Media in Croazia: ostaggio di una politica maldestra
A distanza di nove anni dall’introduzione della legge sui media in Croazia, le redazioni hanno improvvisamente adottato gli statuti di autoregolamentazione. È avvenuto solo dopo la riduzione dell’Iva concessa dal governo ai gruppi editoriali. Eppure la condizione dei giornalisti croati non è migliorata
(Articolo originariamente pubblicato da H-Alter il 7 ottobre 2014)
Poco più di un anno fa le redazioni della maggior parte dei quotidiani croati hanno improvvisamente adottato gli statuti di autoregolamentazione deontologica, la cui adozione è un requisito necessario in Croazia perché agli editori venga accordata la diminuzione dell’imposta sul valore aggiunto dal 10 al 5 percento. Di fatto, l’adozione dello statuto si è tradotta solo in un beneficio fiscale per i proprietari dei media, senza contribuire al miglioramento della condizione dei giornalisti, poiché le norme statutarie, che sono positive in via teorica, vengono sistematicamente e impunemente violate a causa dell’assenza di controlli. Il risultato è che oggi i giornalisti in Croazia non hanno la possibilità di essere veri giornalisti.
Negli ultimi dieci anni il problema dei media in Croazia, soprattutto dopo la nuova legge adottata nel 2004, è stato determinato dal fatto che lo stato non disponeva dei meccanismi necessari per sanzionare gli organi di stampa che non si erano dotati dello statuto di autoregolamentazione, cioè la maggior parte dei media in Croazia. Adesso il problema è diverso: ora che molti media hanno adottato gli statuti, non si dispone degli strumenti per sanzionarne il mancato rispetto. E’ questa la conclusione che si impone un anno e due mesi dopo che le redazioni della maggior parte dei quotidiani croati hanno improvvisamente adottato gli statuti, ottenendo così la diminuzione dell’IVA.
Nonostante l’adozione degli statuti di autoregolamentazione dei rapporti tra proprietari, editori e redazioni fosse prevista dalla legge sui media del 2004, a causa dell’assenza di sanzioni la stragrande maggioranza dei quotidiani croati ha adottato lo statuto solo a metà dello scorso anno, dopo che il governo guidato da Zoran Milanović ha fornito l’incentivo della riduzione dell’Iva (o come dicono i cinici, ha pagato i media perché finalmente adottassero lo statuto). Secondo le stime della Camera di Commercio croata, lo stato ha consegnato nelle mani di 13 giornali commerciali tra i 30 e i 35 milioni di kune all’anno.
La decisione di diminuire l’imposta sul valore aggiunto è stata inizialmente caldeggiata anche dalle organizzazioni professionali impegnate per i diritti dei giornalisti perché si pensava che con questa mossa lo stato avrebbe stimolato gli editori a mantenere, in un momento difficile per la carta stampata, i posti di lavori dei giornalisti. D’altro canto, i critici di questa decisione hanno sostenuto che il governo non ha fatto altro che beneficiare i maggiori editori alle prese con grandi difficoltà finanziarie, così come già successo nel 2007 quando l’ex Premier Ivo Sanader, oltre a comprare illegalmente alcuni giornali e televisioni locali, approvò una prima diminuzione dell’Iva a vantaggio dei gruppi editoriali.
Lo statuto in teoria, e in pratica
In teoria, gli statuti di autoregolamentazione avrebbero dovuto comportare la democratizzazione nelle redazioni e un maggior peso del voto dei giornalisti e dei redattori, soprattutto in occasione dell’elezione del caporedattore o nel caso di un voto di sfiducia nei confronti di un caporedattore in carica. Inoltre, per quanto diversi da un giornale all’altro, gli statuti avrebbero dovuto introdurre a livello redazionale i codici di etica professionale che avrebbero, sempre in linea di principio, dovuto tutelare l’indipendenza del giornalista, proteggerlo dalle pressioni esterne da parte di inserzionisti e proprietari, e infine permettere ai giornalisti di rifiutare di firmare i propri testi se modificati da successivi interventi redazionali. In poche parole, gli statuti avrebbero consentito ai giornalisti di essere giornalisti per davvero.
Qual è invece la situazione oggi, a distanza di un anno e due mesi dalla diminuzione dell’imposta sul valore aggiunto? “Questa agevolazione fiscale ha giovato esclusivamente ai proprietari dei media, senza produrre alcun risultato positivo per i giornalisti in quanto non ha contribuito né a contrastare la tendenza alla crescente disoccupazione degli operatori dei media e il calo delle retribuzioni, né a limitare le pressioni esercitate sui giornalisti occupati”, così ha riassunto Milan Živković, consulente per le relazioni con i media presso il ministero della Cultura. Secondo Živković, era chiaro sin da subito che l’introduzione dell’autoregolamentazione, parallelamente alla riduzione dell’Iva, non aveva alcun senso in assenza di un’efficace sorveglianza sull’attuazione delle norme che venivano adottate dalle redazioni.
