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“Mini-Schengen”: l’entusiasmo della Macedonia del Nord

La Macedonia del Nord ha accolto con entusiasmo l’iniziativa “Mini-Schengen” nei Balcani occidentali, promossa dal presidente serbo Aleksandar Vučić. Ad un’analisi più approfondita, tuttavia, emergono non pochi dubbi e preoccupazioni

12/12/2019, Ilcho Cvetanoski - Skopje

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Dopo il primo incontro di inizio ottobre nella città serba di Novi Sad, nel secondo vertice, tenutosi un mese dopo nella città di Ohrid, in Macedonia del Nord, si sono concretizzate le linee guida sulla cosiddetta "iniziativa Mini-Schengen". Promossa dal presidente serbo Aleksandar Vučić ed energicamente sostenuta dai primi ministri di Macedonia del Nord e Albania, l’iniziativa Mini-Schengen si basa su "quattro libertà": libera circolazione di merci, capitali, servizi e persone.

Il piano d’azione, la cui attuazione è prevista per il 2021, comprende: libera circolazione tra i paesi solo con carte d’identità; servizi di controllo 24 ore su 24, 7 giorni su 7 ai valichi di frontiera e corsia preferenziale per i camion che trasportano merci e prodotti; riconoscimento reciproco di tutti i documenti provenienti da agenzie veterinarie e altre istituzioni amministrative; riconoscimento delle qualifiche professionali e maggiore mobilità di studenti e giovani; riconoscimento automatico dei titoli accademici; rafforzamento della cooperazione di polizia per il contrasto transfrontaliero a criminalità, terrorismo, migrazione clandestina ed emergenze.

Secondo il piano iniziale, tutti e sei i paesi dei Balcani occidentali (WB6) dovrebbero essere inclusi nel progetto. Tuttavia, solo tre hanno mostrato finora chiara approvazione per l’iniziativa, mentre Bosnia Erzegovina, Montenegro e Kosovo non sono in questo momento disposti a partecipare o non hanno una chiara posizione in merito.

Sebbene l’iniziativa sia stata accolta con entusiasmo dalla Skopje istituzionale, un serio dibattito nei media e nell’opinione pubblica deve ancora iniziare, forse a causa del tempismo infelice del primo incontro a Novi Sad, tenutosi il 10 ottobre, quando il pubblico macedone era distratto dalla riluttanza francese sull’avvio dei negoziati di adesione all’UE. Nondimeno, un’iniziativa così seria dovrebbe essere sottoposta ad un’attenta analisi. Finora, il dibattito si è concentrato principalmente sulle implicazioni economiche e politiche dell’iniziativa.

Implicazioni economiche

A sostegno del progetto, i media macedoni diffondono il messaggio di Vučić secondo cui la regione risparmierà 3,5 miliardi di euro aprendo i propri confini per il trasporto di merci. A livello locale, lo scambio commerciale tra la Macedonia del Nord e tutti i paesi dei Balcani occidentali negli ultimi anni è stato di circa 1,1 miliardi di dollari, pari a circa il 10% del flusso totale. Pertanto, c’è ampio margine per un’ulteriore collaborazione economica all’interno della regione.

Da un’analisi a cura della professoressa Elena Milevska-Shtrbevska, della Economic Chamber of Macedonia (ECM), emerge che uno dei maggiori problemi per l’economia è il lento trasporto di merci e servizi attraverso i confini statali. Secondo la Banca mondiale, i camion passano circa 26 milioni di ore l’anno alle frontiere dei Balcani occidentali.

VOA ha pubblicato la testimonianza di un camionista che si lamenta delle lunghe procedure di frontiera nella regione. Se un carico di carne fresca parte di venerdì mattina nei Paesi Bassi, il camion sarà al confine tra Serbia e Macedonia del Nord entro il pomeriggio del giorno successivo. Qui iniziano i problemi. "Che ci crediate o no, il camion rimane al confine in attesa fino a lunedì per la dogana e le relative procedure. In un giorno e mezzo fa 2.400 chilometri attraverso l’UE, e per gli ultimi 200 chilometri deve aspettare altri due giorni e mezzo a causa dei controlli necessari", spiega l’imprenditore Mevmed Dzemailoski.

D’altro canto, dal punto di vista economico, l’iniziativa potrebbe essere problematica perché la Macedonia del Nord non può competere con Serbia e Albania. Secondo la professoressa di economia Jovanka Damoska Sekuloska, si dovrebbe fare molta attenzione a tali iniziative. "Prima di aderire, si dovrebbe lavorare sulla lotta alla corruzione e attuare profonde riforme istituzionali; inoltre, tutti i potenziali paesi Mini-Schengen sono già membri del CEFTA".

La segretaria generale del Regional Cooperating Council Majlinda Bregu sottolinea che "la domanda più difficile rimane: qual è la novità dell’incontro di Ohrid?", poiché tutte e sei le economie della regione sono in procinto di creare lo Spazio economico regionale, introdotto ufficialmente nel 2017. "Controversie bilaterali e approcci divergenti hanno contribuito a rimandare la creazione di un’area economica congiunta. Troppi obblighi derivanti da accordi regionali sono ancora inevasi".

