Macedonia del Nord: soffocata dagli oli residui
Un’inchiesta di OCCRP e di altri suoi partner ha svelato come carburanti pericolosamente inquinanti siano finiti – sino a poco tempo fa – negli impianti di riscaldamento degli ospedali della Macedonia del Nord e nei polmoni dei suoi cittadini
(Pubblicata originariamente da OCCRP , il 21 maggio 2021, tit.orig. "Europe’s Waste Dump: How Dangerously Polluting Oil Ended Up Heating North Macedonia’s Hospitals")
Soffiava un gelo invernale su Skopje all’inizio del 2019, quando fece la sua prima comparsa sui social media un video che mostrava nubi di fumo denso e nero fuoriuscire dal comignolo di uno degli ospedali della città.
Nella principale città della Macedonia – che da anni si trova a lottare contro pericolosi livelli di tossine nell’atmosfera – l’aria era già venata di un’acre miscela di gas di scarico delle automobili e fumo. Nel 2018, l’UNEP – riferendosi a dati OMS – ha definito Skopje la capitale più inquinata del mondo.
Tuttavia, le nuvole nere fluttuanti sopra l’Ospedale Ginecologico Maria Teresa nell’area residenziale di Čair erano qualcosa di nuovo.
Ivana Tolovska Rozman, che ha partorito presso quell’ospedale nell’inverno 2019, è inorridita.
“È un pensiero terribile sapere che il tuo bambino ha respirato per la prima volta in un ospedale del genere, che lì ha visto il mondo per la prima volta… che quelle nuvole di aria inquinata hanno toccato mio figlio, in un posto in cui letteralmente tutti i neonati hanno respirato quell’aria”, dichiara la donna.
Inoltre il fumo puzzava di acido in modo sconcertante, secondo quanto sostiene Slavjanka Damjanovska, la quale ha lavorato come infermiera in quell’ospedale per trent’anni. “Si trattava di qualcosa di peggio rispetto al normale carburante”, ha detto, riferendosi all’olio normalmente impiegato per alimentare i boiler che riscaldano l’ospedale.
Presto sono emersi altri report riguardanti nubi nere che fuoriuscivano da edifici situati in diverse aree del paese, inclusi gli ospedali di Prilep e Kumanovo.
Eli Pesheva, co-fondatrice del gruppo ambientalista “O2 Initiative” racconta che la sua organizzazione ha iniziato ascoltando le preoccupazioni dei cittadini.
“Vedevamo costantemente del fumo nero nel 2017-2018, poi abbiamo ricevuto informazioni da parte di abitanti di Skopje e di altre città riguardo all’impiego massiccio di olio combustibile pesante presso alcuni edifici statali”, spiega.
Un’inchiesta condotta da OCCRP, Investigative Reporting Lab (IRL) e Investigace.ca rivela che queste nubi sono il prodotto di un olio altamente inquinante e saturo di sostanze chimiche, il quale è stato utilizzato ancora sino a poco tempo fa come combustibile all’interno degli impianti di riscaldamento di edifici pubblici in tutta la Macedonia del Nord.
Ricorrendo a documenti, interviste e altre fonti, i reporter hanno ricostruito come la compagnia macedone Evrotim abbia guadagnato milioni di euro attraverso il combustibile “sporco”, di cui molto prodotto dal raffinatore ceco Unipetrol e rivenduto dalla potente azienda petrolifera bosniaca HIFA Oil.
Evrotim è stata aiutata dal politico e uomo d’affari macedone Koco Angjusev. Due compagnie associate a lui hanno infatti acquistato congiuntamente migliaia di tonnellate dell’olio commercializzato dalla suddetta azienda.
Il governo macedone sinora – nonostante le lamentele da parte delle compagnie energetiche, di funzionari pubblici e dell’istituto incaricato di monitorare le importazioni di carburante da parte della Macedonia del Nord – ha ignorato il problema.
Il caso Evrotim non è certo l’unico. Ufficiali della dogana ed esperti di carburante, attraverso test di laboratorio, hanno riscontrato crescenti quantità di olii combustibili, provenienti dall’Unione Europea, che arrivano nei Balcani occidentali carichi di metalli pesanti e altre sostanze inquinanti.
“Il materiale di qualità viene lasciato in Austria, in Germania, in Repubblica Ceca e negli altri paesi membri dell’UE, mentre gli scarti, la spazzatura ricca di metalli pesanti finisce qui, in Serbia e in Macedonia”, afferma Slaviša Petković, ispettore presso il Serbia’s Sector for Market Inspection. “Ecco come i Balcani sono diventati la discarica d’Europa”.
