Miloš Crnjanski: nessuno va dove vuole
A 120 dalla nascita di Miloš Crnjanski, a Belgrado si rinnova l’interesse per la sua opera, mentre in Italia purtroppo è ancora scarsamente tradotto e conosciuto. Lo scrittore Božidar Stanišić ripercorre i ricordi di infanzia e alcuni momenti della vita da adulto trascorsi in compagnia dei libri di uno dei massimi rappresentanti delle letterature slave del XX secolo
Miloš Crnjanski (Csongrád, 1893 – Belgrado, 1977) è con Andrić e Krleža uno dei massimi rappresentanti delle letterature slave del XX secolo. Fu poeta, pubblicista, traduttore, romanziere e autore di drammi teatrali. Dopo la Prima guerra mondiale, studiò a Vienna e a Belgrado. Nel 1928 intraprese la carriera diplomatica soggiornando a Berlino, Lisbona e Roma. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale emigrò a Londra, dove visse fino al 1965, anno del suo ritorno a Belgrado.
Migrazioni (Seobe) pubblicato in due volumi nel 1929 e nel 1962 (Adelphi 1992 e 1998 a cura di Lionello Costantini), è universalmente ritenuto il suo capolavoro, L’opera di Crnjanski, tuttavia, è molto vasta e per lo più sconosciuta in Italia. Il giovane Crnjanski, poeta modernista di Itaca (Lirika Itake), l’autore ribelle dei Racconti al maschile (Priče o muškom) e del Diario di Čarnojević (Dnevnik o Čarnojeviću) è ancora inedito in Italia. Così come tutto da scoprire è l’autore maturo di Dagli Iperborei (Kod Hiperborejaca), il cultore originale dell’arte italiana di Amore in Toscana (Ljubav u Toskani) e del Libro su Michelangelo (Knjiga o Mikelanđelu) e il narratore di Romanzo di Londra (Roman o Londonu).
Celebrando 120 anni della nascita del grande scrittore La Fondazione (Zadužbina) Miloš Crnjanski di Belgrado (dopo lunghi anni di sistemazione in uno sgabuzzino di 12mq si è trasferita in uno nuovo spazio temporaneo di “lusso” da 47mq, in via Dečanska) pubblicherà il quindicesimo libro dell’opera omnia di Crnjanski, rinnoverà le pagine del sito dedicato all’autore e organizzerà un convegno internazionale.
Migrazioni di Miloš Crnjanski
Un libro dalla copertina rigida color ciliegia troppo matura. Un inverno di molto tempo fa. Ero ancora alle elementari. Prendevo quel libro per adulti dalla biblioteca di mio padre, a Visoko. Per me e i miei amici, Migrazioni, aperto, era un tunnel perfetto sopra i binari della ferrovia che correvano sul pavimento.
"Ma proprio Migrazioni!", si arrabbiava mio padre. "Lascia che i bambini giochino!", ci difendeva mia nonna. "Verrà il momento che non potranno più farlo…". Il gelo alle finestre. I ghiaccioli pendono come pugnali dai tetti. Il fuoco scoppietta nella stufa. La locomotiva con i suoi piccoli vagoni attraversa il libro-tunnel.
La poesia Sumatra (1) ed altre opere
Il mio primo incontro con Crnjanski. Incontro ginnasiale, obbligatorio.
Oggi siamo leggeri e garbati,
tranquilli al tocco dei silenzi nevosi
delle cime degli Urali.
Ci rattrista una pallida faccia,
che smarrimmo una sera,
sappiamo che rosso
ruscello in sua vece scorre!
Più di un amore, al mattino, in terra straniera,
l’anima ci avvince,
con la sconfinata pace dei mari azzurri,
da cui rosseggiano grani di corallo,
come rosse ciliegie di terra natale.
Ci svegliamo la notte e sorridiamo caramente,
alla luna con l’arco teso.
E accarezziamo i lontani monti
e i gelati picchi caramente con la mano.
