Mondiali: cronaca di una squadra che non c’è più
Un articolo del settimanale belgradese "Vreme" ripercorre le tappe della ultra ottantenne storia calcistica della squadra jugoslava, uscita definitivamente di scena con la sconfitta ai mondali
Di Vladimir Stankovic, Vreme, 22 giugno 2006 (tit. orig. Odlazak voljenog pokojnika)
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak
Per quanto riguarda il calcio, tutto iniziò il 28 agosto 1920 alle Olimpiadi di Anversa: Cecoslovacchia – Jugoslavia 7:0. Va bene, ogni inizio è difficile, ma perché lo deve essere anche la fine? Agli africani è toccato il compito di fissare l’ultimo chiodo sulla bara del nostro caro defunto che negli ultimi 86 anni con la palla ci ha rallegrato (di più) e rattristato (di meno) e soltanto di rado ci ha lasciato indifferenti.
Quando si tireranno le somme, tutte quelle Jugoslavie, tutti i regimi che essa ha rappresentato, tutte le bandiere sotto le quali ha giocato e tutti gli inni sotto i quali ha esordito, allora non sarà un ricordo così brutto perché i risultati, soprattutto finché eravamo un paese normale, non erano niente male (cinque medaglie olimpiche, due titoli da vice campioni più una semifinale nel campionato europeo, due semifinali ai campionati mondiali, tre quarti di finale ecc.). Il problema è che mai, o quasi mai, abbiamo imparato qualcosa dalla precedente partecipazione ad una competizione così importante quale i mondiali e che ogni volta eravamo i principali avversari di noi stessi. Tralasciando la partecipazione ai tre campionati del dopo guerra, 1950, 1954 e 1958, quando giocare per la squadra nazionale era veramente una questione d’onore, di prestigio, di vero patriottismo e quando non c’erano né polemiche né scandali (e ci sono stati i risultati, due presenze ai quarti di finale), tutte le altre partecipazioni avevano dei retroscena.
Da Montevideo al Billerbeck
In Uruguay nel 1930 ufficialmente giocò la Jugoslavia ma sarebbe stato più esatto se fosse stata chiamata Serbia, perché le squadre croate si erano rifiutate di dare i giocatori per la nazionale, in segno di protesta perché un anno prima la sede dell’Unione calcistica era stata spostata da Zagabria, dove fu fondata nel 1919, nella capitale cioè a Belgrado. In Cile 1962 per la prima volta si è presentato il problema del premio, dopo essere arrivati in semifinale (cosa che oggi sembra così irreale!) l’amministrazione chiese il permesso di premiare i giocatori con 5.000 dollari. La risposta del Paese fu un energico "no" perché, per dio, lo sanno questi nostri giocatori e questa amministrazione "quanto guadagnano i nostri minatori". Quando dopo i campionati mancati del 1966 e del 1970 ci siamo qualificati per Germania 1974, di nuovo comparve il problema del premio. Fu promesso qualcosa che non fu mantenuto, sufficiente per tirare avanti fino ad oggi. In Spagna 1982 c’è stata la guerra per le scarpe da calcio, l’Associazione aveva il contratto con una ditta, i giocatori (generalmente) con un’altra. In Italia 1990, già in un’atmosfera da sfacelo del Paese, ci furono situazioni di ogni tipo, come tifare per i "propri", il sensazionalismo a basso costo e sputare sull’allenatore Ivica Osim a causa del suo jugoslavismo. Anche in queste condizioni si è arrivati al quinto posto, e quando oggi si parla di mancanza di fortuna, per esempio, nella sfida con l’Olanda a Leipzig all’inizio di questi mondiali, mi chiedo come bisognerebbe chiamare tutte quelle disgrazie che ci hanno accompagnato nella sfida con l’Argentina a Firenze nel 1990, inclusa anche la serie di rigori.
