Macedonia del nord, la sfida dell’energia
La crisi globale dell’energia ha messo allo scoperto tutte le difficoltà della Macedonia del Nord, col suo sistema di produzione limitato e obsoleto. Rinnovarlo e metterlo al passo coi tempi è una delle principali sfide per il futuro del paese
Quando i prezzi dell’elettricità nel mondo sono aumentati di centinaia di euro per megawattora, l’allarme è scattato anche in Macedonia del Nord. Il paese, nonostante abbia meno di due milioni di abitanti, deve infatti importare buona parte della propria energia.
I leader politici parlano ora di potenziare la produzione autonoma di energia il prima possibile, ma sono almeno tre i decenni di ritardo. Finora, il paese si è affidato principalmente alla lignite e ad altri combustibili che devono essere sostituiti con risorse rinnovabili. Il collegamento con la Grecia potrebbe anche fornire una fonte di gas liquido.
Energia e sussidi statali
Viste le limitate possibilità di produzione di energia elettrica e la grande necessità di importarla, i prezzi elevati sono diventati un enorme problema in un paese dove il salario medio si aggira intorno ai 500 euro.
All’inizio di luglio è stato introdotto un nuovo sistema di calcolo dei prezzi, con l’introduzione di quattro diverse tariffe per il consumo di energia elettrica.
Il Consiglio economico ed energetico del governo ha deciso di sovvenzionare le scuole primarie e secondarie in tutto il paese, anche se l’istruzione è di competenza municipale.
Questo varrà anche per tutte le istituzioni sanitarie pubbliche. Inoltre, oltre 70 aziende con fatturato annuo fino a due milioni di euro riceveranno energia elettrica ad un terzo del prezzo di mercato. Sono previste anche agevolazioni per il pagamento delle bollette per le categorie sociali svantaggiate.
Il governo fa anche appello ai cittadini perché continuino con il risparmio domestico, visto che esso si traduce in risparmio per il bilancio dello Stato.
Un sistema da ripensare
La produzione di elettricità in Macedonia del Nord si basa generalmente sul sistema creato ai tempi dell’ex Jugoslavia: grandi centrali termiche a lignite, concepite principalmente per supportare l’industria pesante, e grandi centrali idroelettriche.
La maggior parte dell’energia elettrica è prodotta dalla società statale ESM: l’85% da centrali termiche alimentate a carbone, il 14% da centrali idroelettriche e l’1% da centrali eoliche. La più grande centrale termica è la “Fabbrica mineraria ed energetica” (REK) di Bitola, che produce il 70-80% dell’energia.
Purtroppo, questa produzione centralizzata prevale ancora e piani per sostituirla con forme di energia più sostenibili che soddisfino i bisogni delle persone e della società moderna sono stati più volte annunciati dalle autorità, ma almeno finora con scarso effetto. È necessario creare nuovi sistemi di produzione di energia elettrica e sostituire quelli vecchi con fonti di energia rinnovabili, come il solare o l’eolico.
Il primo ministro Dimitar Kovacevski ha annunciato progetti strategici nelle fonti di energia rinnovabile, come il primo impianto fotovoltaico presso la centrale termoelettrica di Oslomej, che ha utilizzato vecchi depositi di carbone, mentre molti altri impianti simili sono in costruzione.
Secondo Kovacevski, quei pochi impianti fotovoltaici sostituiranno praticamente l’intera produzione di energia dal carbone a Oslomej con la produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili.
Alla ricerca di nuove strade
Si sta cercando di far sì che cittadini e imprese possano utilizzare impianti fotovoltaici per produrre energia elettrica. Sono in corso modifiche alle leggi per semplificare la procedura per l’installazione di pannelli fotovoltaici sugli edifici, fino a sei kilowatt per le famiglie e fino a 40 kilowatt per le aziende. Sono in corso lavori per avviare la costruzione di un grande parco eolico vicino alla città di Štip.
L’interconnessione con la Grecia e il terminal di gas naturale liquefatto (GNL) ad Alessandropoli sono progetti di importanza strategica oltre che economica, ha sottolineato il primo ministro Kovacevski in un’intervista, aggiungendo che sono in corso trattative avanzate con partner greci su questi progetti.
A Čebren lo stato cerca da 15 anni un investitore straniero per costruire una grande centrale idroelettrica, che secondo le stime fornirà oltre 400 megawattora di elettricità. Alla fine, dopo 15 appalti pubblici falliti, il governo assicura che c’è speranza per quest’anno. È in corso la valutazione dell’offerta presentata dalla società greca "PPS", l’unica che è riuscita a fornire le condizioni necessarie e costruire una centrale idroelettrica che produrrà un po’ più di elettricità.
"L’importanza di questo impianto non è solo la capacità aggiuntiva, ma il ruolo che avrà nel bilanciare la rete e aiutare nella nostra transizione verso le energie rinnovabili", afferma il ministro dell’Ambiente e della Pianificazione territoriale Nasser Nuredini in un’intervista ai media locali.
Secondo le autorità Čebren, insieme alla centrale idroelettrica di Tikveš (anch’essa alla confluenza del fiume Cerna), dovrebbe raggiungere una produzione di 1200 Gwh, quindi lo stato sarà in grado di fornire elettricità ad altre 180.000 famiglie, consentendo così al paese di ridurre la produzione dal carbone in futuro e sostituirla gradualmente con la produzione di questa grande centrale idroelettrica. Quando inizierà a funzionare, ci saranno 913.000 tonnellate in meno di anidride carbonica rilasciata nell’atmosfera ogni anno.
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