Mladic e Karadzic: caccia ai fantasmi
Chi protegge i due super latitanti, ricercati dal Tribunale internazionale dell’Aia? Perché a distanza di anni ancora non si è riusciti a catturarli e consegnarli alla giustizia internazionale? Nostra traduzione di un articolo pubblicato dal settimanale di Podgorica Monitor
Di Šeki Radončić, Monitor, 11 febbraio 2005
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak
La nuova strategia per l’arresto dei più famosi latitanti d’Europa, Radovan Karadzic e Ratko Mladic, entra nella fase operativa. Il Consiglio dei ministri della Bosnia ed Erzegovina forma una squadra speciale per catturare gli accusati dall’Aia; la frontiera della Bosnia ed Erzegovina con quella della Serbia e Montenegro sarà chiusa, mentre i potenziali dei servizi militari, della polizia e dell’informazione della BiH saranno messi in piena attività.
"Noi abbiamo i servizi segreti, i Servizi statali di frontiera, ci sono le truppe dell’EUFOR, i potenziali della NATO, la Polizia europea, e alla fine, alcune nostre unità militari. Metteremo tutto in moto per far sì che finalmente Karadzic e altri accusati dal tribunale dell’Aia vengano arrestati", informa il presidente del Consiglio dei ministri Adnan Terzic.
Riguardo le frontiere con la Serbia e con il Montenegro, Terzic precisa: "Non intendo la chiusura fisica, ma la completa copertura delle frontiere fra i due Paesi. Essa è molto porosa e noi dobbiamo assicurare che tale porosità venga eliminata".
Sull’iniziativa della procuratrice dell’Aia, Carla de Ponte, il Ministero degli affari interni della Repubblica serba sta negoziando con la famiglia di Radovan Karadzic sulla sua resa volontaria al Tribunale dell’Aia.
Sonja Karadzic, la figlia di Radovan Karadzic, non nasconde che la polizia della Repubblica serba "Sta contattando tutti i membri della famiglia ogni sette o otto giorni". "Ma, siccome noi non abbiamo i contatti con lui da anni", dice Sonja, "la nostra risposta è sempre la stessa: non abbiamo nessuna notizie da Radovan".
Nell’impotenza di condurre di fronte alla giustizia i due fuggiaschi più ricercati d’Europa, la procuratrice dell’Aia minaccia che, nel caso non venissero arrestati entro la fine di giugno di quest’anno, rivelerà pubblicamente chi ostacola il loro arresto. Lei evidentemente ha a disposizione dei dati su chi nella comunità internazionale, nella Repubblica serba, nella Serbia e nel Montenegro protegge Karadzic e Mladic.
Che non si tratta di uno scherzo, lo ha dimostrato durante la tourne balcanica della scorsa settimana, quando ha indicato la Chiesa serba ortodossa, come complice di Karadzic. Ricordiamo che nell’intervista a Monitor lei ha detto che è un male se il governo montenegrino non sa cosa succede nella chiesa, specialmente se "essa è inclusa in attività politiche e si occupa di nascondere gli accusati dell’Aia".
Da anni anche parecchi funzionari europei credono che il più grosso appoggio logistico a Karadzzic per potersi nascondersi sia offerto dalla Chiesa serba ortodossa. I Monasteri della SPC (Chiesa serba ortodossa, ndt.) nella Repubblica serba , in Serbia e nel Montenegro sono nominano come ricoveri del più ricercato fuggiasco d’Europa, la cui testa vale cinque milioni di dollari. Quale luogo di soggiorno temporaneo di Karadzic in Montenegro alcune volte è stato nominato il monastero di Ostrog, ed anche, a poca distanza da esso, una nuova struttura ecclesiastica nella Valle di Jovan.
Non è un segreto: Karadzic è l’orgoglio della Chiesa serba ortodossa, negli ultimi anni in cattivo rapporto con i vertici statali montenegrini. Però, Carla Del Ponte non può sfruttare tale situazione e non obbligherà il governo montenegrino ad entrare in alcune strutture della chiesa, come hanno fatto le forze della SFOR nella Repubblica serba. Durante tali azioni sono stati gravemente feriti anche i due pope. La procuratrice dell’Aia, inoltre, non obbligherà il governo montenegrino neanche a trattare i sacerdoti ortodossi come gli altri cittadini del Montenegro. La polizia montenegrina lascia passare le macchine dei funzionari della chiesa senza un particolare controllo. Alcuni poliziotti montenegrini spesso fermano le macchine dei gran dignitari della chiesa per inchinarsi davanti a loro e per baciargli la mano.
