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Tag: Minoranze

Area: Bulgaria

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Massive Attack

Il movimento nazionalista Ataka, nato a maggio, è diventato la quarta forza politica della Bulgaria alle elezioni del 25 giugno scorso. L’ascesa del nazionalismo nel Paese è il risultato di problemi a lungo ignorati, che oggi possono mettere a rischio le relazioni interetniche

21/07/2005, Redazione -

Massive-Attack

Di Yana Buhrer Tavanier, per Transitions Online, 8 luglio 2005
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Francesco Martino

SOFIA, Bulgaria – Simeon è seduto su una sedia in legno nel suo cortile; la sedia è vecchia e rotta, il cortile non più grande di cinque metri quadrati. Non ci sono né erba, né alberi, né uccelli, ma soltanto polvere. Simeon è a piedi scalzi, fa caldo, e la sua camicia, sbottonata sul petto, è madida di sudore. I suoi occhi scuri guadano in direzione della sua casa.

La casa è senza porta, dentro si scorgono bambini che giacciono sul letto, qualcuno dorme per terra. Una donna lo scruta da dietro una finestra rotta e polverosa, sguardi pieni di rabbia.

"La gente qui non ama i giornalisti", sospira Simeon, "ma non c’è altro modo per far sentire la nostra voce". Simeon potrebbe avere dai 20 ai 35 anni, ma se è difficile definire la sua età, è facile indovinare altri aspetti della sua vita: è povero, di una povertà oltre ogni immaginazione, analfabeta e senza grosse speranze per il futuro. Di fatto è come ogni altro Rom che vive in questo ghetto, ad appena dieci minuti di macchina dal centro di Sofia.

"Abbiamo paura", continua a ripetere Simeon. "Qualcuno ha una radio in casa, si ascolta con attenzione e poi ci riuniamo tutti per commentare le ultime notizie. Lo sapeva che Ataka vuole trasformarci tutti in sapone? Questo è quello che gridano i loro elettori, facciamo sapone con gli zingari!"

Soap-opera alle urne

L’Ataka di cui parla Simeon è un nuovo movimento politico, il cui ottimo risultato elettorale nelle consultazioni politiche del 25 giugno sembra aver preso tutti di sorpresa.

E, a dirla tutta, in queste elezioni ci sono stati più colpi di scena che in una soap-opera sudamericana.

Innanzitutto l’ affluenza alle urne – intorno al 55 percento – la più bassa nelle elezioni tenute in Bulgaria dalla fine del regime comunista, e questo nonostante la "lotteria dell’elettore", che ha dato la possibilità di vincere macchine, televisioni e telefonini a chi si è recato a votare.

Poi l’ingresso in parlamento di ben sette partiti, un vero record per il paese.

In molti pronosticavano una larga vittoria del partito socialista (BSP), con un risultato vicino al 40 percento. Questo, però, non è successo, e nonostante la Coalizione per la Bulgaria, guidata dal BSP, abbia raccolto il 31 percento dei consensi, il partito si trova oggi nella difficile posizione di avere una maggioranza relativa in parlamento, ma di essere ancora incapace di esprimere una coalizione di governo.

Al momento i socialisti stanno intavolando discussioni con la seconda e terza forza politica del paese, rispettivamente il Movimento Simeone II (NDSV) dell’ex monarca Simeon Saxecoburggotski, e il Movimento per i Diritti e la Libertà (DPS), espressione della minoranza turca.

Il DPS, che fino ad oggi ha partecipato ad ogni governo dalla fine del regime, ha già manifestato il suo interesse ad entrare in quello che va ora delineandosi. Ma siccome l’alleanza BSP-DPS non è comunque sufficiente a garantire una maggioranza, e l’ingresso nel governo dei tre partiti orientati a destra sembra da escludere, tutti gli occhi sono ora puntati sull’ex premier Saxecoburggotski, che di certo non vorrà cedere facilmente la poltrona a Sergej Stanishev, leader del BSP.

