Montenegro, aspettando il nuovo governo
A distanza di tre mesi dalle elezioni di giugno, in Montenegro ancora non è stato formato il nuovo esecutivo. L’incaricato è il vincitore delle elezioni Milojko Spajić, leader del PES. Tuttavia nell’attuale guazzabuglio politico la formazione del governo si fa complicata
La recente visita del presidente montenegrino Jakov Milatović negli Stati Uniti e una serie di incontri a margine della seduta dell’Assemblea generale dell’Onu in cui Milatović ha dialogato con alcuni alti funzionari dell’amministrazione statunitense – nello specifico con il segretario di Stato americano Antony Blinken, il consigliere speciale del Dipartimento di stato degli Stati Uniti Derek Chollet e la consigliera del presidente statunitense per gli affari europei Amanda Sloat – hanno conferito una nuova dinamica al processo di formazione del nuovo governo montenegrino. Ad oggi però non si intravede alcun progresso nei negoziati tra il movimento Evropa sad [Europa adesso, PES], uscito vincitore dalle elezioni politiche dello scorso giugno, e i suoi potenziali partner di governo.
Appena rientrato da New York, il presidente Milatović ha incontrato Milojko Spajić, leader del PES, incaricato di formare il nuovo governo. Tuttavia, al termine dell’incontro, all’opinione pubblica non è stato fornito alcun chiarimento sulla composizione del futuro esecutivo. L’incognita resta quella di un possibile coinvolgimento nella formazione del nuovo governo della coalizione Insieme per il futuro del Montenegro (ZBCG) e del movimento civico URA guidato dal premier ad interim Dritan Abazović.
In un’intervista rilasciata al quotidiano Vijesti di Podgorica, il presidente Milatović ha dichiarato di non poter accettare che “qualsiasi attore politico che abbia conquistato la fiducia di un certo numero di cittadini venga escluso dalla partecipazione al potere”. Commentando la posizione del movimento civico URA, il presidente – pur sottolineando di essere consapevole che prima delle elezioni erano accadute alcune “cose negative che avevano fatto incrinare i rapporti tra Spajić e il movimento URA” – ha ribadito che “occorre dialogare se ciò è nell’interesse pubblico”.
Le parole del presidente sono state interpretate come un invito rivolto a Spajić affinché rilanci le trattative con la coalizione ZBCG e il movimento URA in modo da raggiungere la maggioranza necessaria per formare un nuovo esecutivo.
Subito dopo l’incontro con il presidente, parlando di un eventuale ingresso della coalizione ZBCG nel nuovo governo, Spajić ha dichiarato che “non bisogna essere restii al dialogo con quella coalizione né con qualsiasi altro partito”.
“Occorre puntare su un dialogo più ampio”, ha sottolineato Spajić, dicendosi però deluso dal movimento URA in cui il PES – stando alle parole del suo leader – fino a qualche tempo fa vedeva “un partner sicuro”.
Ad ogni modo, Spajić resta fiducioso di poter dare vita ad un nuovo esecutivo.
“Sono ottimista sulla possibilità di formare un governo. Sarà un governo filoeuropeo. Dietro ad ogni cosa ben fatta si nascondono tante difficoltà, e in Montenegro si tende a complicare inutilmente le cose”, ha sottolineato il leader del PES.
Sembra però che gran parte dell’opinione pubblica montenegrina non condivida l’ottimismo di Spajić. Per formare un nuovo esecutivo è necessario il sostegno di almeno 41 degli 81 deputati complessivi del parlamento di Podgorica. Attualmente Spajić gode del sostegno di soli 39 deputati.
Essendo uscito vincitore dalle elezioni dello scorso giugno, il PES si è aggiudicato 24 seggi del parlamento. Al momento però Spajić non può contare sull’appoggio di due deputate elette tra le fila del PES, Radinka Ćinćur e Jevrosima Pejović, le quali – al pari di Vladimir Dobričanin, deputato del Montenegro unito (UCG) – hanno condizionato il proprio sostegno all’ingresso della coalizione ZBCG nel nuovo governo.
Spajić gode del sostegno dei sette deputati eletti tra le fila dei Democratici di Aleksa Bečić e dei dieci deputati dei partiti delle minoranze nazionali: il Partito bosgnacco (6), il Forum albanese (2), l’Alleanza albanese (1) e l’Iniziativa civica croata (1).
Resta ancora incerta la posizione dei due deputati del Partito popolare socialista (SNP), mentre Mehmed Zenka, eletto tra le fila del Partito democratico dei socialisti (DPS), si è detto pronto a partecipare alla formazione del 44esimo governo montenegrino. Il problema è che i Democratici non vogliono che la maggioranza parlamentare dipenda da un deputato del DPS.
Ci si aspetta che nei prossimi giorni i recenti colloqui tra il presidente montenegrino e i funzionari statunitensi, come anche quell’incontro tra Milatović e Spajić a cui abbiamo accennato prima, diano i loro frutti anche nell’ottica del processo di formazione del nuovo governo montenegrino.
Nel corso di quell’intervista rilasciata a Vijesti, Milatović ha lasciato intendere che, per quanto riguarda un eventuale ingresso della coalizione filoserba ZBCG nel nuovo esecutivo, Blinken, Chollet e Sloat hanno espresso una posizione leggermente diversa da quella assunta da Gabriel Escobar, inviato speciale statunitense per i Balcani occidentali. Escobar si è detto esplicitamente contrario all’ipotesi che vede i partiti guidati da Andrija Mandić e Milan Knežević far parte di un nuovo governo innanzitutto per via del loro atteggiamento nei confronti della NATO e della guerra in Ucraina, ma anche a causa dei loro stretti legami con il presidente serbo Aleksandar Vučić.
D’altra parte, si ha l’impressione che, nonostante il recente incontro con Milatović, anche Spajić sia rimasto contrario alla possibilità che non solo la coalizione ZBCG, ma anche il movimento URA entri a far parte del nuovo esecutivo. Ad ogni modo, Spajić non può formare la maggioranza necessaria per governare senza l’appoggio di Ćinćur e Pejović e – come a Podgorica ormai si specula ampiamente – sembra che sia proprio il presidente Milatović ad esercitare un’influenza decisiva sulle due deputate.
In questo guazzabuglio politico occorre tener conto anche degli interessi del DPS, del movimento URA e degli stessi Democratici che auspicano nuove elezioni. C’è infatti chi ritiene che, qualora il tentativo di formare un nuovo governo dovesse fallire, il PES ne uscirebbe indebolito, permettendo ai partiti di cui sopra di rafforzare la loro posizione. Così verrebbero dissipate le paure, condivise da molte forze politiche che temono un forte aumento di popolarità del partito guidato da Spajić nel caso quest’ultimo riuscisse ad attuare il programma “Europa adesso 2”, soprattutto le misure riguardanti l’aumento dello stipendio medio ai 1000 euro, promesso durante la campagna elettorale.
Di certo c’è che se si dovesse tornare al voto, ciò rallenterebbe il percorso europeo del Montenegro che, in questo periodo di transizione, iniziato dopo la sconfitta di Milo Đukanović e del suo DPS, già fatica ad avanzare verso l’Unione europea.
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