ORLEN Unipetrol, il più grande raffinatore della Repubblica Ceca di proprietà della compagnia petrolifera statale polacca ORLEN Group, ha sostenuto di non essere responsabile per l’uso che viene fatto del prodotto dopo la sua vendita.
Kenan Ahmetlić, direttore di HIFA Oil nonché figlio del fondatore, ha sostenuto che il prodotto da loro venduto fosse conforme ai requisiti di legge inerenti al commercio e all’utilizzo di carburante nei Balcani. Iljia Srezoski, proprietario di Evrotim, è sulla stessa posizione e ha argomentato che l’olio carburante di Unipetrol rispetta il 99,99% degli standard prescritti dalla legge macedone.
Inizialmente Angjusev non si è reso disponibile per un’intervista. Tuttavia, dopo la messa in onda di un documentario realizzato da IRL (partner di OCCRP) sul gasolio venduto da Evrotim, il politico e uomo d’affari ha emesso un comunicato per mezzo della sua compagnia Brako, negando di essere in alcun modo coinvolto nell’importazione di carburanti tossici.
Il governo della Macedonia del Nord ha promesso che svolgerà controlli accurati sulle informazioni, pubblicate e non, inerenti a questa vicenda, così da chiarire tutti i problemi, dilemmi e dubbi sollevati dal documentario.
In una tarda serata dell’aprile 2018, quando Angjusev era viceministro degli Affari economici, due uomini entrarono nel suo ufficio per un appuntamento.
Uno di loro era Srezoski, il quale tre anni prima aveva fondato Evrotim grazie al genero dopo essere stato bandito dal commercio di carburante dalle autorità della Macedonia del Nord per non aver rispettato gli standard di sicurezza nello stoccaggio del gasolio. L’altro era Izudin Ahmetlić, proprietario di HIFA Oil nonché uno degli uomini più ricchi e influenti della Bosnia Erzegovina.
Non è chiaro di che cosa abbiano discusso i tre uomini quella sera, ma ad un certo punto, all’inizio del 2018, Evrotim si è aggiudicata due contratti di fornitura dell’olio residuo che stava acquistando da HIFA Oil per compagnie che avevano legami con Angjusev: Brako, un’azienda produttrice di macchinari di sua proprietà, ed Euronickel Industries, uno dei maggiori clienti della sua compagnia elettrica.
Angjusev ha confermato di essersi incontrato con Srezoski e Ahmetlić, ma sostiene di non aver parlato di carburante. Brako, la sua compagnia, ha ammesso che il 15% del suo gasolio è fornito da Evrotim, ma incolpa le autorità di non garantire la qualità dei prodotti importati.
“Da quando il carburante in questione è approvato e immesso sul mercato dalle autorità competenti, Brako non possiede laboratori propri per il controllo qualità”, ha affermato la compagnia in un comunicato.
Evrotim iniziò anche ad aggiudicarsi contratti pubblici del ministero della Difesa e dell’autorità del trasporto pubblico di Skopje. Gli affari decollarono quando la compagnia cominciò ad importare migliaia di tonnellate al mese di olio residuo di Unipetrol. I profitti passarono da 484.000 euro nel 2017 a 13 milioni nel 2019.
Nel dicembre 2018, l’Ispettorato della Macedonia del Nord sul mercato è venuto a conoscenza, per la prima volta, delle importazioni di Evrotim. L’ispettorato ha – tra le altre cose – il compito di controllare il petrolio e i suoi derivati prima che siano immessi sul mercato.
Stojko Paunovski, che è stato direttore della suddetta agenzia fino ad aprile, ha spiegato che il suo lavoro è stato intralciato da norme troppo permissive e fondi limitati. Quella volta, nel 2018, però, aveva ricevuto una soffiata su merce su rotaia di Unipetrol diretta in Macedonia del Nord che era stata fermata in Serbia, dove non aveva superato gli standard qualitativi. Tuttavia, siccome la Macedonia del Nord ha norme meno stringenti, a questo carburante venne permesso di attraversare la frontiera. “Il gasolio di Unipetrol è considerato spazzatura nell’Unione europea, mentre nel nostro paese è permesso venderlo”, ha spiegato Paunovski.
