’indignazione dei cittadini nei confronti dell’ingiustizia e delle azioni brutali contro i manifestanti, oltre che il culmine della frustrazione per tutto quello che sta succedendo da 25 anni a questa parte in Montenegro. 

La maggior  parte dei cittadini non era scesa in piazza il 24 ottobre per mostrare sostegno al DF, bensì in diretta risposta alle violenze della manifestazione precedente. Le proteste hanno ricevuto formalmente uno stampo civico, al posto di quello politico che le caratterizzava nella prima fase, ripeto, con la pubblicazione del Memorandum di protesta firmato da numerosi personaggi si spicco della società montenegrina. 

Quali effetti concreti si possono attendere sullo scenario politico locale? 

Quello che ci possiamo aspettare è una polarizzazione estrema tra le due forze politiche opposte, Partito democratico dei socialisti (DPS) e Fronte democratico (DF), i quali si cementeranno nelle loro posizioni estreme e tenteranno con una retorica aggressiva di accaparrarsi l’elettorato attualmente al centro. 

Tuttavia, il Montenegro in questo momento avrebbe proprio bisogno di evitare a tutti i costi l’assorbimento del centro verso uno dei due poli politici opposti, e per farlo bisognerebbe creare una forma di consenso tra gli attori politici e sociali: settore non-governativo, intellettuali indipendenti, e tutte le strutture sociali che non rappresentano nessuno dei due estremi. 

Va notato che sia DF che DPS hanno perso buona parte della loro attendibilità durante le proteste, lasciando aperta la domanda riguardo a chi rappresentasse davvero i bisogni e i diritti dei cittadini. 

Da un lato il regime guidato dal DPS è stato messo a nudo con la documentazione sull’impiego della violenza da parte delle forze dell’ordine, dall’altro il DF adesso viene percepito come responsabile dell’escalation della violenza. Il Fronte democratico ha infatti inizialmente dichiarato si sarebbe entrati in Parlamento, ma poi è stato rifiutato l’invito del Presidente del parlamento Ranko Krivokapić di entrare dalla porta di servizio, che in questo periodo viene utilizzata da tutti: sono quindi giustamente sorti dei dubbi riguardo le vere motivazioni dei leader del DF rispetto a quelle dichiarate e c’è chi si chiede se non avessero semplicemente cercato una scusa per far accadere ciò quel che è accaduto. 

In ogni caso è difficile in questo momento avere delle posizioni ferme riguardo l’accaduto perché bisogna ancora chiarire tutti i casi di violenza e vari altri episodi controversi. 

È inoltre innegabile che Milo Đukanović in tutti questi anni abbia goduto del sostegno della comunità internazionale nonostante le controversie che lo circondavano. Ma ora sarà difficile spiegare, soprattutto in un contesto di azione così controllata e sotto una rigida catena di comando, le violenze come errori commessi da parte dei singoli poliziotti.

Direi che questo tipo di brutalità non può essere casuale in questo regime, si tratta senza dubbio di azioni programmate. 

Questa è la seconda ondata di proteste di massa in Montenegro negli ultimi tre anni. In che modo si differenziano le proteste attuali dalla cosiddetta "primavera montenegrina" del 2012?

Nel caso attuale manca un consenso generale più ampio. Ci aspettavamo che dopo la brutalità con la quale la polizia ha deciso di interrompere le proteste sarebbe nata un’iniziativa per ottenere una base di consenso più ampio e una forma di unificazione delle forze politiche dell’opposizione, ma questo non è accaduto. Alcuni partiti dell’opposizione erano assolutamente contrari alle proteste, mentre altri mandavano i loro rappresentanti alle manifestazioni ma nessuno ha formalmente aderito o sostenuto le proteste in modo aperto e diretto. C’è stata quindi una delusione rispetto alle speranze di una maggiore solidarietà. 

Quali sono le possibilità che questa volta avvenga davvero il tanto desiderato cambio delle forze politiche al governo?

C’è da dire che abbiamo una situazione in cui l’influenza del DF è in costante declino, soprattutto dopo l’abbandono del leader Miodrag Lekić che ha formato un nuovo partito (Demos). Il DF era riuscito a riguadagnarsi dei punti politici recentemente, ma la cosa è stata di breve durata, hanno perso credibilità per via del comportamento degli organizzatori durante le proteste. 

Le conseguenze politiche saranno dure anche per il DPS, soprattutto per via della violenza con la quale hanno agito. Anche il Partito socialdemocratico (SDP), membro minore della coalizione di governo, subirà conseguenze dato che loro rappresentanti siedono al vertice del ministero degli Interni che comandava le forze dell’ordine. 

Per fare delle proiezioni serie bisogna attendere comunque l’epilogo dell’accaduto e di tutti i processi in corso. È un dato di fatto che il governo può trarre profitto da una situazione politica instabile, ma allo stesso tempo si presenta una chance per la formazione di un consenso più ampio al di fuori dei due poli estremi. 

Per stabilire con certezza le responsabilità è di essenziale importanza avere un apparato giuridico forte e indipendente. E qui siamo di fronte al problema ricorrente che si palesa ogni volta che si presenta la necessità di processare le azioni del governo e dei suoi rappresentanti. 

La fiducia dei cittadini montenegrini nelle istituzioni è in fase terminale. Per esempio è comune che un cittadino si rivolga all’opinione pubblica, attraverso i media, per denunciare i propri problemi, prima di rivolgersi alle istituzioni competenti. Se si vuole mantenere un minimo di fiducia nei confronti dello stato, è ovvio che bisogna assolutamente esaminare l’accaduto in massima trasparenza. 

Avendo passato una buona parte della loro vita, due decenni e mezzo, sotto il governo Đukanović, i cittadini del Montenegro non sembrano fidarsi nemmeno della possibilità di contribuire con le loro azioni a un vero cambiamento. 

In questo senso l’elemento positivo è la crescente popolarità dei social network come strumenti di organizzazione indipendente dei cittadini. In questo periodo abbiamo potuto vedere delle ottime iniziative degli individui che si auto-organizzano in piccoli gruppi per coordinare l’azione di protesta. Questo ci fa sperare nel crescendo di una massa critica di cittadini che, a prescindere dalle loro appartenenze ideologiche o di altro tipo, mettono al primo posto l’interesse comune, il che è molto importante in un contesto in cui la consapevolezza dei cittadini per i propri diritti non è molto alta. 

Mentre in altri paesi gli studenti sono spesso stati la forza portatrice del cambiamento politico, in Montenegro questa dimensione spesso è venuta a mancare. Con il crescente utilizzo di nuovi media come strumento di attivismo politico sta cambiando qualcosa anche in questo senso?

Assolutamente sì. In una società piccola e non-anonima come il Montenegro la formazione della cosiddetta consapevolezza degli studenti è difficile in partenza. Mentre uno studente in una grande metropoli è costretto a rivolgersi al proprio collega e compagno quando ha bisogno di qualcosa, da noi è più probabile che si rivolga piuttosto a un parente immediato. Le reti sociali hanno un effetto positivo in questo senso e durante le manifestazioni dei giorni scorsi sono stati presenti numerosi piccoli gruppi auto-organizzati.

È positivo anche il fatto che gli ovvi tentativi di intimidire i cittadini usando la violenza non sono riusciti e che i giovani attivisti continueranno a auto-organizzarsi in modi che il Montenegro ancora non ha avuto l’occasione di vedere, almeno non in modalità continua. 

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