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Macedonia: no-global in sordina

Gruppi volatili, poco strutturati, che fanno sentire la propria voce soprattutto in occasione di eventi che scioccano l’intera opinione pubblica mondiale. Uno sguardo ancora "embrionale" sulle dinamiche globali

30/08/2004, Risto Karajkov - Skopje

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Non molte persone in Macedonia conoscono il movimento dei Social Forum. Una panoramica del settore non profit macedone porta alla luce solo qualche ONG che si occupa dei temi legati alla globalizzazione. E sono piccole e poco visibili.

Sembra che la Macedonia sia marginale rispetto alle tendenze globali. La crisi energetica che sta scrollando il mondo riceve a Skopje solo un piccolo trafiletto sulle prime pagine dei giornali, i flussi globali di capitale non sono certo oggetto principale del dibattito pubblico e, tra l’altro, circumnavigano il Paese che ha mercati finanziari solo abbozzati. Nessuno è in grado di spiegare con chiarezza cos’è il Fondo Monetario Internazionale e cosa faccia di male. Se si chiede ad attivisti di ONG o di gruppi sociali macedoni dove sia Porto Alegre è molto probabile non sappiano rispondere. Per molti la parola globalizzazione rimane un motto che denota qualcosa di molto importante che però è molto difficile da spiegare.

Le cose non cambiano di molto nel resto dei Balcani. E, pensandoci bene, non è poi così strano. Mentre tutt’Europa spingeva per integrarsi i Balcani si stavano disintegrando. Sembra che ciascuno sia troppo impegnato a seguire le proprie cose per riuscire ad alzare la testa e guardare oltre lo steccato. I Balcani si auto-assorbono. Chiediamo a tutti di essere coscienti dei nostri problemi ma chi osa chiederci di sapere cosa accade in Brasile? Anche se tutto influisce anche sulle dinamiche dei nostri Paesi, anche se non capiamo come.

"Le ONG in Macedonia stanno pensando ancora troppo in piccolo, troppo localmente", afferma Vlado Dimovski, presidente del Parlamento delle ONG, un network nazionale degli enti non profit "sentiamo ancora molto gli effetti del conflitto del 2001, le ONG sono condizionate da tematiche locali, riguardanti la politica quotidiana, e dalle agende ‘etniche’ della comunità alla quale appartengono".

Vi sono comunque alcuni gruppi, marginali, che provano a fare in modo che la politica domestica trascenda i confini locali e si occupi anche di questioni globali. Ma sono gruppi piccoli, a tempo limitato, che vivono dell’entusiasmo dei propri membri e poi rischiano di sparire, ibernandosi dietro a siti web datati e link inattivi. Un’alternativa alquanto marginale.

"Questi gruppi vivono sulle passioni di un momento, e questo porta alla loro dissoluzione" afferma Boro Kitanovski, presidente di Peace Action, un’associazione che si occupa principalmente di obiezione di coscienza ed uno dei gruppi più stabili in questo campo. "Le loro attività sono molto legate all’attualità internazionale, i loro membri sono giovani e giovanissimi la cui resistenza rispetto ad organizzazioni strutturate preclude loro azioni più consistenti. Allora spariscono e vengono nuovamente emersi nel loro milieu sub-culturale e poi emergono nuovamente, su un’altra questione".

Kitanovski ricorda la protesta "anti McDonalds" di qualche anno prima, la partecipazione della sua e di molte altre associazioni alle manifestazioni contro la guerra in Iraq, il viaggio a Genova. Si sta inoltre preparando per il prossimo European Social Forum che si terrà a Londra.

"Nei paesi in transizione, Macedonia compresa, le persone di sinistra sono stigmatizzate dall’appartenenza al movimento globale e sono in una situazione in cui ogni critica verso il nuovo viene interpretata come un richiamo al vecchio", dice Dejan Georgievski, giornalista dell’edizione del sud est Europa del portale One Word. "Un’altra ragione è che la situazione in Macedonia è di per sé piuttosto dura, disoccupazione, fallimenti, e così i sindacati e le ONG non possono proprio concedersi il lusso di pensare alle Filippine o all’Asia sud-orientale", aggiunge Georgievski.

Ci sono parecchi altri gruppi, un po’ virtuali e un po’ reali, che perlomeno indicano la presenza di una sensibilità anti-globalista. Tra questi l’Unione Anti Globalizzazione della Macedonia che ha un modesto sito internet che non dà l’idea di venire aggiornato costantemente. Nel sito viene riportato anche un testo dell’economista Joseph Stiglitz, ex direttore della Banca Mondiale tratto da "La globalizzazione e i suoi oppositori".

Le rubriche ed i data base delle ONG contengono ancora il link al "Social Forum Macedone", nonostante il sito non possa essere localizzato. Il leader di questo forum, così piccolo che non è facile trovarlo, era anche uno dei leaders di Skopje della protesta sull’Iraq, membro della Coalizione Anti-guerra. Il suo nome, Svetlana Simonoska, e il nome della Coalizione Anti-guerra della Macedonia si possono leggere sull’agenda dell’European Social Forum di Parigi dell’anno scorso, tra quelli dei pochi partecipanti dai montuosi Balcani occidentali.

Un altro piccolo gruppo "Proaktiva" si concentra su temi ambientali, ma allo stesso tempo enfatizza orgogliosamente la propria missione di "monitorare il lavoro delle istituzioni finanziarie internazionali".

Ci sono poi un paio di gruppi che si collocano vicino ai precedenti per la loro appartenenza al movimento del software libero. Dal momento che la loro resistenza è tecnicamente più avanzata, i loro siti internet hanno un aspetto fresco e professionale. Uno di loro, "Open Software Macedonia" ha recentemente criticato le negoziazioni e il conseguente accordo tra il governo e la Microsoft perché non si sono svolte in maniera trasparente e potrebbero portare ad una posizione monopolistica della Microsoft in Macedonia.

Inoltre, ci sono alcuni gruppi in Macedonia che, nonostante non siano direttamente coinvolti nel movimento sociale globale, vi prendono parte attraverso la loro partecipazione a diversi networks europei attivi nel World Social Forum. La critica diretta del neo-liberalismo negli affari mondiali non è predominante nelle loro attività, ma sono comunque coinvolti in temi attigui e ad esso conseguenti, come la povertà, l’esclusione, il pacifismo, il controllo delle armi, le questioni di genere, l’ambiente.

Effettivamente, anche se oggi non sono così energici e strutturati, questi gruppi sono i modesti precursori di quella che sarà la nostra parte nel dibattito che riguarda il pianeta. See you in London.

Vedi anche:

Primi difficili passi per il Social Forum bulgaro

Contrappunti: i Balcani no global

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