In tempi recenti, dopo il crollo del Paese, le sanzioni, l’isolamento, ecc. sotto il nome di SRJ la nostra squadra nazionale si è qualificata ai mondiali di Francia nel 1998 ed è arrivata con onore agli ottavi di finale perdendo con l’Olanda 2:1. Il secondo goal è stato subito all’ultimo minuto e sull’ 1:1 è stato sbagliato un rigore. Francia 1998 è stata l’unica eccezione nella triste storia degli autogol ai mondiali, dal 1962 in avanti. Non ci sono stati scandali, non ci sono state polemiche, avevamo una buona squadra (Stojkovic, Mijatovic, Savicevic, Jugovic, Mihajlovic, Jokanovic, Milosevic, Kovacevic, D. Stankovic…). Adesso, anche quella qualifica agli ottavi sembra un grande risultato a confronto col risultato di Germania 2006. E non si tratta solo di sconfitte ma della sensazione generale, dell’arrivo con un giocatore in meno e della partenza con quattro in meno, perché nel frattempo Kezman, Koroman e Vidic sono stati mandati a casa "per risparmiare" (il presidente Tomislav Karadzic dixit), cioè a causa del mantenimento del "tono di gara" (il portavoce Aleksandar Boskovic). Per quanto ne so, la FIFA paga per 45 persone la pensione completa dal giorno dell’arrivo fino al giorno della partenza e non è proprio chiaro cosa si voglia risparmiare. Tranne che chiedere agli organizzatori la paga giornaliera in "contanti" per quattro posti non sfruttati… Il capitano Savo Milosevic ha detto che i giocatori non hanno chiesto da soli di andarsene, il che vuol dire che sono stati mandati via. E sono stati minacciati con sanzioni in denaro nel caso avessero fatto una brutta figura (anche) contro la Costa d’Avorio… Una cosa più bella dall’altra, in particolare dopo le storie sullo "splendido lavoro", sulla "squadra unita", su un’"atmosfera buona come non mai" ecc. Forse alcuni tabloid hanno veramente inventato tutti quegli scontri e litigi, la cui smentita ha portato via molto più tempo che il parlare dei rivali, della tattica e del calcio in generale, ma è ovvio che nemmeno l’atmosfera era poi così incantevole come è stata presentata. Cosa è cambiato nel gruppo di persone che per due anni e mezzo si è allenato ed è arrivato alle qualificazioni, forse lo sanno solo loro. Purtroppo, è cambiato particolarmente anche l’allenatore Ilija Petkovic. La chiamata e poi la partenza del figlio Dusan l’ha scosso completamente, alcuni giornalisti lo hanno portato all’esaurimento nervoso, ha speso energia per la smentita, per dimostrare che c’è stato o non c’è stato qualcosa… E su un piano puramente calcistico si trattava di un Petko completamente diverso. Sapevamo tutti della sua "tendenza difensiva", ma nelle qualifiche non abbiamo mai giocato l’1-9-1 che, secondo lui, abbiamo dovuto adottare contro l’Argentina. Petkovic ha incolpato se stesso perché ha ceduto davanti alla pressione dell’opinione pubblica e ha rinunciato al suo principio, secondo il quale la cosa più importante nel calcio è non subire goal. Il problema è che noi non abbiamo preso 6 goal perché i nostri giocatori tutti insieme sono andati all’attacco lasciando lo spazio agli argentini per spadroneggiare davanti alla nostra rete. Il problema è che quasi non abbiamo superato il centro, che non abbiamo creato nemmeno una mezza possibilità di quelle che abbiamo avuto alcune volte contro l’Olanda, e abbiamo preso 6 goal…
Mondiali senza sorprese
Alla fine dei primi dieci giorni di Mondiali, anche con le migliori intenzioni, non abbiamo visto una squadra che gioca con l’1-9-1. La grande maggioranza delle squadre nazionali gioca un calcio d’attacco, l’idea è fare un goal in più e non prendere un goal in meno. Petkovic, naturalmente, ha diritto al suo "credo" calcistico, ma ci deve essere qualcuno che gli dica, come minimo, che questa sua decisione non è la tendenza più attuale nel calcio moderno. Avete visto il Ghana contro la Repubblica Ceca? Vincono 1:0 e, pensate, attaccano con l’idea di fare un altro goal. Sbagliano il tiro di rigore e continuano ad attaccare per vincere alla fine 2:0. Forse che sono ancora troppo ingenui dal punto di visto calcistico per capire che l’attacco inizia dalla difesa e che primo bisogna difendere la propria rete? Oppure l’allenatore gli insegna in modo sbagliato che bisogna attaccare?