Le conseguenze attuali dell’inesistenza dei controlli sono più che scoraggianti: le norme statutarie vengono pesantemente e ripetutamente violate nella maggior parte delle redazioni e i giornalisti sono quasi sempre inermi, soprattutto per quanto riguarda la nomina del caporedattore, le pressioni dei proprietari dei media, la censura o altre forme di intervento redazionale sui testi. Questo è stato confermato ad H-Alter dai rappresentanti dei giornalisti di quasi tutti i giornali che l’anno scorso hanno ottenuto, adottando gli statuti, le agevolazioni fiscali previste dalla legge.
Il caso di Branko Mijić
Il caso più recente è la destituzione di Branko Mijić dalla carica di caporedattore di Novi List, dove sono state violate diverse norme, a partire dallo statuto della redazione. Mijić è stato destituito perché, tra l’altro, aveva ripetutamente scritto dei problemi del giornale, citando il proprietario Albert Faggian e il consiglio di amministrazione di allora come responsabili delle difficoltà in cui si è trovato il quotidiano di Fiume. “Nelle giustificazioni del licenziamento era evidente il tentativo del datore di lavoro di rispettare lo statuto, ma parte di queste giustificazioni semplicemente non erano conformi allo statuto stesso”, ha spiegato Denis Romac, giornalista di Novi List. Il problema principale risiede nel fatto che, a parte i tribunali, non esistono altri meccanismi legislativi per sanzionare le violazioni delle norme dello statuto, per cui probabilmente l’intera vicenda si concluderà con l’intervento discrezionale del ministro competente, esattamente come nel caso della nomina del caporedattore del Glas Istre, un altro media di proprietà di Faggian.
Nonostante il fatto che uno dei principali motivi dell’introduzione degli statuti sia stata proprio la possibilità, senza precedenti per i giornalisti croati, di decidere insieme al consiglio di amministrazione della nomina del caporedattore, non è stato questo il caso per il quotidiano Glas Istre. La redazione di Glas Istre ha adottatolo statuto nel 2007: tuttavia, i suoi giornalisti in un appello pubblico hanno sostenuto che la riduzione dell’Iva ha implicitamente danneggiato le libertà giornalistiche all’interno del quotidiano e che il proprietario, dopo aver ricattato i giornalisti, ha semplicemente trasferito il vecchio statuto da un’azienda all’altra.
“Abbiamo cercato di influire sul cambiamento dello statuto, rivolgendoci sia al ministero della Cultura sia a quello delle Finanze, ma non abbiamo mai ricevuto risposta, almeno che io sappia. Alla fine ci hanno detto che se non avessimo adottato lo statuto ci avrebbero ridotto lo stipendio perché l’Iva sarebbe aumentata dal 5 a più del 20 per cento. Così lo statuto è stato adottato”, spiega Boris Vincek di Glas Istre.
Vincek è stato recentemente licenziato, insieme ad una trentina di colleghi, dal giornale Glas Istre per le sue attività sindacali. “Il datore di lavoro dirà che la ragione del licenziamento è la pigrizia, invocando la famosa lista dell’(in)efficienza nella quale sono finiti molti giornalisti disobbedienti e inopportuni. Ma non dirà che, guarda caso, ad essere licenziati sono stati principalmente quei giornalisti che hanno espresso pubblicamente opinioni negative sui proprietari dei gruppi editoriali”, enfatizza Vincek. Lo statuto adottato dalla redazione di Glas Istre prevede, ad esempio, che i giornalisti hanno il diritto di partecipare alle decisioni riguardanti il caporedattore, ma che l’editore non è obbligato a rispettare questa norma.
“Negli ultimi quattro anni, la maggior parte dei giornalisti ha rifiutato per ben tre volte di dichiararsi favorevole alla nomina del caporedattore proposto, la prima volta addirittura astenendosi dal voto. Nel 2012 e 2014, quindi dopo la diminuzione dell’imposta sul valore aggiunto, la maggior parte dei giornalisti si è dichiarata esplicitamente contro l’elezione dei caporedattori proposti dal consiglio di amministrazione, i quali tuttavia sono stati eletti. L’attuale statuto, dunque, non ha portato ad alcun beneficio per i giornalisti”, spiega Paulo Gregorović di Glas Istre.