Il metropolita Amfilohije ha invitato Carla Del Ponte a "venire nei monasteri della Chiesa serba ortodossa in Montenegro e di controllare se lì si nasconde l’ex leader dei Serbi bosniaci Radovan Karadzic". Lo stesso invito da gentiluomo Amfilohije lo aveva rivolto alla signora del Ponte due anni fa. Allora era stato un po’ più preciso. Alla domanda dei giornalisti di Vijesti se sapeva dove si nascondesse Karadzic, Amfilohije aveva risposto: "Karadzic si nasconde nella mia preghiera".
L’attrazione fatale fra i pii uomini giusti e gli accusati dall’Aia, incolpati di genocidio, dura da tempo senza diminuire di intensità: la Chiesa serba ortodossa non ha invitato mai né Karadzic né Mladic ad arrendersi e pentirsi. E finché la Chiesa serba ortodossa gli protegge le spalle, ricercarli può assomigliare ad una caccia ai fantasmi.
Il noto magazine sarajevese Start da anni, in ogni numero, ricorda quanti giorni sono passati da quando avrebbero dovuto esser arrestati Karadzic e Mladic: il cronometro di Start ha misurato la cifra di 3350 giorni. Il mito sulla supposta impossibilità di prendere Karadzic e Mladic ogni giorno cresce sempre di più. "Radovan Karadzic e Ratko Mladic per la maggior parte del tempo non sono in BiH (Bosnia Erzegovina, ndt.)", ha detto l’altro giorno David Leakey, il comandante dell’EUFOR. I capi della Serbia e del Montenegro rigettano energicamente la possibilità che i due si trovino là, proprio come i rappresentanti della Repubblica serba. Così si è creata un’atmosfera divina per le speculazioni.
Mladic, si dice sia protetto da 13 combattenti. I servizi segreti di Sarajevo considerano che proprio lui sia il responsabile del recente omicidio di due reclute dell’Esercito Jugoslavo a Topcider, che per loro curiosità hanno abbandonato il posto di guardia e si sono avviati in una zona dove non potevano entrare.
Secondo le fonti della comunità bosniaca di informazione Karadzic è stato persino nella casa di villeggiatura di un alto ufficiale in pensione, a Igalo. Radovan è protetto da 25 uomini, per lo più i membri dell’ex unità speciale del Ministero degli affari interni della Repubblica serba. Intorno a Karadzic si sono formati tre anelli di sicurezza, accanto a lui ci sono sempre quattro guardie del corpo. Non si separa mai dalla sua pistola.
Nei circoli dei servizi di informazione si può sentire che l’arresto di Karadzic pare sia impedito anche dagli americani ai quali Karadzic è servito come pretesto per rimanere nella strategicamente importane Bosnia. Dunque, dopo che da poco la SFOR se ne è andata dalla BiH, a Sarajevo è rimasto ad operare il comando della NATO, comandato dal generale Steven Schook . Lì vi lavorano 150 tra ufficiali e civili.
"La NATO è uno strano strumento, perché ci ha aiutato tanto nel raccogliere le prove, ma hanno sempre affermato di non avere il mandato per localizzare i fuggiaschi", ha detto Carla Del Ponte.
Forse alla procuratrice dell’Aia questo rebus militare-informativo-politico lo ha risolto il portavoce di State Department, Richard Boucer, dicendo che "Karadzic e Mladic sono una delle ragioni per cui gli stati Uniti e la NATO lasciano parte delle loro forze nella BiH anche dopo aver passato di consegna la missione di pace alle forze militari dell’Unione europea".
Tale motivo chiave per la permanenza degli americani sarebbe mancato se la NATO avesse arrestato in tempo i due più famosi latitanti dell’Aia. La conclusione viene da sé: la NATO non ha arrestato Karadzic e Mladic perché avevano bisogno di un pretesto per far rimanere gli americani in Bosnia.
In qualsiasi modo, il mito sull’impossibilità di catturare Radovan Karadzic e Ratko Mladic sarà, se Carla Del Ponte manterrà la promessa, distrutto verso la metà di quest’anno. O loro verrano arrestati o lei pubblicamente proverà che non si tratta di fantasmi, ma di latitanti protetti e nascosti da persone con nome e cognome concreti.
I rifugi di Karadzic
Al Ministero degli affari interni del Montenegro nessuno aveva voglia di rispondere alla questione: se Karadzic viene in Montenegro e chi potrebbero essere i suoi complici. Spiegano che si tratta di una cosa molto delicata. Il sospetto che Karadzic però si muove fra la Repubblica serba e il Montenegro ha un suo motivo. Passare illegalmente tale frontiera, affermano le fonti di Monitor, non è di alcun problema. Ufficialmente esistono soltanto alcuni passaggi, ma il resto della frontiera è pieno di buchi come un setaccio e, secondo le parole dei nostri interlocutori, è praticamente impossibile da controllare.