Un portavoce di Unipetrol sostiene che la qualità del loro carburante sia assicurata da un certificato di qualità e da una scheda di sicurezza, in conformità con la normativa europea e con gli standard tecnici previsti dalla legge ceca, aggiungendo che ciò che viene fatto del prodotto certificato acquistato è responsabilità del compratore, sebbene questo debba rispettare le istruzioni contenute nella scheda informativa sulla sicurezza.
Successivamente, nel dicembre 2019, Paunovski è stato informato dalle autorità serbe del fatto che Evrotim avesse acquistato da HIFA altri carichi di carburante diretti verso la Macedonia del Nord. Tra la merce era compreso anche gasolio apparentemente prodotto in Bosnia, ma dalle origini incerte.
Paunovski ha fatto analizzare quattro campioni, dai quali è emersa un’alta concentrazione di soda, acqua e sedimenti. Poi, in febbraio, il laboratorio privato che ha svolto i test ha allertato attraverso una lettera sia l’Ispettorato che il ministero dell’Economia circa la crescente quantità di simili carburanti di bassa qualità.
“Questi tipi di carburanti normalmente contengono un’alta concentrazione di metalli pesanti, di solito cadmio e piombo, i quali sono dannosi e pericolosi per la salute dell’uomo e dell’ambiente”, si legge nella lettera. “Simili campioni di carburante arrivano sempre più di frequente nel nostro laboratorio e la loro qualità è molto simile a quella del campione descritto in precedenza”.
Paunovski ha quindi deciso di agire. Ha scritto al ministro dell’Economia e ad altri importanti funzionari del governo, avvertendoli che i requisiti legali per il controllo delle importazioni di carburante non sono sufficienti ed esortandoli a modificare la legislazione. Tuttavia, nulla è cambiato.
Anche un funzionario di alto livello dell’Autorità del trasporto pubblico di Skopje, il quale aveva acquistato il carburante di Evrotim, ha contattato il governo per segnalare che il boiler di uno dei loro edifici si era rotto. “L’odore era irritante e i dipendenti se ne lamentavano”, ha detto il funzionario, che ha preferito rimanere anonimo per paura di perdere il posto di lavoro.
Persino due aziende petrolifere regionali si sono rivolte alla dogana, sollevando dei dubbi. In una e-mail congiunta del gennaio 2019, hanno riferito di aver esaminato il certificato di qualità che accompagnava un carico di carburante di Evrotim e di avervi scoperto uno scostamento illegale dai requisiti per il gasolio in otto su dieci parametri.
“È importante focalizzarsi sull’impatto ambientale dannoso e sull’enorme inquinamento che viene prodotto durante la combustione di una fonte di così scarsa qualità”, si legge nell’e-mail, argomentando che questi prodotti scarsi vengono venduti come carburante a basso costo, generando così concorrenza scorretta.
Un funzionario doganale di alto livello, che ha chiesto di rimanere anonimo per paura di perdere il lavoro, ha riferito a IRL che “persone potenti” hanno facilitato il commercio di gasolio inquinante, sebbene si sia rifiutato di fare i nomi.
“Stiamo parlando di persone che finanziano le elezioni e i partiti politici da decenni, complottando e ricattando. Sono tutti legati alla criminalità organizzata e a funzionari del governo corrotti”, ha raccontato. “Questi fatti non possono essere provati semplicemente per la mancanza di buone leggi che facciano sì che il loro operato possa essere tracciato”.
Alla fine di aprile, quando OCCRP stava concludendo l’inchiesta, Paunovski è stato destituito. Durante una conferenza stampa, il giorno prima dell’annuncio ufficiale, il Primo ministro Zaev ha spiegato che Paunovski è stato licenziato per aver sfidato le autorità, dal momento che aveva rifiutato di licenziare 35 dipendenti pubblici. A quanto pare, più di 100 ispettori hanno firmato una petizione contro la decisione del governo, ma Paunovski non è stato reintegrato e ha preferito non esprimersi a riguardo.
Srezoski, il proprietario di Evrotim, ha inizialmente negato di conoscere Angjusev durante un’intervista con OCCRP, ma poi ha ammesso di aver avuto un breve incontro sia con lui che con Ahmetlić, il proprietario di HIFA Oil, nell’ufficio del primo. Inoltre, Srezoski ha insistito sulla conformità del carburante agli standard europei. Secondo lui, qualsiasi accusa contraria “è una bugia, forse dettata dall’invidia”, ha detto.
“Come gatti morti”
Attingendo a documenti e interviste, i reporter hanno ricostruito la catena di approvvigionamento del carburante Evrotim portato in Macedonia del Nord.
