Media in Serbia: il doppio gioco del governo
L’esecutivo di Aleksandar Vučić pare adottare un doppio standard nel settore dei media: uno rivolto all’UE, con cui promette una nuova legislazione, l’altro rivolto al paese, con uno stretto controllo su testate ed emittenti televisive. Un’analisi
Non credo al caso e so “da dove tutto questo proviene e chi lo organizza”. Così il premier serbo, Aleksandar Vučić, ha commentato la dichiarazione del capo della delegazione dell’Unione europea Michael Davenport che ha riferito di questioni del tutto “spiacevoli e inaccettabili” riguardanti i media serbi. Davenport ha poi aggiunto che elementi delle indagini condotte dagli organi giudiziari filtrerebbero all’opinione pubblica tramite alcuni media e che i "casi” in cui si è fatto un parallelo tra i rappresentanti della società civile e la criminalità sono “una chiara violazione degli standard deontologici dei media”.
La critica di Vučić a Davenport è arrivata durante la trasmissione televisiva Teška reč (Parola pesante) sulla rete TV Pink. Ad interloquire con il premier il redattore del tabloid Informer Dragan Vučičević, giornale spesso oggetto di osservazioni – da parte del settore non governativo e delle associazioni dei media – per violazione della deontologia e per l’abitudine di rivelare elementi secretati di indagini giudiziarie in corso (proprio ciò a cui si riferiva Davenport). Anche TV Pink, negli ultimi mesi, è stata più volte oggetto di comunicati delle associazioni giornalistiche e organizzazioni non governative ed è stata segnalata come un media che non rispetta le regole della professione giornalistica.
Se la scelta del media dove il premier ha commentato l’intervista a Davenport potrebbe anche essere stata casuale, (era ospite il giorno stesso in cui l’intervista è stata pubblicata, ed è quindi logico che l’abbia commentata), il contenuto delle dichiarazioni non lo era di certo. Dalle parole di Vučić si potrebbe concludere che l’ambasciatore dell’UE sia spinto da qualcuno a fare valutazioni negative e che il premier sappia chi lavora dietro le quinte. Detto altrimenti, Vučić crede che il problema, come lo ha presentato Davenport, non esiste e che si tratta solo di un “complotto”.
Grida di allarme sulle minacce ai media provenienti dagli ambienti governativi, sulla tabloidizzazione della scena mediatica e su altri problemi che Davenport ha menzionato, giungono sempre più spesso sia dalle associazioni di categoria che anche da organismi indipendenti di controllo quali l’ombudsman serbo e il commissario per le informazioni di pubblica rilevanza. Questo li rende i potenziali “destinatari” del messaggio del premier “so da dove tutto ciò proviene e chi lo organizza”.
Pressioni
Le modalità con cui il premier serbo ha parlato dei motivi che avrebbero portato l’ambasciatore dell’UE a dare giudizi negativi sullo stato dei media serbi, è conforme all’approccio che il governo adotta nei confronti dei media. I giornalisti e le associazioni parlano di pressioni e sempre maggiore diffusione dell’autocensura, il governo nega ma non fa seguire alle dichiarazioni i fatti. Nel quotidiano è evidente infatti che si stia tentando di controllare i media, a riprova di ciò anche gli ultimi casi di licenziamento di giornalisti di media vicini al governo.
Così è stato per il caporedattore del quotidiano belgradese Večernje novosti, Srđan Škoro: rimosso dall’incarico perché non avrebbe svolto bene il suo lavoro. Ma le associazioni di categoria e un gran numero di giornalisti sono convinti che la rimozione sia conseguenza della sua partecipazione ad una trasmissione della Radio televisione della Serbia (RTS), puntata criticata duramente dal Partito progressista serbo (SNS) del premier Vučić. Le associazioni sono quindi convinte si tratti di un modo per mettere pressione sui media e intimidire i giornalisti.
Perché altrimenti l’SNS avrebbe deciso, proprio in questo caso, di rilasciare un comunicato dove sia il giornalista del Večernje sia la RTS che lo ha ospitato vengono accusati di agire contro il partito e contro Vučić? Lo stato è proprietario di quasi un terzo delle azioni del Večernje novosti e ha la possibilità di influenzare la politica redazionale della RTS, dal momento che il servizio pubblico viene finanziato col budget statale. Quindi il severo comunicato dell’SNS si potrebbe spiegare come un chiaro avvertimento ai “suoi” media e giornalisti di stare molto attenti a ciò che fanno.
