Macedonia, ‘campo di battaglia’ della democrazia
Una parlamentare minacciata di morte, un giornalista picchiato dalla polizia, la prima rissa all’interno delle mura del parlamento. E’ questo il discutibile esito di una settimana di "confronto democratico" in Macedonia
Una parlamentare minacciata di morte, un giornalista picchiato dalla polizia, la prima rissa all’interno delle mura del parlamento. E’ questo il discutibile esito di una settimana di "confronto democratico" in Macedonia.
Il 25 settembre scorso, durante il dibattito su un discusso disegno di legge, che prevede la creazione di seggi riservati alle minoranze etniche all’interno del parlamento macedone, i deputati sono passati dalle minacce ai fatti, per la prima volta dalla nascita di un sistema di democrazia pluralista in Macedonia. A ben vedere, d’altra parte, visto il clima politico nel paese, la vera sorpresa è che episodi del genere siano stati evitati per ben quindici anni. E, sebbene la Macedonia non sia l’unico paese in cui il parlamento si trasformi in ring, ci sono molti elementi per non essere tranquilli.
Tornando ai fatti: mentre tornava al proprio seggio dopo il suo intervento, Abduladi Vejseli, del Partito per la Prosperità Democratica (PDP), terzo partito della comunità albanese, è stato colpito alle spalle da Sadula Duraku, deputato dell’Unione Democratica per l’Integrazione (DUI), partito di opposizione guidato da Ali Ahmeti. Altri deputati sono intervenuti, creando un tafferuglio, fermato dal pronto intervento dei responsabili della sicurezza ordinato dal presidente dell’assemblea, Liubisha Georgievski.
L’episodio può essere fatto rientrare nell’annoso antagonismo tra i due maggiori blocchi politici albanesi, quello di opposizione, rappresentato dal DUI, e quello al governo, composto dal Partito Democratico degli Albanesi (DPA), di Menduh Taci e dal PDP, che ha portato a già portato a scontri violenti negli anni scorsi, e al sospetto che episodi gravi quali attentati dinamitardi e uccisione di attivisti, sino da ricondurre a questa rivalità. Stavolta, però, tutto è avvenuto nell’aula parlamentare.
Questo episodio, comunque, è stato solo l’inizio. Quando i deputati si sono riversati nei corridoi del parlamento, la tensione accumulata ha dato vita a nuovi incidenti.
Un degli addetti alla sicurezza sarebbe stato gettato a terra e picchiato, mentre tra vari gruppi di deputati del DPA e del DUI sono volate provocazioni. Un reporter del canale tv "A1", Lirim Dulovi, è stato inoltre schiaffeggiato da un membro della presidenza del DUI, Bekir Iseni, evento ripreso dalle telecamere.
Subito dopo la fine della seduta plenaria, Menduh Taci avrebbe poi minacciato la deputato Teufa Arifi, vice presidente del DUI, che stava prendendo parte ad una seduta ristretta.
"Taci mi ha ingiuriato, dicendo che dovevamo restare seduti e buoni fino alla fine della sessione parlamentare, altrimenti noi del DUI, ed io per prima, saremmo stati liquidati. Quando siamo poi usciti dalla stanza, sono stata fisicamente minacciata dalle forze di sicurezza", ha dichiarato la Arifi, il giorno seguente, in conferenza stampa.
Dal DPA sono arrivate immediate smentite. "Ero là, e la Arifi non è stata toccata. Le è stato solo detto di tornare alla riunione, invece di dileguarsi come fa solitamente", ha replicato Besim Dogani del DPA.
La Arifi ha richiesto la protezione della polizia per le minacce di morte che avrebbe ricevuto da Taci, facendo poi appello alla solidarietà femminile perché Silvana Boneva, deputato del VMRO presente durante lo svolgimento dei fatti, facesse luce su quanto è accaduto.
A quanto sembra poi, i deputati del DUI avrebbero chiamato le proprie guardie del corpo, che si sono radunate di fronte al parlamento armate. Alcuni di loro si sono poi scontrati con la polizia e sono stati arrestati, altri sono fuggiti, mentre alcune armi sono state sequestrate. Il DUI in un primo momento ha dichiarato di aver chiamato i bodyguard per la propria sicurezza, ma poi ha cambiato versione, sostenendo che si sarebbero radunati spontaneamente.Non c’è che dire, una serata da ricordare.
