Macedonia: bollette amare
Nel 2001 la rete di telecomunicazioni macedone è stata venduta alla Deutsche Telekom. Da allora quest’ultima gode di un monopolio. Il che implica tariffe in costante aumento per i cittadini e profitti alle stelle. Ed il governo sembra non voler far niente
Un cittadino di Skopje il mese scorso si è arrampicato su una cabina telefonica e ha tagliato il cavo. Un atto estremo dato da un amaro risentimento nei confronti del comportamento monopolistico della Telecom macedone, l’unico operatore di telefonia fissa nel Paese. Dopo averlo fatto infatti ha dichiarato che era un gesto dimostrativo nei confronti della compagnia che gli ha disconnesso la linea telefonica a fronte di due bollette insolute. Ha inoltre aggiunto che le istituzioni non fanno nulla di fronte ad atti unilaterali della Telecom.
Un gesto che fa emergere un risentimento diffuso dei cittadini nei confronti della condotta arrogante della Telecom negli ultimi 4 anni in Macedonia.
Nel 2001 il governo macedone ha venduto il 51% delle azioni della Telecom nazionale alla compagnia ungherese Matav, una sottoditta del colosso multinazionale Deutsche Telecom.
La Telecom controlla il 100% delle linee di comunicazione terrestri del paese, essendo l’unico fornitore di servizi, e attraverso la ditta Mobimak, dispone inoltre del 65% del mercato della telefonia mobile del paese. È la più ricca compagnia della Macedonia. E la più odiata.
Sin dall’acquisizione i prezzi dei servizi telefonici sono aumentati, con implacabile regolarità, di anno in anno. Oggi i cittadini macedoni pagano per il telefono quattro volte di più di quanto pagavano nel 2001. La gente sta disdicendo le proprie linee telefoniche. L’accesso a internet da casa è estremamente lento e in un’epoca in cui la tecnologia permette una drastica riduzione dei costi delle comunicazioni, i cittadini macedoni fanno esperienza di un paradossale incremento delle tariffe. Questo non contribuisce solo a all’impoverimento progressivo della gente, ma ha anche un costo nello sviluppo di lungo termine.
Il governo, coinvolto nella vicenda, conduce una lotta che sembra voler disperatamente perdere. Obietta il comportamento della Telecom, s’oppone all’aumento dei prezzi, ma allo stesso tempo raccoglie i dividendi col suo 47% di proprietà della compagnia. Lo scorso anno ha ricevuto 45 milioni di euro. Fa costantemente appello alla liberalizzazione del mercato anche se perde tempo nella formulazione della legislazione necessaria. Solo di recente è passata la necessaria regolamentazione che obbliga la Telecom a condividere la sua infrastruttura di network con altri potenziali operatori.
"Abbiamo approvato gli atti normativi essenziali che creano le pre-condizioni di base per l’apertura del mercato", ha affermato Kosta Trpokovski, direttore dell’Agenzia per le comunicazioni elettroniche. Il direttore si dice ottimista per via del fatto che, a suo avviso, entro il prossimo anno nuovi operatori saranno in grado di entrare nel mercato rompendo il monopolio della Telecom.
Se questo dovesse accadere a breve, sarebbe con un solo anno di ritardo, tenendo conto che nel 2004 la Telecom ha perduto la sua posizione privilegiata di unico fornitore di servizi – un vantaggio ottenuto con l’accordo di vendita del 2001. Un anno significa più di 100 milioni di euro di puro profitto per la compagnia. Il suo profitto stimato per i primi sei mesi del 2005 è di circa 75 milioni di euro. Il direttore della compagnia, Atila Sandrei, è stato recentemente lodato dai suoi responsabili per l’enorme profitto e per il riuscito taglio dei costi. La compagnia ha licenziato per tutto lo scorso anno e ha annunciato nuovi licenziamenti per il 2006.
Comprendendo lentamente il peso politico di essere "nello stesso letto" con la Telecom, e ciò che questo potrebbe significare per la propria immagine in vista delle elezioni politiche del 2006, il governo ha annunciato che venderà la sua quota di azioni. Ma il valore di quel 47% di azioni è ancora scoonsciuto dato che le azioni Telecom non sono sul mercato.
Gli esperti dicono che vendere in questo momento dal punto di vista economico sarebbe una totale follia.
"Il governo si comporta come se possedesse lo 0.1% e non il 47%. Deve decurtare la sua quota dal momento che i dividendi per il prossimo anno saranno potenzialmente enormi. Finché la compagnia avrà dei profitti così alti, il governo non deve vendere", commentano.
Bruxelles ha continuamente sottolineato come vi siano situazioni anomale nel settore delle comunicazioni macedoni facendo anche riferimento ai tentativi del tutto fallimentari di smantellare il monopolio.
L’ultimo rapporto della Commissione, col quale è stato raccomandato lo status di candidato per la Macedonia, comprendeva anche obiezioni sullo stato delle comunicazioni nel paese.
La Telecom ha reagito ad una recente dichiarazione di un diplomatico di Bruxelles, che affermava che in Macedonia non vi fosse "alcuna volontà politica di porre fine al monopolio", con una sorta di lamento dell’innocente: in una lettera indirizzata alla Commissione europea si affermava che in Macedonia legalmente non esiste monopolio. Così è. La legislazione recentemente approvata ha infatti come obiettivo la liberalizzazione del mercato.
Ma davanti ad affermazioni di questo tipo i cittadini macedoni, da qualche anno a questa parte, si sentono presi in giro.
Sono scese in campo anche le ONG che hanno promosso campagne pubbliche, ma senza reali effetti, almeno sino ad ora. Hanno inviato i cittadini a lasciare sollevata la cornetta del telefono, a non pagare le bollette, o a non pagare l’abbonamento, ecc. Forse alcune delle loro azioni legali in tribunale avranno qualche risultato nel medio termine.
Recentemente l’ombudsman si è schierato con le ONG e ha condiviso le loro accuse di condotta illecita da parte della Telecom.
Un recente rapporto commissionato dalla UE, col quale si analizza lo stato del settore delle comunicazioni nel Sud Est Europa, afferma che i paesi della regione sono ancora lontani dalla piena liberalizzazione dei loro mercati.
La Macedonia sta ora percorrendo la strada che ha dovuto seguire la Croazia qualche anno fa. La Croazia ha venduto la propria compagnia di telecomunicazioni alla Deutsche Telecom nel 2001 e ha avuto a che fare con la stessa indecente crescita dei prezzi e con i trucchi per minare la possibilità per eventuali concorrenti di entrare sul mercato. Ma il governo croato è stato più rapido ad affrontare la questione.
Il Montenegro sembra sarà il prossimo a trovarsi in questa situazione, visto che ha venduto la sua Telecom alla stessa multinazionale all’inizio di quest’anno. Praticamente, tutte i piccoli paesi della regione cadono preda di queste multinazionali leste ad infilarsi nel redditizio mercato delle telecomunicazioni.
La Macedonia non ha altra via che la graduale liberalizzazione. Il prezzo che i suoi cittadini hanno pagato e stanno ancora pagando è enorme. È ciò non è causato solo dal comportamento aggressivo di una grande multinazionale. È dovuto ad una misera e irresponsabile capacità di governare dei propri politici.
È sempre difficile dire cosa esattamente spinge i cittadini ad andare alle elezioni e votare. Nei Balcani la rabbia è uno dei motivi. E la Telecom ne ha provocata parecchia. Non da ultimo con la sua arroganza.
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