In breve, il messaggio indica che le critiche al partito di maggioranza e al governo non sono benaccette. Il messaggio poi è stato corroborato pubblicamente e in modo chiaro con la decisione di rimuovere Škoro. Oltre a questo Vučić in una sua dichiarazione ha precisato che il “timing” scelto per il comunicato dell’SNS era sbagliato, così facendo ha ammesso praticamente di essere d’accordo con il suo contenuto, cioè con l’attacco contro la politica editoriale della RTS. Per media e giornalisti, una dichiarazione come questa in pratica è un “messaggio” ancora più grave che non la rimozione di Škoro.
Resistenze
In parlamento, durante le tre ore di presentazione del nuovo esecutivo, e solo qualche ora dopo il duro attacco dell’SNS alla politica editoriale della RTS, Vučić ha sottolineato che il sistema dei media sarà riformato e che lo stato cesserà di essere proprietario dei media. Quasi contemporaneamente alla decisione di rimuovere Škoro, Vučić in un’intervista per il settimanale “Nedeljnik” ha ribadito di nuovo che lo stato si ritirerà dai media e che molto presto in questo settore saranno adottate leggi europee.
Questi due esempi dimostrano il mix di messaggi “accesi” e “pacati” rivolti ai media e ai giornalisti locali, una sorta di doppio gioco. Il governo sta cercando di far vedere a Bruxelles che nell’organizzazione dei media serbi rispetterà i principi europei, mentre all’opinione pubblica e ai media comunica che la pratica e le norme devono prendere strade diverse, specialmente se i media non mostrano il necessario grado di entusiasmo nel sostenere la politica dell’esecutivo.
La dura posizione che l’SNS ha preso rispetto ai media è diventata ancora più visibile dopo che le si sono opposti pubblicamente alcuni noti giornalisti, come Dragoljub Žarković del settimanale Vreme e la giornalista del popolare talk show “Utisak nedelje” (Impressioni della settimana) Olja Bećković, produzione indipendente trasmessa dalla tv B92 ed una delle trasmissioni politiche più seguite in Serbia. Nei suoi editoriali Žarković ha attaccato fortemente sia Vučić sia il governo, e i suoi articoli sono stati ripresi da altri due affermati settimanali, NIN e Novi magazin.
Gli ambienti governativi probabilmente sono innervositi dai testi pubblicati dai settimanali, ma non si preoccupano più di tanto perché le tirature di questi ultimi sono limitate. Diversa è invece la strenua resistenza messa in atto dalla Bećković, ma un intervento diretto su una trasmissione così seguita come questa potrebbe anche avere conseguenze negative. L’SNS molto probabilmente cercherà di trovare il modo di “ammorbidire” l’approccio della Bećković, ma altre prese di posizione, come quella contro Škoro, è improbabile avvengano.
Privatizzazioni
C’è da aspettarsi che il governo e il parlamento, secondo le richieste che arrivano da Bruxelles, nei prossimi mesi adottino davvero leggi che porteranno all’uscita dello stato dalla proprietà dei media. Il governo serbo pare considerare tale sviluppo inevitabile. Tra l’altro, lo indica anche la già citata intervista a Michael Davenport, tanto che il governo sta rafforzando in modo accelerato la sua influenza sui media privati, e alcuni di questi hanno già risposto in modo positivo.
L’SNS non vuole arrivare infatti impreparato al momento della cessione della proprietà dei quotidiani Večernje novine e Politika dove lo stato ha una parte importante di azioni. Il governo certamente cercherà di fare in modo che chi compra le azioni statali di questi media non siano persone o aziende con le quali l’SNS è in conflitto. Ma, se alla fine della privatizzazione l’influenza dello stato su questi media sarà inferiore ad ora, il vuoto sarà facilmente riempito da TV Pink e altre emittenti tv, così come dai tabloid che hanno enormi tirature e generalmente non prestano attenzione al codice deontologico della professione. La principale leva d’influenza su di loro è il controllo del mercato degli annunci che i governi serbi ormai da anni conducono con successo.
Guardato attraverso questa griglia interpretativa, l’ultimo attacco dell’SNS contro i media e i giornalisti si potrebbe spiegare anche come parte dei preparativi per il nuovo assetto nell’organizzazione dei media in Serbia, grazie alle nuove leggi sui media che verrebbero introdotte. Dopo tali attacchi è chiaro a tutti che il governo ha gli strumenti per “punire i disobbedienti”. Come si porranno e reagiranno media e giornalisti dipenderà dal sostegno che sentono da parte dell’opinione pubblica così come dalla capacità dell’opposizione, ora completamente divisa, di funzionare come meccanismo di controllo del potere.
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