Autoregolamentazione: lettera morta
La situazione è simile anche a Zadarski list, un altro giornale di Faggian, il cui statuto prevede la possibilità che i giornalisti si oppongano, senza effetti, alla nomina del caporedattore. Ad aprile è stato infatti nominato un nuovo caporedattore senza nemmeno prendere in considerazione l’opinione della redazione. A seguito della mancata efficacia dello statuto, la redazione ha recentemente deciso di prendere in mano la situazione e fondare un sindacato di redazione. La decisione è stata motivata anche dal fatto che, proprio nei giorni in cui si speculava sulla possibile acquisizione del giornale da parte dell’oligarca Rene Sinovčić è entrata a far parte della redazione una giornalista impegnata da anni nei media di Sinovčić.
“Siccome abbiamo capito che senza il nostro intervento questa giornalista sarebbe stata nominata caporedattore, un disastro per il giornale, abbiamo deciso di unirci in un sindacato e negoziare con il consiglio di amministrazione il contratto collettivo e le regole per limitare la sua influenza sulle nomine dei redattori. Se lo statuto fosse stato scritto meglio, probabilmente non saremmo arrivati a questo punto”, ha dichiarato uno dei giornalisti di Zadarski list, che ha preferito rimanere anonimo per timore di una possibile ritorsione del proprietario.
Durante la stesura di questo testo, la richiesta di anonimato si è dimostrata, per motivi simili, più una regola che l’eccezione, soprattutto per quanto riguarda i media più grandi come Styria e l’EPH. Richiesta più che comprensibile se si prende in considerazione il fatto che nell’azienda di Ninoslav Pavić [il gruppo editoriale Europress Holding, ndR] sono stati recentemente retrocessi alcuni impiegati che avevano apertamente contestato le ripetute violazioni dello statuto da parte dei proprietari così come della redazione. Come rivelato ad H-Alter dal consiglio di redazione di Jutarnji List, istituito proprio dallo statuto l’anno scorso, in seguito ad importanti cambiamenti della politica redazionale, non concordata dal proprietario con la redazione stessa, la maggior parte dei redattori del giornale si è dimessa. In consiglio redazionale ha cercato più volte, senza successo, di avvertire l’editore e il caporedattore del fatto che la nuova strategia redazionale, assai poco chiara, e la mancata comunicazione all’interno della redazione stava creando dei problemi di funzionamento quotidiano all’interno del giornale.
“Abbiamo anche assistito ad altre violazioni degli standard professionali, come ad esempio le modifiche redazionali che vengono fatte ai testi, spesso completamente contrapposte al contenuto dell’articolo originale”. Ora, dopo l’intervento del consiglio redazionale, il problema è stato risolto solo in parte. Sfortunatamente questo processo ha portato all’umiliazione professionale di alcuni redattori, ma abbiamo deciso di risolvere questi casi all’interno della redazione”, ci hanno riferito dal consiglio redazionale di Jutarnji List.
Nella Styria, un’altra grande azienda mediatica, i sindacalisti e i rappresentanti dell’Associazione dei giornalisti hanno negoziato per dieci anni con i proprietari l’adozione dello statuto, ma senza successi perché questi ultimi non erano propensi ad accettare che i giornalisti potessero avere maggiori poteri. Tuttavia, dopo la decisione di ridurre l’Iva, anche i quotidiani del gruppo Styria hanno adottato all’ultimo momento gli statuti di autoregolazione. Tuttavia, quando un giornalista ha mosso una denuncia in merito alla modifica redazionale di un suo testo avvenuta senza alcuna giustificazione scritta, il redattore competente non ha risposto, nonostante le norme contenute nello statuto.
Una parte dei giornalisti impiegati negli altri media del gruppo Styria non ha neanche mai visionato gli statuti adottati. I giornalisti del quotidiano 24 sata sono stati informati all’ultimo momento del fatto di doversi esprimere sul testo del documento. “Alcuni colleghi hanno detto di non avere la minima idea di cosa ci sia nello statuto”, ha spiegato un giornalista nel libro appena pubblicato “Značaj medijskog integriteta” [L’importanza dell’integrità dei media, ndR]. “Così una collega è andata ad informarsi in segreteria dove le viene detto che non hanno l’autorizzazione a farlo vedere. A questo punto alcuni giornalisti si sono ribellati, ma poiché alcuni colleghi del giornale Poslovni dnevnik, appartenente a 24Sata sono stati licenziati lo stesso giorno, nessuno si è più preoccupato dello statuto, che alla fine è stato adottato a maggioranza anche se tutt’ora nessuno sa cosa comprende né la maggior parte dei giornalisti ha voglia di scoprirlo”, racconta un giornalista nel libro.
La situazione è ancora peggiore per i giornalisti del Poslovni dnevnik, che devono ancora recarsi nella redazione di 24Sata per visionare lo statuto comune. “La maggior parte dei giornalisti non ha neanche visto lo statuto prima che fosse adottato. Oggi ci permettono di visionarlo in segreteria, ma non di prenderlo in mano e analizzarlo”, ci hanno detto delle fonti interne al gruppo Styria.