Dai rapporti di Evrotim emerge che molto di questo è stato prodotto in Repubblica Ceca presso la raffineria Unipetrol di Kralupy. Un certificato di qualità diffuso dalla stessa Unipetrol descrive il prodotto come un olio residuo a basso contenuto di zolfo, ritenuto cancerogeno dall’Agenzia europea delle sostanze chimiche.
L’olio è trasportato in treno fino alla Macedonia del Nord tramite HIFA Oil, spesso passando attraverso la Serbia. Molti enti differenti ne hanno messo in discussione la qualità. L’Azienda del trasporto pubblico di Skopje ha addirittura restituito il carburante di Unipetrol acquistato da Evrotim, dopo che le analisi hanno mostrato alti tassi di acqua e sedimenti (il proprietario di Evrotim, Srezoski, ha ammesso che il carburante è stato restituito a causa della scarsa qualità, ma ha incolpato il boiler e i suoi manutentori per i problemi verificatisi).
In altre occasioni, ad esempio nel dicembre 2019, i carichi diretti in Macedonia del Nord contenevano anche oli non prodotti da Unipetrol ma comunque impuri secondo il funzionario serbo Petković.
“Significa che questo è veleno, potrebbe davvero essere un rifiuto di contrabbando o un mix di oli per motore di scarto. Non si trattava certo di carburante”, ha detto.
IRL ha messo a confronto quattro analisi di laboratorio condotte su diversi campioni di carburanti, ottenuti dall’Ispettorato del Mercato della Macedonia del Nord. Tutti contenevano meno dell’1% di solfuro, ma sono stati rilevati alti livelli di altre sostanze inquinanti come cenere, acqua e sedimenti. In alcuni casi, le quantità rilevate erano dieci volte superiori a quelle permesse per il carburante.
Julijana Dimoska Isajlovska, vicepresidente del Dipartimento per i gas naturali, i combustibili liquidi e l’energia termica all’interno della Commissione per la regolamentazione dell’energia nella Macedonia del Nord, spiega che la crescita dell’energia rinnovabile nell’UE ha causato un aumento delle esportazioni di oli pesanti da parte del suddetto blocco regionale. Talvolta vengono aggiunte sostanze chimiche per ridurre il contenuto di solfuro.
Dejan Mirakovski, professore all’Università “Goce Delchev” di Stip, sostiene che i carburanti di bassa qualità giungano nei Balcani occidentali a causa di leggi non chiare e di una loro debole implementazione.
“La zona grigia e le leggi poco chiare, ma anche la debolezza delle istituzioni, sono all’origine dei costanti dubbi in merito alla qualità degli oli combustibili e, più in generale, dei carburanti”, ha detto.
“Esistono tipi di oli combustibili più puliti per alimentare gli impianti industriali e le navi oceaniche. Questo ambito è strettamente regolato nell’Unione Europea. Ci sono, però, altri tipi di oli pesanti sporchi e residui di oli bruciati che sono considerati rifiuti tossici”.
Srezoski, il proprietario di Evrotim, ha contestato le analisi di laboratorio, sostenendo che l’olio combustibile della sua azienda è conforme agli standard legali in vigore nella Macedonia del Nord. “Il combustibile ceco rispetta tutti i parametri, inclusi il contenuto di cenere, acqua e sedimenti e la viscosità”, ha riferito a OCCRP.
Anche Kenan Ahmetlić, direttore di HIFA Oil, ha minimizzato le domande inerenti all’olio combustibile, conosciuto come “mazut” nei Balcani, sostenendo che può essere utilizzato come carburante, a patto che contenga bassi livelli di solfuro. “Il mazut che contiene l’1% di solfuro è accettato sia in Macedonia che nella maggior parte del resto d’Europa”, ha detto.
Una volta arrivato nella Macedonia del Nord, l’olio di Evrotim è stato distribuito ad acquirenti pubblici e privati in tutto il paese. Stojance Angelevski, un ex-camionista che lo ha trasportato molte volte, ricorda ancora l’odore delle esalazioni. “Alle volte aveva un odore disgustoso, come se si trattasse di gatti morti”.
Contratti nella Macedonia del Nord
Nell’ottobre del 2019, Kumanovo (una città della Macedonia del Nord) è finita sulle prime pagine locali a motivo dei suoi livelli di inquinamento. Radio Free Europe afferma che una stazione di misurazione ha rilevato che i livelli di particelle PM10 hanno raggiunto i 1.850 microgrammi per metro cubo. Si tratta di valori 37 volte superiori rispetto alla media giornaliera raccomandata dall’OMS.
