Montenegro: ancora Đukanović
Sembra sempre possibile un cambio di rotta, ma alla fine la maggioranza alle elezioni l’ottiene sempre lui. Il Montenegro, al voto, ha scelto nuovamente Milo Đukanović
La scena politica montenegrina continua a cambiare molto poco, e se lo fa, lo fa lentamente. Alle recenti elezioni politiche tenutesi domenica 16 ottobre si è affermato – con circa il 41% dei voti – ancora una volta il Dps (Demokratska partija socijalista), che sta vincendo dal 1991, con a capo il leader di sempre, l’allora e ancora oggi primo ministro Milo Đukanović.
Si è trattato delle decime elezioni parlamentari dalla caduta del comunismo, quarte dalla proclamazione dell’indipendenza dalla Serbia nel 2006 – tutte vinte dal partito di Đukanović e dai suoi alleati.
Con il senno di poi, la ‘grande’ novità della campagna elettorale 2016 – la viralità dei video ‘giovani’ e accattivanti pensati per conto del Fronte Democratico (DF) da abili agenzie di marketing – ha divertito le masse ma non ha fatto miracoli. Il DF, rappresentato da una lista del titolo tanto populista quanto rivelatore di un approccio alla campagna elettorale senza guanti – “Noi o lui” – rimane comunque la forza meglio quotata dell’opposizione – ma con solo la metà dei voti rispetto a quelli ottenuti da Đukanović – il 20% del totale. Terza, per voti ottenuti, la coalizione "Chiave – Demos, Ura e Snp” che ha ottenuto l’11%.
La grande frammentazione tra le forze dell’opposizione, caratterizzata in parte dall’opportunismo politico dei singoli mandatari, in parte da problemi più sistemici come le diverse visioni per il futuro geo-politico del paese (pro-Russia o pro-Ue), ha reso più semplice a Đukanović rimanere al potere. Quest’ultimo ha già annunciato con sicurezza di avere in mano anche la maggioranza per un nuovo governo, grazie all’appoggio di piccoli partiti, per lo più rappresentanti le minoranze etniche e dei Socialdemocratici (3,2%).
In questo contesto, il fatto che l’opposizione complessivamente abbia ottenuto più seggi di Đukanović, elemento sottolineato da alcuni leader politici con lo scopo di dare forza nei prossimi giorni a tentativi di unire le forze anti-DPS, ha tutta la probabilità di avere sola forza retorica.
Dal più giovane al più longevo leader dell’Europa
Đukanović, al potere da più di un quarto di secolo – all’epoca il più giovane primo ministro in Europa con i suoi 29 anni di età – è oggi il leader europeo con la permanenza al potere più lunga. Ha insediato il suo potere nel minuscolo paese da 630 mila abitanti in modo capillare, intrecciando interessi della sua famiglia e di conoscenti con quelli nazionali. Il suo partito si vanta di aver portato il paese all’indipendenza dalla Serbia e di averlo trasformato durante i 10 anni dalla separazione in una meta turistica ambita da tutto il mondo, oltre ad averlo portato avanti sulla strada delle integrazioni euro-atlantiche, aprendo i negoziati per l’adesione all’Ue e ottenendo l’invito per diventare membro della Nato.
Da anni il settore non-governativo, l’opposizione, numerosi intellettuali e una parte dei media indipendenti tifano e annunciano la sua imminente fine, ma il premier eterno mostra ancora la sua capacità di rimanere a galla. Sono servite a poco le proteste in piazza degli ultimi anni, l’ingresso di membri dell’opposizione nel governo con lo scopo di porre fine agli abusi di potere nel processo elettorale, le accuse di corruzione e di vicinanza con i trafficanti di sigarette e membri della criminalità organizzata che riempiono i titoli dei giornali da decenni.
Per alcuni, la sua permanenza al potere è ormai un’esigenza personale più che di carriera, con lo scopo di evitare una fine simile a quella dell’ex premier croato Ivo Sanader. Ma è innegabile anche la sua capacità, dimostrata negli anni, di girare a proprio favore anche le circostanze più sgradevoli.
Abusi
Come durante tutte le elezioni precedenti, nemmeno questa volta sono mancate le accuse di abusi di potere, ma in assenza di una divisione tra i poteri dello stato più netta rimangono poco più che grida nel vuoto.
Nei giorni scorsi i media locali hanno riferito di numerosi casi di compravendita di voti, pubblicando liste con nomi di persone che hanno ottenuto soldi in cambio del proprio voto; di acquisti di carte d’identità da parte di attivisti del Dps e di centinaia di emigrati montenegrini rimpatriati con biglietti andata/ritorno pagati dal partito di Đukanović.
Infine, durante la giornata elettorale, l’organizzazione non-governativa anti-corruzione Mans ha presentato 117 denunce di abusi , riferendo che elementi d’abuso sono stati registrati in quasi tutti i seggi, per lo più relativamente alla violazione del diritto ad un voto libero e segreto.
Anche questa volta si è parlato di come il potere di Đukanović fosse più debole che mai. Ma si fatica ancora a vedere, anche in futuro, un Montenegro senza di lui.
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