Sorpresa: la nostra professoressa, dopo alcuni inutili tentativi di avvicinarci a Sumatra, ci legge il Commento a Sumatra. Ricordo la battuta di un mio compagno: "Crnjanski, a differenza di tutti gli altri poeti, ha avuto compassione dei suoi lettori, i quali non riuscivano a capire come nella stessa poesia potessero coesistere le cime degli Urali, un ruscello imporporato, ciliegie del luogo natio, grani di corallo abissale e una luna argentea. E qualcuno può davvero accarezzare le colline lontane?". "Tuttavia – sostiene lo spiritoso della classe – il poeta, in seguito, ha coraggiosamente spiegato tutto, informandoci di aver compreso che nessuno va dove vuole. Al mondo perciò tutto è confuso, sebbene tutto sia in relazione. Chi lo desidera può far coesistere nella stessa pagina Urali e coralli!" "Crnjanski – continua lo spiritoso – ha avuto anche momenti di chiarezza. In altre poesie, naturalmente. Allorché, ad esempio, nella poesia dal titolo Racconto, parla dell’amata il cui nome non si può ricordare, ma che ciò nonostante l’autore ricorda essere innocente e sottile e portare una chioma calda come seta nera. Eccitante e precisa, poi, la descrizione di come la sua chioma scenda fra i seni nudi!"
Ridevamo, pazzamente, come solo da ragazzi si può ridere. E come allora mai più.
Il sole primaverile brilla ai vetri delle finestre. La giornata è luminosa e nitida quando discutiamo del romanzo di Crnjanski Il diario di Čarnojević. All’epoca quella strana prosa che inizia con una frase sull’autunno e sulla vita priva di senso mi si presentava come un coacervo di pensieri irrelati e di immagini fugaci, fra le quali spunta anche un personaggio che afferma di essere un «sumatraista».
Poi il professore divento io e ai banchi siedono altri studenti. Mi sforzo per avvicinarli a Sumatra e al suo Commento: ancora risate bonarie. La tonalità erotica di certe sue poesie è sempre apprezzata. Non mi sono di grande aiuto alcuni aneddoti della sua vita che negli anni settanta del secolo scorso, durante i miei studi all’Università di Sarajevo, mi avevano incuriosito. Crnjanski poeta rimpatriato: un tema ancora ricorrente nelle pagine dei nostri giornali. Una sorta di avvertimento ai lettori a non dimenticare che l’autore era un ex fuoriuscito. All’epoca era già uscito Romanzo di Londra, che avevo tentato di leggere fino in fondo varie volte, senza riuscirci. Trovavo poco attraente e quasi improbabile la sorte del personaggio protagonista, un russo di nome Repnin emigrato a Londra, di cui si diceva fosse un principe e che lavorava in una misera bottega di calzolaio.
Crnjanski, l’anno 1992
Nell’agosto del 1992, dopo la mia fuga dalla Bosnia, per una strana serie di circostanze mi sono ritrovato a Trieste. Nella biblioteca di un amico mi sono imbattuto in un libro di Miloš Crnjanski, una vecchia edizione di quando l’autore era esule a Londra. Quasi fosse lì ad aspettarmi… L’ho aperto a caso, in fretta, nervosamente. Le parole che iniziai a leggere mi colpirono: "Un giorno provai tutta l’impotenza della vita umana e il groviglio della nostra sorte. Vedevo che nessuno va dove vuole e osservai legami fino ad allora inosservati…".
Qualche ora dopo, seduto al sole, sul molo Audace, appoggiato alla colonnina su cui è incisa la rosa dei venti adriatici, leggevo. Mi soffermai su Sumatra, credendo confusamente di aver trovato la sua chiave. In un altro paese, straniero, quella poesia mi era stranamente vicina, quasi fosse un essere vivente, e non una serie di caratteri neri su una pagina ingrigita. Il conforto, continuavo a domandarmi, il conforto è la chiave di tutto?
Passai molte mattine e pomeriggi triestini in compagnia di Crnjanski. Allora non sapevo ancora che quel mio spiritoso compagno di classe era finito in Australia, né che molti altri amici di gioventù sarebbero fuggiti in Inghilterra, in Canada, negli Stati Uniti, in Germania, in Danimarca, in Norvegia, in Spagna… Qualcuno si era stabilito perfino in Sudafrica, in Russia, in Indonesia. Su di me e su milioni di altri sembrava incombesse, incisa su una lastra di marmo invisibile, la frase: nessuno va dove vuole.
Crnjanski, il Friuli
Nel novembre dello stesso anno mi trovavo nella regione che Crnjanski, come ricordavo dalle mie letture triestine, descriveva nei suoi Commenti alla raccolta di poesie Itaca (a un certo punto, nella fase discendente della sua vita, Crnjanski aveva voluto rivelare le circostanze in cui avevano preso forma le sue poesie). Vi ero giunto nel tardo autunno con quei pochi libri di Crnjanski. Nel Friuli, Crnjanski, soldato di un impero agonizzante, era di stanza nella primavera dell’ultimo anno della Grande Guerra.