Il comune ha scoperto che l’ospedale della città era l’inaspettato responsabile dell’inquinamento. “I picchi più alti del livello d’inquinamento sono determinati dalla combustione fossile e si verificano nei periodi in cui l’impianto di riscaldamento dell’ospedale è acceso”, viene spiegato in un report.
Un contratto, di cui IRL è riuscito a entrare in possesso, mostra che l’ospedale di Kumanovo ha acquistato carburante da Evrotim per un valore di oltre 51.000 euro proprio nello stesso mese in cui l’inquinamento è aumentato. Quello di Kumanovo è uno degli almeno sette ospedali della Macedonia del Nord che, insieme, hanno acquistato più di 900.000 euro di olio residuo di Evrotim tra maggio 2018 e gennaio 2020.
Ci sono state lamentele riguardo all’inquinamento anche in altre aree nelle quali Evrotim si è aggiudicata contratti per la fornitura di combustibile.
Un contratto mostra che, nel 2019, l’autorità delle ferrovie di Skopje ha acquistato carburante da Evrotim per un totale di quasi 650.000 euro. Durante quello stesso anno, sarebbero stati inviati ispettori a indagare sulle lamentele circa il fumo nero che usciva dagli edifici pubblici. Alcune fotografie pubblicate nel febbraio del 2020 mostrano colonne di fumo nero che fuoriescono dai comignoli.
A partire dal 2018, Evrotim ha guadagnato complessivamente più di 2,6 milioni di euro dai contratti pubblici. Il suo maggior cliente nel settore pubblico è stato il ministero della Difesa, che ha sottoscritto contratti per un valore superiore a un milione di euro negli anni 2018-2019.
Ciononostante, i resoconti di Evrotim mostrano che la compagnia ha ottenuto la maggior parte dei guadagni vendendo il proprio prodotto ad aziende del settore privato, prima fra tutte Euronickel, che si occupa della produzione di metalli.
Srezoski sostiene che Evrotim sia stata in grado di fornire olio a prezzi contenuti perché questo non viene utilizzato nell’Unione europea. “Dal momento che i paesi membri dell’UE hanno completamente rimosso gli oli combustibili dalla circolazione, Unipetrol non trova nessuno a cui venderli ed è per questo che ce lo forniscono ad un prezzo così basso”, ha spiegato.
Euronickel sostiene di misurare le proprie emissioni 24 ore su 24. Inoltre, controllori indipendenti sottopongono i dati raccolti al ministero dell’Ambiente e della Pianificazione territoriale. “Durante gli scorsi tre anni, le misurazioni hanno messo in luce l’eccellente qualità dell’aria”, secondo quanto affermato dalla compagnia in risposta al documentario di IRL.
I tagli messi in atto da Euronickel hanno avuto costi elevati per Kavadarci, la città dove ha sede l’azienda. Nel 2019, i residenti hanno protestato, lamentandosi del fatto che lo smog fosse così tanto da far bruciare loro gli occhi e da rendere persino difficile respirare. I media locali lo hanno bollato come “il cocktail della morte”.
“Non c’è nient’altro qui intorno, nessuna grande industria. Eccezion fatta per Feni (Euronickel), non è presente alcuna altra fonte di inquinamento”, ha detto Veljana Mitrevska, la quale lavora per un produttore di vino locale.
Vlatko, un lavoratore del settore originario di Kavadarci che ha chiesto di essere indicato solamente con il proprio nome, ha detto che “persino gli uccelli” sanno che l’inquinamento deriva dall’impianto di Euronickel. “I nostri bambini sono tutti avvelenati”, sostiene.
Dopo la diffusione del documentario di IRL, il sindaco di Kavadarci Mitko Jancev ha affermato che bisogna agire in merito all’inquinamento.
“In qualità di sindaco e di amministrazione municipale, non possiamo permettere che gli interessi economici prevalgano sulla salute dei cittadini”, ha detto durante una conferenza stampa. “Qualcuno deve assumersi la responsabilità delle importazioni e dell’utilizzo di combustibili pericolosi nel nostro paese, pur sapendo che sono potenzialmente letali e per questo proibiti nell’Unione europea”.
Un problema regionale
Il problema dell’olio di cattiva qualità presente nei Balcani è molto più grande di HIFA Oil, Evrotim ed Euronickel.
Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, l’inquinamento dell’aria costituisce il maggiore rischio ambientale per la salute in Europa, dal momento che uccide circa 400.000 persone all’anno. L’ultimo report indica i paesi dei Balcani occidentali come i principali colpevoli di tale fenomeno.