La comunità internazionale ha reagito immediatamente. La Nato ha condannato con forza gli incidenti, esprimendo grande rammarico per quanto accaduto. Per l’ambasciata Usa a Skopje, si tratta di un vergognoso sovvertimento dei principi democratici, mentre Cristina Gallach, portavoce di Javier Solana, ha dichiarato che "cose del genere non devono ripetersi".
Anche Krisztina Nagy, portavoce del commissario all’allargamento Olli Rehn, ha invitato le autorità macedoni a reagire, e l’ambasciatore dell’Ue nel paese, Ervan Fuere, ha sollecitato l’Osce ad indagare sugli incidenti. "Sono molto preoccupato che anche giornalisti siano stati tra le vittime, colpevoli soltanto di fare il proprio mestiere", ha dichiarato poi Fuere.
La tensione ha avuto strascichi il giorno seguente, ad un casello autostradale tra Skopje e Tetovo dove, secondo i media, la polizia ha fermato l’auto del deputato Sadula Duraku, provocando però la rapida reazione degli abitanti del vicino villaggio di Zelino, che si sono radunati in segno di protesta. Una troupe di Alsat Tv è arrivata sul luogo, ma non appena ha iniziato a registrare, il cameraman Igor Ljubovcevski è stato rincorso e picchiato dalla polizia.
"Alcuni membri della squadra speciale Alfa, presenti sul posto, hanno raggiunto il nostro cameraman, gli hanno sottratto la cassetta, distrutto la telecamera e lo hanno picchiato, prima in strada, e poi all’interno delle strutture del casello, dove lo avevano tratto a forza", ha dichiarato Muhamed Zekiri, caporedattore di Alsat tv.
Ljubovcevski è stato subito trasportato in ospedale, dove gli è stata riscontrata la frattura di due costole. Il ministro degli Interni, Gordana Jankulovska, ha reagito velocemente, sospendendo i poliziotti coinvolti e aprendo un’indagine.
"Non permetterò che questo episodio turbi i buoni rapporti del ministero con gli organi di stampa", ha detto il ministro, aggiungendo che "le nostre conclusioni parlano di un uso della forza non necessario, e per questo abbiamo dato il via alle procedure del caso".
Il giorno dopo il ministro ha accusato pubblicamente Ramadam Imeri, uno dei poliziotti coinvolti.
I media hanno reagito compatti alla minaccia comune. Il 27 settembre il governo ha convocato una conferenza stampa, per comunicare il buon risultato della propria politica che, secondo un recente rapporto della Banca Mondiale, ha fatto della Macedonia uno dei paesi con la più rapida evoluzione del proprio clima economico.
Nel momento stesso in cui il premier, Nikola Gruevski, ha pronunciato la prima frase, tutti i giornalisti presenti hanno però abbandonato la sala, lasciando i ministri di stucco.
L’associazione dei giornalisti ha invitato inoltre tutti i propri membri a boicottare le attività del DUI, così che il meeting organizzato lo stesso giorno dal partito a Skopje, per protestare sugli scontri in parlamento, non ha ricevuto copertura mediatica.
"Condividiamo le vostre preoccupazioni", ha dichiarato Gruevski, "e vi prometto che prenderemo in fretta tutte le misure del caso".
Alcuni politici hanno denunciato gli incidenti come un tentativo dei partiti di opposizione, DUI e Socialdemocratici, di mettere in difficoltà il governo in un momento delicato, visto che a breve si aspetta il giudizio di Nato e Ue sui progressi del paese, in vista di una futura adesione.
Questo scenario sembra però improbabile. Quanto successo è più che altro la conseguenza di un atteggiamento culturale. I deputati godono dell’immunità e potrebbero organizzare il loro "regolamento dei conti" in privato, senza minacciare donne e portare uomini armati di fronte al parlamento, magari trasformando gli scontri in avvenimenti sportivi, con tanto di biglietto, fuori dall’orario lavorativo.
Per calmare i poliziotti malati di machismo, invece, il posto più adatto è la galera.
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