Oggi i giornalisti in Croazia possono veder tutelati i diritti sanciti negli statuti di autoregolamentazione solo attraverso negoziazioni con le redazioni e gli editori dei media, oppure tramite consigli di arbitrato composti da tre membri eletti dall’editore e dai giornalisti, ma solo se lo statuto redazionale prevede tale opzione. Nel caso non si raggiunga un accordo, l’unica opzione resta la causa giudiziaria, come quella di Branko Mijić, che comporta lunghi processi ma quasi mai una consolazione per i giornalisti i cui diritti sono stati violati.
Questa è una delle molte ragioni per cui la giornalista dello Jutarnji List Slavica Lukić ritiene, come la maggior parte dei giornalisti con cui abbiamo parlato, che sia logico esigere dallo stato il controllo del rispetto delle norme statutarie previste dalla Legge dei media affinché questa non rimanga lettera morta. “Gli statuti erano l’unico obbligo imposto agli editori da parte dello stato, anche se in cambio di un enorme beneficio fiscale. Tuttavia, il governo è stato finora completamente disinteressato ad esercitare il controllo sul rispetto dello statuto, così come negli ultimi dieci anni aveva ignorato la sua mancata attuazione”, ha spiegato Slavica Lukić, aggiungendo che allo stato attuale i consigli redazionali non possono rivolgersi a nessuno in caso di gravi violazioni dello statuto poiché nessuno ne è competente. “L’introduzione dello statuto rappresenta un momento molto importante per il giornalismo croato, ma il problema sta nel fatto che i giornalisti non possono esercitare i propri diritti se manca un controllo sul loro rispetto. Le istituzioni statali devono assumersi la responsabilità per questa situazione”, ha detto Slavica Lukić.
Di questo sono ora consapevoli, almeno così pare, anche al ministero della Cultura, così come dichiarato ad H-Alter da fonti interne, percui l’introduzione della regolamentazione dei media stampati è diventata “indispensabile”. Il ministero competente è ancora indeciso sui modelli da adottare, tra cui l’allargamento dell’ambito di azione dell’Agenzia per i media elettronici, finora impegnata, in teoria, nel controllo del rispetto delle leggi da parte di radio, televisioni e siti web. “Un’altra opzione di regolamentazione potrebbe essere l’istituto dell’ombudsman, secondo l’esempio della Svezia o dell’Olanda: una sorta di ‘difensore mediatico’ a cui i giornalisti in situazioni controverse potranno rivolgersi”, annunciano dal ministero.
Inoltre, come annunciato dagli uffici del governo, l’anno prossimo l’imposta sull’Iva potrebbe essere ridotta anche per i settimanali locali e regionali, finora discriminati rispetto ai quotidiani. Dato che annunci simili circa l’introduzione della regolamentazione della stampa avvengono più di un anno dopo che agli editori sono state concesse importanti agevolazioni fiscali perché adottassero gli statuti, nonostante questi dovessero essere adottati molto tempo prima, si impone la domanda sul perché in quello stesso periodo non è stato stabilito un controllo basilare del rispetto delle norme statutarie?
“Subito dopo l’introduzione dello statuto ho avvertito i funzionari del ministero della necessità di approvare un atto subordinato riguardante l’istituzione di un organo a cui le redazioni avrebbero riferito tutte le informazioni in merito all’attuazione delle norme statutarie. In linea di principio, i rappresentanti delle istituzioni erano d’accordo con questa proposta, senza però far seguire azioni concrete
usando come giustificazione il fatto di non essere certi del fatto che la legge sui media così come quella sull’Iva conferiscano loro questa possibilità. Ma si tratta solo di giri di parole. Ho l’impressione che non vogliano entrare in conflitto con le imprese mediatiche", spiega Slavica Lukić.
Nonostante ritenga che gli statuti siano assolutamente indispensabili per ogni redazioni, anche Igor Mikulić del Glas Slavonije non vede alcun miglioramento concreto dei diritti dei giornalisti dopo la loro adozione. “Non è cambiata in modo significativo la prassi degli editori di impedire ai giornalisti di lavorare secondo coscienza e secondo le regole etiche della professione giornalistica”, enfatizza Mikulić, aggiungendo che oggi i giornalisti si trovano in condizioni difficili e non riescono a mantenere la propria professionalità. “Il marketing e quelli che pagano le pubblicità stanno diventando grandi padroni dello spazio mediatico. In tali circostanze è molto difficile mantenere l’oggettività. I redditi sono bassissimi, e i giornalisti, che nel 90 per cento dei casi hanno un’istruzione universitaria, lavorano per uno stipendio più basso rispetto a quello delle persone con un’istruzione inferiore”, ribadisce Mikulić.
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