La Banca Mondiale segnala che l’inquinamento atmosferico ha raggiunto livelli pericolosi nella maggior parte delle città della Macedonia del Nord, specialmente durante i mesi invernali. Angelcho Andonovski, direttore dell’Ospedale pediatrico “Kozle” di Skopje, osserva numeri crescenti di bambini affetti da malattie respiratorie causate dall’inquinamento.
Isajlovska, membro della Commissione regolatoria sull’energia della Macedonia del Nord, sostiene che il problema si sia aggravato da quando Bruxelles ha reso più stringenti le normative comunitarie in merito ai combustibili che possono essere utilizzati all’interno dell’UE.
Nel novembre 2019, gli ispettori doganali croati hanno fermato due autocisterne al confine tra Croazia e Serbia. I documenti assicuravano che il carico trasportato fosse a basso contenuto di solfuro, ma un consulente del ministro croato dell’Ambiente e dell’Energia ritiene si trattasse di pericolosi scarti che avrebbero dovuto essere riportati nel paese di partenza.
In un campione analizzato sono state rinvenute tracce di policlorobifenili (PCB): secondo il gruppo ambientalista O2 Initiative, si tratta di sostanze chimiche che possono provocare il cancro, l’infertilità e compromettere lo sviluppo dei bambini, qualora le madri vi siano state esposte a lungo.
L’acquirente macedone di quel carico, RKM Makedonija, ha negato che vi fossero problemi legati al carburante: “Non è vero. Voi giornalisti siete tutti degli invidiosi e dei mercenari. Il nostro olio è perfetto”, ha detto il proprietario Ratko Kapushevski ai reporter di OCCRP.
Il carico era trasportato da un’azienda bosniaca. Petković, del Comparto per le Ispezioni di Mercato della Serbia, ha detto che il paese è un facilitatore cruciale del commercio di combustibili di bassa qualità nei Balcani occidentali.
“Nessuno controlla nulla in Bosnia. Loro sono una fonte di instabilità in questo mercato e una minaccia alla salute e alla sicurezza degli abitanti della regione. Durante gli scorsi due o tre anni, molto di questo cosiddetto olio combustibile che abbiamo fermato proveniva da o attraverso trasportatori e commercianti bosniaci”, ha detto.
Djapo, ministro dell’Ambiente della Bosnia Erzegovina, sostiene che gli sforzi per approvare leggi più severe sulla qualità dell’aria siano stati ostacolati da complicazioni burocratiche. “A mio parere, la difficoltà maggiore è rappresentata dall’inefficienza del nostro parlamento”, ha riferito in un’intervista nell’ottobre 2020, portando come esempio gli ostacoli incontrati nell’approvazione di una nuova legge sulla qualità dell’aria.
L’immobilismo dei governi ha stimolato l’insorgere di proteste in diversi paesi dei Balcani occidentali. A marzo, il Segretariato della Comunità dell’Energia ha attivato il procedimento di risoluzione delle controversie nei confronti della Macedonia del Nord e di altri tre stati dei Balcani occidentali per aver superato i limiti all’inquinamento atmosferico sia nel 2018 che nel 2019.
Maria Jolie Veder è un’avvocatessa specializzata in infrastrutture destinate ai combustibili fossili e lavora presso l’associazione benefica “Client Heart”, che si occupa di normativa ambientale. Dal suo punto di vista, le questioni ambientali rappresentano una sfida per i paesi dei Balcani occidentali che stanno cercando di entrare a far parte dell’UE.
“Sulla carta, sembra che alcuni di questi paesi si stiano allineando bene alla cornice normativa europea; tuttavia, nella pratica, pare che manchi il desiderio di assicurare che le loro industrie davvero si conformino ai nuovi standard ambientali”, sostiene.
Vivian Loonela, portavoce della Commissione europea per il Green Deal, ha detto che l’istituzione userà “tutti i possibili mezzi politici, finanziari e tecnici” per monitorare da vicino le questioni ambientali nei Balcani occidentali e agevolare l’adesione di questi stati agli standard comunitari.
In ogni caso, la corsa alla vendita di oli pericolosi agli ospedali da parte di Evrotim potrebbe giungere al termine. Srezoski ha detto che Unipetrol ha smesso di fornire il combustibile residuo che prima vendeva.
Al momento, la sua azienda sta ricorrendo a una vecchia raffineria bulgara per procurarsi il “mazut”.
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