Dalla sera di martedì 20 giugno, con la parziale eccezione del risultato della partita Ghana – Rep. Ceca, tenendo presente che il Ghana anche nella sconfitta con l’Italia nella prima partita aveva lasciato un’ottima impressione, non abbiamo visto nessuna grande sorpresa, e ancora meno qualcosa di sensazionale. Tutti giocano, tutti avanzano, non ci sono partite facili e vittorie facili, ma la gerarchia calcistica del mondiale non è ancora minacciata. Si sa chi sta sopra, chi in mezzo, chi è in basso. Forse nel gruppo A la qualifica dell’Equador contro la Polonia potrebbe essere stata una certa sorpresa, ma niente affatto grande. Nel gruppo B Trinidad e Tobago e Paraguay non hanno avuto quasi nessuna possibilità ancora prima dell’inizio, nel nostro gruppo C, Argentina e Olanda a ragione sono state nominate le principale favorite, Portogallo e Messico all’inizio hanno avuto più probabilità dell’Iran e dell’Angola che è riuscita a strappare un punto al Messico, nel gruppo E (Italia, Rep. Ceca, Ghana, USA) tutto era aperto fino all’ultimo goal, con generale simpatia per il Ghana e per il suo allenatore Ratomir Dujkovic, che, fra l’altro, ha detto che "guiderebbe volentieri la nazionale della Serbia". Il Brasile non è stato brillante nel gruppo D, ma ha vinto le prime due partite e ha prolungato la serie di vittorie fino 9 partite di seguito (7 erano in Giappone e Corea), mentre i croati hanno dovuto cercare il passaggio per il secondo girone contro la loro "squadra B", l’Australia. Svizzera e Corea del Sud hanno reso il gioco difficile ai francesi, ma persino la loro uscita di scena non è stata sensazionale. Perché, quattro anni fa non erano usciti dal primo girone senza una vittoria e senza aver segnato un goal, e per di più come i campioni del mondo? La crisi, quando arriva, non passa in una notte. La Spagna ha lasciato un’ottima impressione nel gruppo H e c’era da aspettarsi che passasse anche l’Ucraina, nonostante il 4:0 subito all’inizio contro la Spagna.
Dunque, agli ottavi di finale si sono trovati tutti, o quasi tutti, i favoriti fra i quali non c’era la nazionale della Serbia e Montenegro, sicché l’uscita di scena è una semplice realtà. Il modo in cui è uscita e il caotico ritorno a casa sono tutta un’altra storia. Guardiamo un buon calcio, ce la godiamo nell’ambiente dei fantastici stadi, nell’irripetibile atmosfera che c’è nelle strade e nelle piazze dove si giocano le partite dei Mondiali. Non ci sono mai stati così tanti turisti, così tante divise delle nazionali e segni di tutti i tipi dipinti sul corpo dei pellegrini del calcio. Non abbiamo mai visto un mondiale così pacifico e tollerante. La polizia c’è a ogni passo ed è facilmente visibile, ma, almeno per adesso, è soltanto preventiva. Il calcio ha unito il mondo e buona parte del colore lo hanno fatto anche i nostri tifosi, lontani dalla nostra squadra. Per quanto riguarda l’organizzazione i tedeschi hanno superato se stessi e probabilmente hanno spaventato il Sud Africa che, nonostante tutta la buona volontà del mondo, difficilmente potrà offrire condizioni simili a quelle offerte dalla Germania.
Bilancio
Dopo 109 partite come Regno di Jugoslavia (1920-1941), 412 come FNRJ/SFRJ (1946-1992), 89 come SRJ (1994-2003) e 36 come SCG (2003-2006) finisce nella storia un Paese il cui indice di gradimento, calcistico e generale, è sempre stato molto al di sopra di quello dei suoi politici, in particolare negli ultimi quindici anni. In futuro, giocherà la Serbia come erede della unione statale scomparsa, mentre il Montenegro prenderà parte alle qualificazioni per il campionato del mondo del 2010. La Serbia farà il suo debutto ufficiale il 16 agosto a Praga nell’amichevole contro la Rep. Ceca. Una cosa interessante, anche la FNRJ il 9 maggio 1946 era partita da Praga. A dire il vero con una vittoria, 2:0.
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