Macedonia: elezioni di aprile in forse
Il 15 gennaio il premier macedone Nikola Gruevski ha rassegnato le dimissioni, come concordato nei negoziati con l’Ue. Ma il governo di transizione, che dovrebbe portare alle elezioni di aprile, ha ottenuto il via libera in un parlamento senza l’opposizione
La Macedonia si avvia verso le elezioni anticipate, previste per aprile, ma continuano le tensioni tra maggioranza e opposizione.
Il 15 gennaio il premier macedone Nikola Gruevski ha rassegnato le proprie dimissioni, come concordato, e passato la leadership del governo ad Emil Dimitriev, segretario dello stesso partito conservatore VMRO, per dedicarsi a tempo pieno alla campagna elettorale. Le sue dimissioni, il voto anticipato il 24 aprile e il nuovo governo Dimitriev – che include anche alcuni ministri socialdemocratici – sono stati ratificati il 19 gennaio dal parlamento di Skopje, ma senza il voto dell’opposizione.
Sulla data delle elezioni infatti ancora non c’è consenso: il leader dell’opposizione Zoran Zaev, del partito socialdemocratico di Macedonia (SDSM), minaccia il boicottaggio delle urne se la data del voto non sarà rinviata: "non c’è il tempo perché sia una competizione elettorale equa". In discussione sono in particolare i registri elettorali e la libertà dei mezzi d’informazione. Dall’altra parte, Gruevski ha accusato Zaev di cercare di rinviareil voto perché il suo partito arranca nei sondaggi, che danno invece all’ex premier oltre sei punti di vantaggio.
Anche la visita del Commissario europeo all’allargamento Johannes Hahn, arrivato a Skopje il 15 gennaio, non è bastata per convincere le parti ad un accordo sulla data delle elezioni. "Avrei preferito una soluzione consensuale con tutti i partiti", ha dichiarato Hahn il 19 gennaio. "Ora è fondamentale che tutti gli attori politici ed istituzionali del paese facciano tutto ciò che è in loro potere per assicurare elezioni libere e in linea con gli standard democratici."
Elezioni democratiche? La questione del registro elettorale
Gli ambasciatori di Unione Europea e Stati uniti, Aivo Orav e Jess Baily, hanno rimarcato che c’è parecchio lavoro da fare a tal fine, annunciando che entro il 20 febbraio USA e UE valuteranno insieme l’attuazione degli accordi di Przino e se ci siano le condizioni per tenere elezioni credibili il 24 aprile. Si tratta in particolare, prima che il parlamento venga dissolto, di rafforzare la Commissione elettorale perché essa possa effettuare una revisione credibile dei registri elettorali, "inclusi controlli sul campo".
E proprio sui controlli sui registri elettorali potrebbe giocarsi la partecipazione al voto dell’opposizione. Il direttore della Commissione elettorale, Aleksandar Cicakovski, ha dichiarato che tre squadre di esperti informatici incroceranno i dati dai principali database istituzionali (Banca Centrale, Fondo della Salute, Agenzia del Lavoro, Catasto, Agenzia delle Entrate) per confermare l’elenco delle persone aventi diritto al voto. In un paese di circa due milioni di abitanti, dove l’ultimo censimento si è tenuto nel 2002, risulta infatti sospetto – come rimarcato anche dall’OSCE – che ben 1,8 milioni di persone siano registrate come aventi diritto al voto. L’opposizione teme che liste gonfiate possano servire alla maggioranza per nascondere eventuali brogli e chiede verifiche "porta a porta".
Oltre alla revisione dei registri elettorali, resta la sfida di votare una riforma dei media che permetta una copertura "obiettiva e non faziosa" della campagna elettorale, oltre a garantire la separazione tra attività politiche e dell’amministrazione pubblica, e vietare le pressioni elettorali sui dipendenti statali.
Gli ambasciatori di USA e UE hanno anche fatto appello ai leader politici affinché "si astengano da attacchi contro quegli ufficiali pubblici il cui lavoro è quello di creare le condizioni per delle elezioni credibili". Un riferimento agli attacchi dell’ex premier Gruevski alla nuova procuratrice speciale Katica Janeva e al suo team, accusati di far parte di una cospirazione volta a rimuoverlo dal potere.