Anche se Karadzic tempo fa avesse soggiornato in Montenegro, non sarebbe stato certo il primo dei latitanti dell’Aia. Alcuni di loro vi hanno trascorsi giorni e con il consenso silenzioso del governo. Più fonti hanno affermato che nel 2001 Veselin Sljivancanin, poi finito all’Aia, veniva con la scorta al completo per porgere le condoglianze a Cepurci. I testimoni hanno affermato che alcuni anni fa sulla spiaggia di Rezevici hanno visto anche Ratko Mladic.
Invece, come affermano le nostre fonti, il Montenegro è diventata meno sicuro appena è partito per l’Aia il recentemente processato generale Pavle Strugar. Cosa che fino a un certo punto ha impaurito i latitanti dell’Aia.
Però, i nostri interlocutori di fiducia, vicini alla polizia, dicono che non bisogna escludere la possibilità che Karadzic ed alcuni altri fuggiaschi visitino ancora il Montenegro, con misure di estrema cautela e una buona logistica. Più volte i funzionari stranieri e i media hanno detto che c’è il sospetto che a proteggerli sia la Chiesa serba ortodossa. Il Ministero degli affari interni del Montenegro ha sempre smentito tali affermazioni. Generalmente si sa tutto: le macchine e le strutture della Chiesa serba ortodossa secondo le regole non sono sottoposte ai controlli di routin della polizia. Non è noto nemmeno un caso in cui la polizia abbia fatto una perquisizione e un controllo dei monasteri nominati come rifugi dei latitanti dell’Aia.
Durante la visita della scorsa settimana a Podgorica e a Sarajevo, la procuratrice dell’Aia Carla Del Ponte ha avviato la formazione delle squadre comuni della polizia della Bosnia ed Erzegovina e del Montenegro, che lavorerebbero insieme per arrestare gli accusati dell’Aia. Tale iniziativa ha avuto il semaforo verde dalla direzione statale del Montenegro e della BiH. Si aspetta che già nei prossimi giorni ci saranno delle sedute a cui parteciperanno i più alti funzionari del Ministero degli affari interni di entrambi i Paesi.
Come si può sentire da fonti sicure ci saranno dei colloqui molto importanti sui dettagli puramente tecnici e sulle modalità di collaborazione. In gioco ci sono due opzioni: dallo scambio dei dati informativi alla formazione delle squadre comuni per l’arresto degli accusati dell’Aia.
Brindisi nel nome del genocidio
Dopo che le truppe serbe sono entrate a Srebrenica, nei mentre era in corso la brutale liquidazione di più di otto mila Bosgnacchi, in modo solenne è commemorato l’anniversario dei cinque anni dalla fondazione del SDS. Festeggiando "la liberazione di Srebrenica" Radovan Karadzic, e brindando al metropolita buon bosniaco Nikolaj, è stato sincero: "Non avremo potuto fare nulla senza la Chiesa serba ortodossa".
Il metropolita Nikolaj ha risposto in modo pio: " Brindo all’onore e alla gloria della vittoria serba e delle armi".
Un accordo fatto a Dayton?
Graham Blewitt, ex vice di Carla Del Ponte, nel gennaio dell’anno scorso ha detto che "ci sono state occasioni per arrestare Karadzic, ma che la SFOR non lo ha fatto". Per ciò lui sospettava che ci fosse in "questione un accordo fatto a Dayton". La moglie di Radovan, Ljiljana Zelen Karadzic dice che si tratta di questo: "Durante il 1995 Radovan e Holbrooke fecero un accordo che mio marito si avrebbe rinunciato alle funzioni politiche nella Repubblica serba, e si sarebbe ritirato dalla vita pubblica, politica e sociale, e che non avrebbe rilasciato nessuna dichiarazione ai media. In cambio gli Stati Uniti avrebbero fatto in modo di ritirare tutte le accuse contro di lui, creando le condizioni per assicurargli una normale vita professionale e famigliare. Tale accordo è stato verificato come un accordo ed esiste sotto forma di atto ufficiale nell’archivio della RS e degli USA".
"La verità è che abbiamo dovuto vietare l’SDS. Invece, ci eravamo messi d’accordo che Karadzic sparisse, che si sarebbe nascosto per sempre. Vi ricordate che lui dovette rinunciare anche alla carica di presidente della RS e del SDS", ha detto poi Holbrooke sul Dnevni avaz di Sarajevo. Alcuni giorni dopo, quando è stato sollevato il polverone, Holbrooke si è coretto: "Come più volte in passato ho sottolineato, con Karadzic non è stato fatto nessun accordo".
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