Di conseguenza uno dei due temi politici oggi più discussi in Bulgaria è "chi sarà il nuovo primo ministro, e a che prezzo".

L’altro, invece, è la novità di queste elezioni, il movimento Ataka.

Questa coalizione nazionalista è nata a maggio, e meno di due mesi dopo ha collezionato più dell’8 percento dei voti, diventando il quarto gruppo in parlamento. Un movimento di questo tipo rappresenta una novità per la Bulgaria, dove, dalla fine del comunismo, Bulgari, Turchi e Rom non hanno conosciuto le tensioni interetniche che hanno provocato guerre sanguinarie in altri paesi dei Balcani. Analisti politici, giornalisti, sociologi, tutti hanno individuato nel successo di Ataka la principale sorpresa di queste elezioni.

In molti hanno archiviato il supporto di circa 400.000 elettori definendolo un "voto di protesta". Ma non è tutto qui.

Heil Siderov!

Kiril e Andrej rispondono alla domanda con un sorriso. "Certo che andremo a votare. E voteremo per Ataka".

Mancano dieci giorni alle elezioni, sediamo in una strada assolata di Veliko Tarnovo, città della Bulgaria centrale. Kiril e Andrej ci dicono che tutti i loro amici andranno a votare per Ataka, "E sa il perché?", mi dice Kiril, vent’anni appena compiuti, "A causa di una minoranza che ci mette davvero i bastoni fra le ruote. Rubano, ammazzano, sono pigri e puzzano. E’ loro la colpa più grande se non si fanno passi avanti in questo paese. E solo Volen Siderov sa come metterli al loro posto".

Volen Siderov è il leader della coalizione Ataka, che include il Movimento Nazionale per la Salvezza della Patria, il Partito Nazional-Patriottico Bulgaro, il circolo politico Zora (Alba) e un gruppo noto come Difesa – Unione Patriottica della Riserva Militare.

A uno sguardo più attento si nota come molti dei suoi deputati, che siederanno nel prossimo parlamento, sono ex membri delle forze di sicurezza, alcuni dei quali con connessioni col vecchio apparato di regime.

Cinquant’ anni, capelli bianchi, Siderov, è un giornalista con alle spalle una lunga carriera. E’ stato caporedattore di Demokracia , quotidiano legato alla destra moderata dell’Unione delle Forze Democratiche (SDS), poi vice direttore del quotidiano Monitor, dal quale è stato in seguito licenziato.

Attualmente conduce un programma televisivo che si chiama proprio Ataka, in onda su SKAT TV, un canale locale via cavo. Ataka è stata l’arma più potente della coalizione nazionalista durante la campagna elettorale: mentre gli altri partiti spendevano grandi somme in pubblicità, Siderov era in onda. Suoi cavalli di battaglia: Bulgaria fuori dalla Nato, fine delle relazioni con Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale, revisione dell’accordo "anti-bulgaro" con l’Ue sulla chiusura dei due reattori della centrale nucleare di Kozloduj. Siderov ha accusato il governo di aver contratto accordi di privatizzazione "criminali", ed ha affermato che non si dovrebbe vendere la terra bulgara agli stranieri. Nel suo programma ha urlato slogan come "fermare il terrore zingaro sui Bulgari", "via la lingua turca dai programmi della tv di stato" e "restituiamo la Bulgaria ai Bulgari", che è divento il refrain della campagna elettorale.

