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Mar Caspio: l’accordo dei paesi rivieraschi

Dopo colloqui durati più di vent’anni, nell’agosto scorso è stato firmato l’accordo tra i cinque paesi che si affacciano sul bacino del Caspio per definirne lo status giuridico. Ecco cosa stabilisce

16/10/2018, Marilisa Lorusso -

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Il 12 agosto di quest’anno dopo più di vent’anni di incontri e mediazioni diplomatiche Russia, Azerbaijan, Iran, Turkmenistan e Kazakistan hanno firmato la Convenzione sullo status del Caspio nella città kazaka di Aqtau.

Ed ora è ufficiale: il Mar Caspio è un mare. Un’informazione che può apparire banale, ma non lo è se si pensa alla lunghissima negoziazione fra i cinque paesi rivieraschi per definirne lo status, che sarebbe potuto essere anche quello di lago.

La Convenzione è stata elaborata da un gruppo di lavoro che a fine giugno l’ha mandata nella sua stesura finale ai capi di stato o governo, passaggio cui è seguita la firma ufficiale. L’accordo definisce lo status del Mar Caspio ma lascia ancora aperte alcune questioni sull’utilizzo delle risorse del medesimo su cui i cinque paesi continueranno a confrontarsi e a negoziare, così come sui protocolli applicativi della Convenzione stessa.

Il contenuto della Convenzione

La Convenzione consta di 24 articoli che passano dalla definizione geografica e terminologica delle acque, del fondale, del sottosuolo, della superficie e dello spazio aereo del Caspio, per poi passare allo stato giuridico e ai diritti dei paesi rivieraschi.

Si fissano le dimensioni del bacino del Caspio in base ad una misurazione del ministero della Difesa della Federazione Russa della metà degli anni ’90. Si chiarisce che entro lo spazio geografico del Caspio gli stati rivieraschi esercitano esclusiva sovranità. Questo viene ribadito all’articolo 3, relativo alle attività militari: le uniche forze militari che hanno accesso al bacino sono quelle degli stati membri, e i rivieraschi s’impegnano a non rendere il proprio territorio nazionale disponibile ad eserciti terzi che si muovano contro uno degli altri segnatari. Il presidente iraniano Rouhani ha richiamato con soddisfazione questo punto dopo la firma, ma ha anche ricordato che questo punto dovrebbe applicarsi anche al solo trasporto di materiale bellico operato da terzi in accordo con uno dei segnatari, riferendosi probabilmente all’utilizzo da parte statunitense dei porti di Azerbaijan e Kazakhstan.

Il Caspio sarà inoltre navigato solo da navi battenti bandiera di uno dei rivieraschi. Attraverso il sistema fluviale e di canalizzazione costruito in periodo sovietico infatti attraverso le acque russe dal Caspio si può giungere nel Mar Nero, e quindi poi via Mediterraneo all’oceano. I diritti esclusivi russi sulla regolamentazione del transito erano stati oggetto di discussioni intense. La Russia rimane per ovvie ragioni geografiche – il collegamento tra Mar Caspio e Mar Nero vi è solo su territorio russo – l’unico paese che può garantire il transito e s’impegna attraverso la Convenzione a garantirlo. Anche il diritto di sorvolo si atterrà alle regole internazionali. Nulla di veramente inatteso per quest’ultimo punto, ma la Convenzione – come è spesso il caso per le convenzioni – serve anche a mettere nero su bianco prassi implicite.

La delimitazione delle acque è uno dei punti che è costato più fatica ai negoziatori. Si stabilisce che le acque territoriali si estenderanno per 15 miglia marine (22 km) dalla costa. La delimitazione dei fondali invece non è riportata nella Convenzione con la medesima chiarezza, ed è evidente che non sia stato possibile appianare questa questione prima della firma.

È chiaro inoltre che i diritti esclusivi si esercitano anche su isole e isolotti anche artificiali che si trovino nei settori esclusivi dei singoli stati. Se queste fossero create o dichiarate aree di sicurezza speciale, lo stato deve informarne gli altri rivieraschi.

Dalla pesca agli oleodotti

Oltre le acque territoriali si estende la zona di pesca esclusiva, fissata in 10 miglia marine. Gli stati si impegnano a cooperare per la tutela ambientale del Mar Caspio, anche se la Convenzione non precisa in che modo. La Convenzione parla di quote di pesca che vanno concordate ed eventualmente compensate tramite azioni concordate bilateralmente. Anche la pesca nelle acque comuni dovrà essere concordata successivamente.

La Convenzione fissa poi i termini di navigazione delle flotte mercantili, passeggeri e militari dei rivieraschi nelle acque comuni e nelle aree di competenze rispettive, ispirandosi ai principi di cooperazione, trasparenza e rispetto delle rispettive sovranità. I sottomarini hanno l’obbligo di emergere nel transito nelle acque comuni e la nazionalità deve essere riconoscibile.

I rivieraschi si impegnano a non minare la pace dei vicini in nessun modo, incluse le azioni di propaganda.

La Convenzione poi stabilisce tutta una serie di misure legate alla sicurezza e alla ricerca scientifica. Alla spinosa questione dei gasdotti e oleodotti è dedicato l’articolo 14, che sancisce il diritto degli stati rivieraschi alla posa di tubature all’interno dell’intero bacino, che dovrà però essere concordata con i paesi direttamente coinvolti che possono opporsi se subiscono pesanti ripercussioni ambientali. Incassano quindi un successo Azerbaijan, Turkmenistan e Kazakistan che avevano molto premuto su questo punto, ma è un successo zoppo, perché in assenza di precisi parametri di sostenibilità ambientale non è chiaro quanto questo diritto potrà essere liberamente esercitato. Gli stati rivieraschi potranno impugnare i progetti di posa proposti da uno o più stati che si affacciano sul bacino in virtù di loro studi o contro-relazioni sull’impatto ambientale, il che apre la questione di quanto il fattore ambientale verrà utilizzato per impedire nuove rotte nel trasporto di idrocarburi.

Una pietra, ma non tombale

Quella dell’ecologia è certo una questione che richiederà ulteriore lavoro. Rimane poco definita la questione dell’impatto delle attività umane sulla condizione del bacino, e i firmatari non ne fanno segreto.

Nell’insieme la Convenzione è un documento importante di cui ogni parte celebra davanti alle telecamere selettivamente le parti che aveva promosso più attivamente. Così se il presidente russo sottolinea che si porta avanti una politica concordata e rafforzata contro il terrorismo (il capitolo sulla sicurezza, e un articolo dedicato, il 17), i presidenti azero e kazako Aliyev e Nazabaev danno visibilità alle possibilità azero-kazake di collaborazioni, dagli idrocarburi all’incremento dei traffici marini. Al di là dei proclama permangono però i limiti di un accordo nato per essere più ambizioso di quello emerso nella sua stesura finale.

La Convenzione è una pietra importate per stabilizzare e sviluppare l’area del Caspio, forse anche del Mediterraneo allargato, ma non è certo la pietra tombale del ginepraio di questioni irrisolte in un’area che dopo decadi dalla fine dell’URSS deve ancora trovare una propria dimensione di integrazione regionale.

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