Missione Londra
Per lo spettatore occidentale una commedia ben recitata. Per quello bulgaro matte risate ma anche senso di disillusione, per i sogni infranti della transizione e un’élite rivelatasi falsa e incapace. E’ sugli schermi "Missione Londra", tratto dall’omonimo bestseller di Alek Popov
“Misija London” (Missione Londra) è sugli schermi cinematografici bulgari dal 16 aprile scorso. Commedia brillante, il film si basa sull’omonimo romanzo di Alek Popov, vero bestseller della letteratura contemporanea bulgara. Anche se l’autore ha più volte smentito che i personaggi di “Missione Londra” facciano riferimento a persone reali, nella trama sono facilmente riconoscibili facce e nomi che ruotavano intorno all’ambasciata bulgara di Londra nel periodo in cui l’autore era impiegato nella stessa sede diplomatica.
La storia di Popov è ricchissima di scene comiche, tradotte sapientemente in linguaggio cinematografico dal regista Dimitar Mitovski. Il diplomatico Varadin viene promosso ad ambasciatore bulgaro nel Regno Unito dalla moglie del presidente, Devorina Selyanova con la missione speciale di organizzare a Londra un concerto di beneficenza a favore degli orfani in Bulgaria, e di invitare all’evento nientemeno che la regina Elisabetta II. Devorina cerca di entrare nell’élite mondiale ad ogni costo, spendendo soldi a vagoni. Naturalmente pubblici.
Varadin contatta la ditta “Famous connections”, che promette al diplomatico di assicurare all’evento la presenza della regina e di altri personaggi d’eccezione. Come diventa presto chiaro, però, la ditta fa uso di sosia ed inganna i propri clienti. Durante il concerto all’ambasciata bulgara la finta regina rovina tutto lanciandosi in uno sgangherato discorso a favore degli orsi bruni.
Quando poi vedono sugli schermi della BBC un reportage sulla visita della vera regina in un paese africano, i diplomatici dell’ambasciata decidono che di sicuro si tratta di una sosia e rimangono convinti che la vera sovrana è quella che ha presenziato al concerto di beneficenza. “Guarda”, si dicono stupefatti, “la regina ha un sosia, proprio come Brezhnev, proprio come Eltsin!”.
Alla fine del film Davorina giunge alla stessa conclusione sentenziando: “Anche ‘Tato’ (soprannome del dittatore comunista Todor Zhivkov, che ha governato la Bulgaria per 33 anni) aveva un sosia!”.
E’ proprio il fantasma di Zhivkov, e della sua anima provinciale, ad aleggiare sull’ambasciata, vero e proprio “museo vivente” del comunismo. I funzionari ne hanno fatto una specie di “duty free zone”, dove portare avanti indisturbati piccole e grandi frodi, tra le quali la vendita sul mercato inglese di rakija e sigarette bulgare. Promossi grazie a legami personali, tremano tutti al pensiero di poter perdere i propri privilegi.
Tra tutti il più sfacciato è il cuoco Banicharov, il cui ruolo è recitato a perfezione da Ljubo Nejkov. Per pochi soldi Banicharov si lascia coinvolgere in un losco affare da un mafioso russo, interpretato da Pavel Chernev, già deputato del partito nazionalista Ataka.
Il mafioso ruba nove anatre da Richmond Park, e Banicharov le macella riponendole poi nel freezer dell’ambasciata. Si scopre però che le anatre hanno un chip, e che la polizia londinese ne segue il segnale. I due, accortisi della cosa, gettano i chip nel lago, dimenticandone però uno. Il cuoco riesce quindi a vendere le anatre all’ambasciatore Varadin, e finiscono nel menu ufficiale della cena a cui presenzia la finta regina Elisabetta. Devorina mangia il chip rimasto, e la polizia inizia a seguirla, finché un agente dei servizi segreti inglesi, l’MI-6, non interviene a salvarla da ulteriori conseguenze in nome del bon-ton politico. L’occidente, infatti, in quel momento ha bisogno dell’appoggio politico dei leader bulgari, e bisogna quindi evitare di metterne in evidenza il carattere ferino.
Molti dei personaggi “inglesi” del film somigliano ad illusionisti di terza categoria, facendo il paio con la fauna variopinta dell’ambasciata bulgara. Sono quasi tutti imbroglioni, come il deputato lord Dean Carver, che mette in contatto Varadin con la sgangherata ditta “Famous connections”, il cui direttore Sibling viene interpretato da Alan Ford, noto tra l’altro per aver recitato in “Snatch” di Guy Ritchie.
Carver ricorda con struggente nostalgia i tempi in cui, promettente e giovane politico, è stato accolto in Bulgaria come un re. “Che tempi! Non tutto era così negativo!”, esclama Carver, ricordando le partite di caccia con la nomenclatura comunista…
Verso la chiusura del film compare anche un maggiore con un intero camion di aiuti umanitari per la Bulgaria: vasi da notte, alcuni addirittura utilizzabili, che tenta di scaricare nel cortile dell’ambasciata bulgara.
“Misija London” descrive in modo esemplare molti dei complessi e degli aspetti della psicologia collettiva bulgara. Nel film i bulgari che vivono a Londra si ubriacano nel ristorante russo “Borsch & Sorrow”, addobbato di matriosche. Nel libro Popov descrive lo scendere le scale del ristorante come una discesa agli inferi, o meglio nella “sezione bulgara” degli inferi, dove i clienti “sembrano bollire nello stesso calderone”.
Popov descrive il film come una commedia, in grado però di toccare temi più profondi, come il complesso delle piccole nazioni rispetto alle grandi, e il modo in cui culture e mondi diversi comunicano e si giudicano. A proposito di complessi, basta guardare il personaggio della first lady Devorina: sempre addobbata da improbabili e vistosi cappelli, si dà da fare per organizzare qua e là concerti in omaggio alla gloriosa e antica storia della Bulgaria, dai quali traspare pienamente un senso di inadeguatezza.
A suo modo “Misija London” è una storia profetica. Scritta molti anni prima del 2008, quando in un’istallazione artistica la Bulgaria sarà rappresentata come un gabinetto alla turca, comincia con la figura del sindaco della cittadina bulgara di Provadija, che fa la reclame a Londra di un gabinetto “creato dagli antichi Bulgari 600 anni prima che questo venisse conosciuto dagli altri europei”.
In uno dei passaggi della storia, la finta regina Elisabetta mostra interesse per le tradizionali calzature contadine bulgare (“cervuli”) esposte all’interno di una mostra allestita nell’ambasciata, le prova e se le porta via. Tutti rimangono favorevolmente stupiti, tranne l’organizzatore della mostra, che chiede piccato “E adesso chi mi ripaga le ciocie?”, per poi rincarare la dose “Nemmeno un paio di ciocie hanno pagato, che siano maledetti”…La scena, però, purtroppo manca dalla versione cinematografica.
Per lo spettatore occidentale “Misija London” è una commedia ben recitata, con molte sviluppi inaspettati e situazioni surreali, supportate da una colonna sonora di qualità. Per quello bulgaro, invece, le risate fino alle lacrime si mescolano ad un sentimento di disillusione, per i sogni ormai infranti della transizione e verso un’élite rivelatasi falsa come la sosia della regina Elisabetta.
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