Ma non è tutto. Siderov è l’autore di numerose pubblicazioni, tra cui Il Boomerang del Male e Bulgarofobia. Nel 2002, un report di Human Rights Without Frontiers International, organizzazione che monitora questioni religiose, accusava l’autore di xenofobia e antisemitismo. Nel Boomerang del Male, scrive il report, la responsabilità di tutte le ingiustizie del mondo è fatta ricadere sulle spalle degli ebrei, mentre in Bulgarofobia chiunque difenda i diritti umani di Rom, gay e altri gruppi marginalizzati in Bulgaria è accusato di complotto. In un suo articolo sulla "discriminazione razziale contro i Bulgari", Siderov parla di un "genocidio sistematico" in atto contro i Bulgari. "Tutte le minoranze" continua l’articolo, "sono invece sempre più protette da potenti strutture finanziarie che dall’estero puntano a dividere la Bulgaria".

Ciò nonostante, Siderov perde le staffe se qualcuno lo chiama razzista o fascista. Afferma di non essere contro i Rom, ma di voler mettere fine all’eccessiva tolleranza nei loro confronti, motivo per il quale ha proposto la creazione di campi di lavoro per criminali Rom. Ha invitato poi gli appartenenti alla minoranza turca a mutare i propri nomi in nomi bulgari, visto che in Bulgaria ci dovrebbero essere soltanto Bulgari.

Dopo le elezioni, sul forum del sito web di Ataka (www.atakabg.com) è stata pubblicata una lista con i nomi di 1.500 ebrei bulgari, sotto il titolo "Non siamo forse tolleranti?". Le prime parole sono "Infettati dalla peste e da una pericolosa razza che avrebbe dovuto essere eliminata sin dal giorno in cui è venuta alla luce". Ataka sostiene che il post è una provocazione fatta da qualcuno di esterno per mettere il movimento in cattiva luce. Ma se da un lato prendeva le distanze, dall’altro l’home page del sito continuava ad ospitare una mappa della Bulgaria coperta dalle bandiere di Israele e Turchia, sovrastate dalla scritta "For Sale".

"Non siamo fascisti"

"Le sembro una fascista?" Elka è una donna minuta, capelli chiari e occhi azzurri. Vive a Zaharna Fabrika, un sobborgo di Sofia, ed è a capo del comitato che vuole mandare via i numerosi Rom che vivono qui. Due mesi fa un professore universitario è rimasto ucciso in una rissa scoppiata tra Bulgari e Rom, "e questo è il quarto episodio di questa gravità". Elka è la proprietaria di un piccolo caffè, e sostiene di aver aiutato spesso molte famiglie Rom, "con una pagnotta o due di pane, un pacchetto di zucchero, fagioli… Ma non ce la faccio più. Sono stata aggredita così tante volte… Molti dei miei amici e familiari sono stati picchiati e derubati. Tutto questo deve finire. Adesso".

Entra nel bar, prende una spessa cartella, la apre e inizia a sfogliarla in cerca di qualcosa. Nel frattempo Volen Siderov ci guarda accigliato da un poster attaccato al muro. Quando torna porta una lista dal titolo "vittime del terrore Rom", due pagine piene di nomi. "I primi della lista sono i morti", sussurra quasi.

Gli osservatori sostengono che alla base del successo di Ataka potrebbero esserci i recenti incidenti tra Bulgari e Rom, e l’incontro con Elka sembra sostenere questa tesi. "Certo che ho votato per Ataka. Tutti qui l’hanno fatto. Nessun altro ci capisce. L’unico che è venuto a trovarci e ci ha invitato a discutere dopo gli incidenti è stato Volen Siderov. E tutti dovrebbero capire che non siamo fascisti. Vogliamo semplicemente giustizia. La maggior parte degli zingari del quartiere vive qui illegalmente, le loro case sono abusive. Per questo devono andarsene. Credo che dovrebbero andare tutti in campi di lavoro. Questa nazione appartiene a chi paga le tasse; abbiamo doveri, e quindi diritti. Gli zingari non rispondono ai loro doveri, e quindi non hanno diritti. Ho ragione?". E la domanda di Elka non ammette risposta.