Il rischio di un’escalation: commenti e reazioni
La decisione del governo macedone di andare avanti comunque verso le elezioni anticipate è stata definita "un’ulteriore escalation della crisi" da parte dell’ex rappresentante speciale UE in Macedonia, Erwan Fouéré. Il diplomatico ricorda come la decisione sia stata presa contro il parere degli esperti elettorali indipendenti, di 70 organizzazioni della società civile e della Commissione elettorale statale, secondo cui non tutte le riforme necessarie sarebbero state in vigore entro aprile.
"Purtroppo l’obiettivo di ristabilire lo stato di diritto sembra essere stato dimenticato." Per Fouéré l’unica strada praticabile resta quella di un rinvio della scadenza elettorale: "elezioni senza la partecipazione del partito d’opposizione sarebbero senza legittimità, e un’ulteriore prova che la comunità internazionale permette alla Macedonia di essere governata da un partito che dà priorità alla legge della giungla anziché allo stato di diritto."
Secondo l’ex ambasciatore macedone Nikola Dimitrov, d’altronde, gli accordi di Przino avevano due difetti fondamentali: "primo, intendevano smantellare le ‘debolezze sistemiche’ dello stato macedone, che davano al governo Gruevski un iniquo vantaggio… ma ciò significa aver fiducia che presunti criminali ai più alti livelli di governo preparino in buona fede la propria sconfitta". Inoltre, per Dimitrov, "l’accordo lega il processo alla data di aprile, che il paese sia adeguatamente preparato o no." In particolare, sottolinea l’ex ambasciatore, "l’ufficio del procuratore speciale non è ancora pienamente funzionante, e i mezzi d’informazione filo-governativi l’hanno preso di mira, così come hanno colpito il mediatore UE, Peter Vanhoutte, quando questi ha denunciato il fallimento della messa in atto di altri impegni cruciali", come la verifica dei registri elettorali.
L’UE si trova quindi di fronte ad un dilemma, secondo Dimitrov: "se da il proprio consenso a che le elezioni vadano avanti come previsto in queste condizioni, sarà complice nel lasciare che persone sospettate di gravi condotte criminali la facciano franca. Ciò perpetuerà la crisi e legittimerà un’ulteriore erosione della democrazia".
Anche l’ambasciatore UE in Macedonia Orav ha riconosciuto la campagna mediatica contro gli emissari di Bruxelles nel paese, aggiungendo che l’ambasciata si è trovata costretta a rafforzare le misure di sicurezza per il mediatore Vanhoutte. "Le minacce alla mia sicurezza vengono dopo gli interessi dei cittadini", ha affermato comunque Vanhoutte.
Per ora comunque l’UE non sembra intenzionata a spingere troppo. "Per noi quello che è significativo è che le elezioni in Macedonia siano libere e democratiche. Stiamo lavorando con l’OSCE, che manderà più osservatori elettorali del solito, tanto nella fase preparatoria che nel giorno del voto", ha dichiarato Hahn in un’intervista, sabato 22 gennaio, al settimanale bulgaro Kapital . "L’accordo tra l’opposizione e il governo Gruevski per risolvere la crisi politica in Macedonia aveva vari elementi, e le elezioni ad aprile sono solo uno di questi. Alcuni di questi elementi sono stati completati, anche se solo all’ultimo momento. Certamente in una situazione tanto delicata sarebbe stato bello avere un consenso nazionale, ma dobbiamo accettare che ciò possa non essere possibile."
Bisognerà vedere se la situazione politica in Macedonia, nei prossimi mesi, resterà gestibile. La campagna elettorale sembra destinata ai toni accesi sin da subito. "La gente è arrabbiata, il 24 aprile sarà il giorno della punizione e della vendetta, il giorno in cui vedranno chi possiede questo paese", ha dichiarato in modo poco rassicurante l’ex premier Gruevski. Non esattamente il miglior viatico per assicurare la legittimità del prossimo governo, chiunque dovesse uscire vincitore dalle urne.
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