Anch’io, come tutti coloro che non vanno dove vogliono, vi ero stato condotto dal Caso. "Il Caso è un commediante", avrebbe detto il poeta. Tuttavia, alcune sue parole non mi sembrarono per niente comiche quando misi piede nel capoluogo: "Sapevo che lontano, davanti a me, in modo folle e abietto, morivano i reggimenti bosniaci, scendendo verso la città di Udine". Tremai. Si stava morendo di nuovo, ma questa volta in Bosnia. E non solo in modo folle, ma anche vano.
Zugliano, il luogo in cui ancor oggi vivo, non è lontano da San Vito al Tagliamento, dove l’autore aveva scritto Racconto, la poesia che da giovane mi era molto più vicina di Sumatra. Ancor più vicina è la città di Udine, dove, in una libreria militare Crnjanski trovò una traduzione tedesca di Novembre di Flaubert che avrebbe avuto un’influenza decisiva sui temi e sullo stile del suo Diario di Čarnojević. Neppure il villaggio di Nespoledo è lontano. Là, nel cimitero – come se i cimiteri fossero sale di lettura – Crnjanski lesse Novembre. Due anni più tardi, nella prefazione alla prima edizione serba, avrebbe scritto che in quel breve romanzo veniva alla luce un nuovo individuo: tutto il mondo è suo. In lui passato e lontananza scompaiono. Anche ciò che era accaduto molti secoli prima gli appartiene. Il suo dolore è legato a tutte le sofferenze del mondo. Non ha più una patria, e tutti i paesaggi con le loro tetre visioni lo rattristano.
Il romanzo di Londra
E’ passata una quindicina di anni da quando, con pazienza d’asino, avevo incominciato a proporre agli editori italiani le opere di Crnjanski inedite in italiano. Lettere, telefonate, mail, incontri dal vivo, conversazioni varie, mancate risposte. Sinora solo un libro (2). Confesso, ormai mi sento stanco anche per elencare le sue opere agli editori: Amore in Toscana, Libro su Michelangelo, Romanzo di Londra, Dalla terra degli Iperborei, Diario di Carnojevic…E soprattutto parlare ancora del Romanzo di Londra, uno dei più grandi e amari affreschi della letteratura di ogni tempo sull’esperienza dell’esilio.
Alcuni pensano che le sei, settecento pagine del romanzo non siano per gente normale. Il Libro su Michelangelo sarebbe un progetto troppo rischioso: ci sono migliaia di libri sull’artista! In Dalla terra degli Iperborei si parla molto dell’Italia alla vigilia della Seconda guerra mondiale? Certo, può essere che sia una straordinaria opera memorialistica che unisce Roma, il Nord e il mondo slavo. Ma…Ecco, alla fine, taccio.
A tutti, oltre al romanzo Migrazioni e al poema Lamento per Belgrado tradotti in italiano (scritti nel periodo in cui in patria l’autore, grazie al poeta Marko Ristic, comunista doc, viene considerato “poeta morto”) , consiglio soltanto di leggere Crnjanski in francese, soprattutto il Romanzo di Londra, in cui, alla fine di ogni giornata il protagonista di questa opera, Repnin, una volta nobile russo, esce dalla bottega di calzolaio, ma non da quella dei suoi ricordi. Coloro che non riescono a farlo, scrive, non saranno mai in grado di abitare altrove. Repnin attende i suoi ricordi come una pianta il sole e l’acqua. Sa che il ricordo è il solo conforto in grado di aprire i campi luminosi della vita. Li rende raggiungibili: le betulle, gli scoiattoli, la neve del villaggio di Naberežnaja, il cui nome risuona come la vicinanza dei sogni. Questa è la sola felicità, strana e rara, che Repnin prova nella Londra-Leviatano. Oppure leggere Crnjanski in tedesco. E’ recentemente pubblicato Bei den Hiperboren.
Note:
1. Traduzione dal serbo di Sofia Zani, tratto dal suo libro Chiose a certi passi di Miloš Crnjanski, Università di Padova 1992
2. Lamento per Belgrado, poema scritto nel 1956 e pubblicato nel 1962, viene presentato per la prima volta in italiano da Il ponte del sale (Rovigo, 2010), proposto e tradotto da Massimo Rizzante, autore dell’introduzione, con la postfazione di B.S.
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