Macedonia: torna la violenza
Lo scorso 7 novembre in un’operazione della polizia macedone al confine con il Kosovo sono rimaste uccise 6 persone. Smantellato un gruppo di persone armate che si presume fossero pronte a creare tensioni nella regione. L’articolo del nostro corrispondente
Sei persone uccise e 13 arrestati a seguito di un’azione delle forze speciali della polizia macedoni nel villaggio di Brodec, nella regione di Tetovo, lo scorso 7 novembre.
L’operazione, nome in codice "Mountain Storm", è stata portata a termine nelle prime ore del mattino ed è arrivata inaspettata. E’ stata comunque preceduta da sempre più ricorrenti accenni dei media macedoni a movimenti di gruppi armati nella regione.
Il leader presunto del gruppo sgominato, Lirim Jakupi, conosciuto con il soprannome "Nazi", è riuscito a scappare o non era nel villaggio al momento dell’operazione. Continua ad essere latitante. Molte altre persone sarebbero in fuga.
Jakupi riuscì ad evadere dalla prigione "Dubrava" in Kosovo, alcuni mesi fa, in una serie di fughe dai penitenziari, sia macedoni che della regione amministrata dall’Unmik, che sembravano coordinate.
Tutte le persone che sono decedute negli scontri o sono state arrestate, secondo la polizia macedone, hanno lunghe fedine penali e molti sono ricercati anche all’estero. Tra loro Fatos Aliu, rimasto ucciso, ricercato per l’omicidio di un parlamentare in Albania; Ramadan Shiti, anche lui rimasto ucciso, ricercato per l’uccisione di un tassista in Macedonia. Anche lui evaso da un carcere qualche anno fa.
Dodici dei tredici arrestati sono originari del villaggio di Brodec e uno è di Tetovo. Il gruppo aveva scavato trincee tutt’attorno all’abitato ed era organizzato per opporre resistenza nel caso di un attacco.
La polizia ha inoltre sequestrato un numero ingente di armi. Secondo gli esperti, sarebbero bastate ad equipaggiare un intero battaglione di 600 uomini, sufficiente per occupare un’intera città. Secondo alcuni questa sarebbe stata la loro intenzione.
"E’ il più alto numero di armi mai sequestrato in Macedonia", ha dichiarato Gordana Jankulovska, ministro degli Interni, "vi sono vari pezzi di artiglieria, granate, lanciamissili …. abbiamo inoltre sequestrato manuali d’addestramento militare, il che dimostra che si stavano preparando".
Due case di Brodec sono state completamente distrutte negli scontri e la moschea del villaggio è stata parzialmente danneggiata. Tracce di sangue potevano essere scorse per le strade del villaggio anche il giorno successivo agli scontri, quando è stato permesso ai giornalisti di farvi visita. Numerose macchine sono state distrutte dai blindati della polizia diretti a Brodec nel villaggio vicino di Shipkovica. Proprio quest’ultimo era il quartier generale dell’UCK di Ali Ahmeti durante il conflitto del 2001 in Macedonia.
I tredici arrestati sono accusati di terrorismo, assieme a loro sarebbero molti altri i sospettati per lo stesso crimine. Alcuni degli arrestati sono ora in ospedale, alcuni con ferite gravi derivate dallo scontro a fuoco.
Le reazioni ovunque in Macedonia sono state a favore dell’operazione di polizia.
"E’ stata condotta in modo professionale e l’obiettivo era di far rispettare la legge sull’intero territorio nazionale", ha dichiarato il primo ministro Nikola Gruevski.
"L’azione è stata coordinata con la KFOR e la polizia del Kosovo e l’obiettivo era quello di eliminare un gruppo criminale che si era trasferito dal Kosovo con l’obiettivo di provocare tensioni. Ma di fatto hanno provocato tensioni nelle case degli albanesi del posto", ha affermato il portavoce del Partito democratico degli albanesi (DPA), parte della coalizione governativa.
Il partito albanese all’opposizione, l’Unione democratica per l’integrazione di Ali Ahmeti (DUI), ha espresso preoccupazione per l’uso eccessivo della forza ed ha condannato gli arresti fatti a Skopje che hanno preceduto l’operazione di Brodec. Secondo la polizia, gli arrestati a Skopje, alcuni dei quali ex combattenti dell’UCK, fornivano supporto logistico al gruppo di Brodec.
Secondo i Socialdemocratici, attualmente all’opposizione, l’azione era necessaria. "Ha confermato comunque che non si trattava di un gruppo di trafficanti come qualcuno ha affermato in parlamento, ma un gruppo con un’agenda politica ben definita, e che rappresentava una vera e propria minaccia alla sicurezza della Macedonia", ha affermato Radmila Shekerinska, leader dei Socialdemocratici.
Due poliziotti macedoni sono stati uccisi negli ultimi mesi nelle aree di confine con il Kosovo. Nell’incidente più recente, avvenuto due settimane fa, ha perso la vita un poliziotto di 24 anni e due suoi colleghi sono rimasti feriti. Stavano regolarmente pattugliando il confine quando contro di loro sono stati sparati colpi d’arma da fuoco. Le autorità addebitarono l’accaduto ai contrabbandieri. Un tentativo di abbassare la tensione, commentarono gli esperti.
Da parte della Tirana ufficiale è arrivata subito la condanna contro ogni tentativo di destabilizzare la Macedonia, ma anche il monito alle autorità macedoni a non usare la violenza contro i civili. La condanna nei confronti del gruppo militare è arrivata anche da parte di alcuni partiti politici in Kosovo.
"Siamo stati informati dell’operazione e quello che ci ha colpito è che è stata portata a termine da forze di polizia multietniche, e questo lo riteniamo estremamente importante", ha dichiarato Victoria Nuland, ambasciatrice Usa presso la Nato, che per caso era in visita in Macedonia proprio in quei giorni.
Il Commissario europeo all’allargamento, Olli Rehn, ha affermato che Bruxelles non ritiene che quanto accaduto sia collegato al processo sullo status in Kosovo. "Spero che nessuno utilizzi quanto avvenuto come scusa per causare insatbilità nella regione", ha affermato Rehn.
La polizia serba ha aumentato i controlli nel sud della Serbia nella regione di Presevo, Medvedja e Bujanovac, dove abita un’ampia comunità albanese. Secondo molti commentatori albanesi l’aumento della tensione non fa che danneggiare le prospettive di indipendenza per il Kosovo.
Gafur Adili, leader dell’ANA (Albanian National Army) ha negato qualsiasi connessione con il gruppo di Jakupi affermando che la Macedonia è l’ultimo posto dove sia necessario combattere.
I residenti locali invece sono stati strumentalizzati per motivi politici. Secondo i membri del DPA sarebbero stati aggrediti dal gruppo armato; il DUI afferma invece l’esatto contrario. Alcuni di loro sono semplicemente molto confusi. "Tutti arrivano e costituiscono il loro esercito. Non so chi siano, e come si chiamano", ha affermato un anziano di Brodec ai giornalisti.
Secondo alcuni esperti di sicurezza il gruppo smantellato nell’operazione di polizia non aveva una chiara piattaforma politica. "Erano chiaramente persone addestrate, con esperienze dirette nei conflitti precedenti, e che data la tensione nell’area erano pronti a fornire i propri servizi a chiunque pagasse", ha sottolineato la professoressa Biljana Vankovska, esperta di sicurezza. "Probabilmente mercenari", il commento di un altro esperto, Blagoja Markovski.
Ieri il DUI ha chiesto al parlamento macedone di programmare una sessione sull’operazione di polizia. La mozione è stata bocciata da una larga maggioranza.
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