Montenegro: futuro incerto per la A2A
Secondo i media montenegrini la A2A preferirebbe ritirarsi dal Montenegro, ma così facendo perderebbe i circa 430 milioni di euro che ha investito nell’Azienda elettrica del Montenegro (EPCG). Quest’ultima nel frattempo annuncia che per mancanza di fondi potrebbero esserci restrizioni alle forniture di energia elettrica
I problemi sempre più grossi che gravano sull’Azienda elettrica del Montenegro (EPCG) hanno costretto, la settimana scorsa, Renato Ravanelli, direttore generale della compagnia italiana “A2A” a visitare il Montenegro e incontrarsi con il premier Igor Lukšić. In effetti gli affari dell’EPCG, dove gli italiani dall’ottobre del 2009 hanno quasi il 44 per cento delle azioni e ne guidano quindi l’amministrazione, peggiorano di giorno in giorno.
I motivi di preoccupazione sono parecchi. A causa di una sfavorevole situazione idrologica, la produzione negli impianti elettrici montenegrini è al minimo, al punto di costringere l’EPCG a importare energia elettrica. Ma col risultato che i costi sono più alti dei guadagni. Quindi, l’EPCG importa energia elettrica ad un prezzo più alto di quello che ha approvato l’Agenzia montenegrina per la regolamentazione dell’energia per la vendita (RAE), il che significa che sta perdendo soldi.
Ravanelli, dunque, ha cercato di convincere Lukšić che il prezzo dell’energia elettrica deve essere aumentato e pare che il premier montenegrino abbia accettato. I sindacalisti montenegrini, però, hanno minacciato che se il prezzo dell’energia dovesse aumentare, chiameranno lavoratori e cittadini a proteste di massa. In una situazione in cui il premier sta cercando in tutti i modi possibili di preservare la stabilità macroeconomica del Montenegro, e gli scioperi sono sempre più frequenti, una serie di proteste di massa potrebbero facilmente far vacillare il suo già debole governo.
L’EPCG, inoltre, ha grosse difficoltà nel recuperare i mancati pagamenti per l’energia consumata dai cittadini e dall’industria. Sono in molti gli insolventi. In modo particolare è noto il caso del Kombinat di alluminio di Podgorica (KAP), che è di proprietà dell’oligarca russo Oleg Deripaska. Il KAP, che consuma circa il 40 per cento dell’energia elettrica del Montenegro, ha un debito verso l’EPCG di 32 milioni di euro. Ma l’azienda più importante del Montenegro è in fallimento ed è diventata “la palla al piede” dell’EPCG. Ricordiamo che l’accordo con Deripaska era stato portato a termine personalmente dall’ex premier montenegrino Milo Đukanović, proprio come ha fatto con la “A2A”.
La situazione per la “A2A”, cioè per l’EPCG, si complica ulteriormente. Perché un grosso problema è il fatto che l’EPCG ha circa 60 milioni di euro di deposito nella Prva banka, il cui proprietario di maggioranza è la famiglia dell’ex premier Milo Đukanović. Se l’EPCG disponesse liberamente di quel deposito non avrebbe problemi finanziari, ma la Prva banka praticamente finirebbe in bancarotta.
L’opposizione montenegrina crede che questi problemi siano il risultato degli accordi non trasparenti fra i due ex premier del Montenegro e dell’Italia, rispettivamente Milo Đukanović e Silvio Berlusconi. “Loro hanno tessuto questo affare e insieme ad alcuni ministri e direttori, devono rispondere penalmente” sostiene il vicepresidente del “Movimento per i cambiamenti” Branko Radulović. Quest’ultimo ritiene che la cosa migliore sia sciogliere questi contratti. “Gli italiani chiedono nuovi aumenti dei costi dell’energia elettrica. Dunque è così che vogliono realizzare il profitto e non attraverso una gestione efficace del settore energetico del Montenegro”, afferma Radulović che ha chiesto alla procura montenegrina di intervenire a causa del “fondato sospetto che gli ex premier e i loro collaboratori abbiano causato un danno immenso al settore energetico del Montenegro”.
Anche il più grosso ex azionista dell’EPCG Vasilije Miličković crede che tutti questi avvenimenti siano conseguenza degli accordi segreti tra Đukanović e Berlusconi. “Adesso tutti cercano il modo di uscire fuori da quell’affare”, sostiene Miličković.
Secondo informazioni non ufficiali, gli italiani aspetteranno fino a marzo dell’anno prossimo per vedere se andranno in porto gli accordi con i funzionari montenegrini, e poi agiranno di conseguenza.
“Credo che gli investitori italiani continueranno a guardare al Montenegro come una destinazione attraente per investire”, dice Zarja Franović, alto funzionario del partito di Đukanović.
Nel frattempo dall’EPCG annunciano che a causa della mancanza di fondi il Montenegro potrebbe affrontare restrizioni nella fornitura dell’energia elettrica.
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