In Bulgaria ci sono dai 600.000 al milione di Rom su una popolazione totale di meno di otto milioni di persone. E i Rom in Bulgaria fanno i conti con la segregazione nel sistema scolastico e la discriminazione per il lavoro e gli alloggi. La disoccupazione in questa comunità varia dal 60 al 90 percento a seconda della regione. Questi fattori aiutano a spiegare un più alto tasso di criminalità tra i Rom, ma molti Bulgari rifiutano di vedere le cause sociali del problema e i Rom rimangono un facile capro espiatorio per i mali della società.

L’ascesa del nazionalismo in Bulgaria è la triste conseguenza di problemi ignorati troppo a lungo.

Ma ci sono altri fattori che spiegano questo fenomeno. Gli studiosi dicono che ha votato Ataka soprattutto chi si è sentito escluso dalla trasformazione della società in economia di mercato. Più del 30 percento dei voti di Ataka vengono da chi nelle precedenti elezioni aveva votato NDSV. Come Krustjo, 36 anni, che è rimasto deluso dal governo Saxecoburggotski ed era in cerca di qualcosa di nuovo, probabilmente un sentimento comune alla maggior parte degli elettori del movimento.

C’è poi il nocciolo duro. Emil sostiene di aver votato Ataka perché non vuole che i Turchi comandino ancora in Bulgaria. E’ da questo nocciolo duro, a quanto si dice, che sarebbe venuto l’appello di "fare il sapone con gli zingari".

Due scenari per Ataka

Tutti i partiti hanno espresso il loro disappunto per l’ingresso dei nazionalisti radicali in parlamento, escludendo ogni possibilità di collaborazione. Cinquanta associazioni della società civile bulgara hanno scritto una lettera aperta al presidente, alle istituzioni governative, ai partiti e ai neo-eletti per esprimere la propria preoccupazione.

Anche la comunità internazionale è rimasta sconcertata. L’ambasciatore USA in Bulgaria, James Pardew, ha detto che "la retorica di Ataka mi riporta alla mente l’atmosfera degli anni novanta in Bosnia". Els de Groen, un membro olandese del parlamento europeo, ha affermato che il sentimento anti-Rom espresso da molti partiti durante la campagna è inaccettabile. "Fatti di questo tipo violano palesemente la risoluzione del parlamento europeo, che parla dettagliatamente di un’azione volta a rafforzare la rappresentanza politica dei Rom in Europa e negli stati candidati".

Due sono gli scenari che sembrano delinearsi per il futuro politico di Ataka. Il primo vede il partito scomparire velocemente dal centro del palcoscenico politico nell’oscurità. In questa prospettiva, gli altri partiti potrebbero far proprie alcune strategie retoriche di Ataka riguardo ai problemi sociali, ma ci sarebbe un deciso rifiuto delle soluzioni proposte dal movimento. Nel secondo scenario, ben più preoccupante, i maggiori partiti provano ad ottenere il supporto del movimento di Siderov, in un modo o nell’altro, assorbendo così alcune delle idee di Ataka.

Simeon si alza dalla sedia rotta nel suo cortile e muove due passi, quanto basta perché una nuvoletta di polvere si alzi e ricada poi sui suoi piedi scalzi. "Si guardi intorno", dice, sollevando le braccia fino quasi a toccare il tetto della sua casa fatiscente. "Non cambierà mai. Siamo poveri perché siamo ignoranti, e siamo ignoranti perché siamo poveri. Io non ho i soldi per comprare le scarpe ai miei figli, come potrei mandarli a scuola? Non un solo governo si è preso cura di noi, ma le dirò che anche noi siamo colpevoli. Qui c’è gente che ha venduto il voto per 10 o 15 leva (5 o 7 euro). Anche se muori di fame non dovresti fare una cosa del genere. Abbiamo un partito rom, e dovremmo sostenerlo con tutte le nostre forze".

Gli exit poll indicano che circa 12.000 Rom hanno votato per Ataka. Forse il loro voto l’hanno davvero venduto.

*Yana Buhrer Tavanier è redattrice del settimanale Kapital

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