Miniere di Bor: futuro rumeno
Il bacino minerario di Bor, Serbia orientale, contiene i maggiori giacimenti di rame dell’intera Europa. Ora, dopo un prpocesso lungo e complesso, si è arrivati alla loro privatizzazione. Sono stati acquistati da una compagnia rumena, per 400 milioni di euro. Nostra traduzione
Di M.N. Stevanovic, Danas , 5 marzo 2007
Traduzione in italiano a cura di Osservatorio sui Balcani, selezione a cura di Le Courrier des Balkans
Con la firma del contratto di vendita del bacino minerario di Bor (RTB Bor) e del contratto di trasferimento dei diritti di sfruttamento, si è conclusa una delle privatizzazioni più complesse degli ultimi anni, e questo probabilmente influirà notevolmente sulla situazione sociale, economica e ambientale in particolare della Serbia orientale. La compagnia rumena Cuprom ha risposto all’offerta di vendita proponendo 400 milioni di dollari per l’acquisto della RTB Bor e 226 milioni di euro come programma di investimenti. La Cuprom si è inoltre impegnata a non ridurre, nei prossimi tre anni, il personale che ammonta attualmente a 4000 effettivi, ma in seguito avverrà una restrutturazione e ad ogni persona licenziata verranno corrisposti 400 euro per anno di lavoro.
"Durante la trascorsa fase di restrutturazione della RTB Bor non vi è stato alcun licenziamento. 2500 lavoratori hanno volontariamente accettato di lasciare l’azienda ottenendo, grazie a un piano statale di sostegno sociale, un indennizzo di 200 euro per anno di carriera", ha dichiarato il ministro per l’Energia Radomir Naumov, durante una conferenza stampa organizzata presso la sede del governo serbo, sottolineando che lo stato si è inoltre impegnato ad investire 80 milioni di dollari per il ripristino ambientale dell’area, inquinata a causa dello sfruttamento delle miniere.
Il ministro per l’Economia Predrag Bubalo ha ricordato che oltre a sporadiche sovvenzioni, sino al 2005 nessuna somma era stata investita nelle miniere di Bor, anno in cui è stata presa la decisione di restrutturare l’azienda e privatizzarla.
"Ad un certo punto siamo arrivati ad ipotizzare che servisse pagare qualcuno perché si prendesse in carico le miniere e ricominciasse a lavorare, la Banca Mondiale aveva infatti proposto che le miniere venissero chiuse ritenendo che non vi fosse alcuna prospettiva per un’azienda i cui debiti raggiungevano i 600 milioni, il cui equipaggiamento era obsoleto e che era caratterizzata da un surplus di mano d’opera. Ciononostante abbiamo provveduto a sviluppare un programma di sostegno sociale, abbiamo trasferito i debiti su un conto particolare garantendo la copertura di 2/3 dei crediti, tra i quali anche quelli dovuti allo stato, creditore principale", ha sottolineato Predrag Bubalo, aggiungendo che l’offerta di vendita della RTB Bor era stata resa pubblica proprio quando il prezzo mondiale del rame raggiungeva il suo apice, e questo ha permesso di negoziare un ottimo prezzo di vendita.
Il presidente della compagnia Cuprom, Horia Simu, ha stimato che questa transazione sia stata una delle più importanti nell’intera regione, non solo per il prezzo convenuto, ma anche per le prospettive che aprirà: "Siamo degli investitori seri, e questo è dimostrato dal prezzo che siamo stati pronti a pagare per il bacino di Bor e per gli investimenti che abbiamo programmato. Riteniamo che l’accordo che abbiamo raggiunto garantirà un rapido sviluppo della regione, e abbiamo già un chiaro programma nel campo degli investimenti e della riorganizzazione".
La vendita ha messo fine a una serie di speculazioni sviluppatesi negli ultimi mesi sul destino delle miniere di Bor, iniziate non appena era stata resa pubblica l’offerta di vendita. Speranze in merito ad un accordo positivo erano nate quando, in seguito all’invito di un gruppo di consulenza e prima della pubblicazione delle condizioni di vendita, una ventina di aziende avevano dimostrato il loro interesse per il rame di Bor. Ciononostante solo 5 aziende hanno poi risposto all’appalto di vendita. Dopo una prima selezione la Commissione in carico della privatizzazione aveva escluso il consorzio americano Simon Metallurgic, per incompletezzza della documentazione consegnata, mentre la compagnia cipriota Stralfors Limited (che appartiene al gigante russo Basic Elements del magnate finanziario Oleg Deripaska) ha informato la Commissione che rinunciava alla gara d’appalto a causa del prezzo d’acquisto ritenuto troppo alto.
Sono quindi rimaste in corsa la compagnia Amalko di Cipro che ha offerto 288 millioni di dollari e il consorzio londinese del fondo d’investimenti ORN con l’Ist point cipriota di Zoran Drakulic che ha offerto 340 millioni di dollari. L’offerta della Cuprom era però più alta di 60 milioni di dollari.
Già durante i lavori della Commissione si vociferava che quest’ultima preparasse il terreno per l’acquisto da parte dell’Ist point. Quando il nome del vincitore dell’appalto è stato reso pubblico i media hanno annunciato che le negoziazioni stavano andando per le lunghe speculando su cosa sarebbe accaduto in caso di fallimento.
Qualche giorno prima della firma dell’accordo tra rappresentanti del governo, la direzione della RTB Bor e la Cuprom, il proprieario dell’Ist point ha annunciato che avrebbe denunciato cinque ministri, accusandoli di aver accettato un prezzo di vendita inferiore a quello inizialmente proposto da Cuprom. Secondo Drakulic sarebbero da considerarsi una diminuzione del prezzo gli 80 milioni di euro che lo stato si è impeganto ad investire nel ripristino ambientale e una compensazione che verrà corrisposta per il non poter sfruttare le fonderie, che non opereranon nel corso dei primi due anni a causa dei lavori per la loro restrutturazione.
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