Inoltre, Milevska-Shtrbevska solleva lo stesso dilemma: Mini-Schengen è un’iniziativa parallela al già esistente Accordo centro-europeo di libero scambio (CEFTA)? Dal suo punto di vista, c’è una domanda chiave che ha bisogno di una risposta: esiste un’autentica volontà politica per la piena attuazione del progetto?

Implicazioni politiche

Considerando il tempismo dell’iniziativa, il professor Anastas Gjurovski sottolinea che è evidente che il progetto riguardi principalmente i piani politici e diplomatici di Serbia e Albania, e solo secondariamente l’economia. Inoltre, secondo la stessa logica politica, per la Macedonia del Nord Mini-Schengen è un’occasione per dimostrare all’UE l’impegno nelle politiche di buon vicinato.

Đelal Hođić, attivista in un’ONG, sottolinea in una rubrica sul quotidiano Sloboden Pechat che il progetto Mini-Schengen rimarrà disfunzionale se non tutti i paesi aderiranno. Non c’è sviluppo economico senza democrazia funzionante, sottolinea Hođić, aggiungendo che pace, stabilità e relazioni di buon vicinato sono i presupposti di buone relazioni economiche: "In questo senso, quali sono le relazioni della Serbia con i paesi circostanti?".

Secondo il romanziere ed editorialista montenegrino Andrej Nikolaidis, la Mini-Schengen (o, come lo chiama lui, "il regno di serbi e albanesi") metterà fine all’integrazione europea della regione. "Invece di neutralizzare le due principali minacce alla pace e alla sicurezza della regione, la ‘Grande Serbia’ e ‘l’Albania naturale’, il progetto sosterrà le loro fantasie nazionalistiche a scapito di Bosnia Erzegovina, Montenegro e Macedonia", sostiene Nikolaidis.

Altri esperti, tuttavia, ritengono che l’iniziativa Mini-Schengen non abbia alcun impatto negativo sull’adesione all’UE dei Balcani occidentali e che vada di pari passo con il processo. "Una delle condizioni affinché i paesi candidati e potenziali candidati possano aderire all’UE è stabilire un’efficace cooperazione regionale prima di aderire. Mini-Schengen fa esattamente questo", afferma Srđan Cvijić, Senior Policy Analyst per i Balcani occidentali europei presso l’Open Society European Policy Institute e membro del Balkans in Europe Policy Advisory Group (BiEPAG).

Secondo Florian Bieber, professore all’Università di Graz e membro di BiEPAG, Mini-Schengen è una buona iniziativa ed è "difficile vederci qualcosa di negativo". "La libertà di movimento dovrebbe essere un obiettivo desiderabile, in particolare rendendo i cittadini più liberi dalle frontiere. Tuttavia, non è un’alternativa all’adesione all’UE o legami più stretti con l’UE", afferma Bieber, aggiungendo che la maggior parte dei legami commerciali ed economici non sono interni alla regione, ma con i membri dell’UE, quindi Mini-Schengen non può sostituirli. Entrambi gli esperti sottolineano che Mini-Schengen è essenzialmente "un’iniziativa genuina" e "un segno di maturità e la continuazione dello spirito positivo stabilito a Prespa".

Conclusioni

Per dare una risposta al dilemma principale (Mini-Schengen è una valida iniziativa a lungo termine o solo una manovra politica di breve respiro?), è necessario prendere in considerazione il contesto, la storia, le controversie regionali e il tempismo dell’iniziativa. Nessuna di queste variabili appare rassicurante. Al contrario, il tempismo è perfetto per far fiorire le teorie complottiste. Dato che l’iniziativa è stata promossa proprio quando la Francia ha bloccato le aspirazioni comunitarie di Macedonia del Nord e Albania, vi sono serie argomentazioni a favore della teoria secondo cui la Francia la utilizzerà per spingere per l’adesione collettiva all’UE, il che significa che tutti i paesi WB6 entreranno insieme nell’UE. Nel caso della Macedonia del Nord, ciò è abbastanza problematico alla luce dei compromessi fatti recentemente sulla base della promessa di aprire i negoziati di adesione.

Inoltre, il contesto non è favorevole. Data l’esistenza del CEFTA, un progetto precedente, simile e perfettamente funzionante, perché si dovrebbero impiegare energia e tempo per crearne uno nuovo? Inoltre, alcuni dei vantaggi di Mini-Schengen sono già presenti. Ad esempio, i cittadini macedoni viaggiano in tutti i paesi dei Balcani occidentali solo con la carta d’identità. E considerando le controversie regionali che il principale promotore dell’iniziativa, Vučić, sta alimentando (principalmente con Kosovo e Bosnia Erzegovina) invece di risolverli, è difficile sperare in un risultato positivo.

Anche gli analisti più ottimisti sono piuttosto cauti dato che Vučić sembra stia promuovendo la cooperazione e contemporaneamente minando la stabilità regionale. "Non è possibile allo stesso tempo costruire ponti e aizzare l’opinione pubblica interna contro i vicini, come stanno facendo alcuni leader della regione, ma Mini-Schengen sta generalmente facendo un passo nella giusta direzione, che può essere solo utile per i cittadini dei Balcani", afferma Cvijić.

Il peggio che potrebbe accadere alla Mini-Schengen è di essere inghiottita dal "Regno di serbi e albanesi" di Nikolaidis in un’ottica nazionalista. Ancora peggio sarebbe vedere una buona iniziativa venire promossa dalle persone sbagliate, troppo presto o in costellazioni sbagliate.

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