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L’ultimo viaggio di Ulisse

E’ morto a Belgrado, suicida, Bekim Fehmiu, stella di prima grandezza del cinema jugoslavo, noto in Italia soprattutto per il ruolo di Ulisse nello sceneggiato a puntate "L’Odissea" (1968). Un ricordo dell’attore, nato a Sarajevo nel 1936 da una famiglia albanese del Kosovo

18/06/2010, Francesco Martino -

L-ultimo-viaggio-di-Ulisse

 

Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto,
ché de la nova terra un turbo nacque,
e percosse del legno il primo canto.

Tre volte il fé girar con tutte l’acque;
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giù, com’ altrui piacque,

infin che ‘l mar fu sovra noi richiuso.

L’Ulisse di Dante muore così. In una scena tragica e grandiosa fuori dal tempo, lontano da tutti, ai confini del mondo conosciuto, dopo aver convinto i compagni impauriti e recalcitranti ad andare avanti, sempre più avanti, oltre ogni limite, “per seguir virtute e canoscenza”.

Il mio Ulisse, invece, è morto martedì 15 giugno a Belgrado, in un appartamento del quartiere di Zvezdara. Suicida. L’hanno trovato sul suo letto, al suo fianco la pistola con cui ha messo fine alla sua vita.

L’Ulisse della mia infanzia, l’Ulisse di alcune generazioni di spettatori televisivi, aveva il volto intenso e il corpo atletico di Bekim Fehmiu, una delle stelle di prima grandezza del cinema jugoslavo, noto in Italia soprattutto per lo sceneggiato a puntate “L’Odissea”, fedele trasposizione del romanzo di Omero co-prodotto dalla Rai nel 1968 e diretto da Franco Rossi.

Avevo cinque o sei anni quando l’ho visto in tv. Allora non lo sapevo, ma quella che andava in onda era una replica. Sarà stato il 1984, più o meno. Ricordo però ancora la mia emozione di bambino di fronte a quella storia piena di avventura, di sangue e di mare salato, piena di storie vissute e storie raccontate, insieme fantastica e terribile.

E su tutti la figura umana ed eccezionale di Ulisse, forte, astuto, instancabile, dallo sguardo a volte torvo, a volte commosso a volte stupito, interpretato (l’ho scoperto soltanto molti anni dopo) da un attore nato a Sarajevo nel 1936, da una famiglia albanese del Kosovo originaria di Djakova.

Dopo essersi diplomato alla Facoltà di Arti Drammatiche di Belgrado, Fehmiu ha iniziato a recitare negli anni ’50. La notorietà vera è arrivata però nel 1967, col ruolo di Beli Bora in “Ho incontrato anche zingari felici” (Skupljači perja) di Saša Petrović, che in quell’anno vince il Premio speciale della giuria al festival di Cannes e viene nominato all’Oscar.

Da questo momento inizia la sua carriera internazionale, di cui uno dei primi successi è proprio la serie dedicata all’Odissea. Nelle decine di film girati, Fehmiu ha lavorato insieme a vere leggende del cinema, come John Huston, Ava Gardner, Irene Papas (la Penelope dell’Odissea di Rossi), Claudia Cardinale e Dirk Bogarde.

Fehmiu è stato un vero apripista. Secondo l’autore e produttore italiano Francesco Scardamaglia, “Bekim è stato l’unico attore proveniente dal blocco comunista a recitare in occidente con venti anni di anticipo rispetto all’arrivo di Gorbacev e al crollo del muro di Berlino”. Fehmiu ha tentato anche l’avventura hollywoodiana, stroncata però in partenza dal flop di “The adventurers”, girato nel 1970.

A fine anni ’80, complice il clima pesante che fece da preludio alla fine della Jugoslavia, Fehmiu si è allontanato dall’ambiente del teatro e del cinema. Nel 1987, in segno di protesta verso la crescente politica di discriminazione della popolazione albanese del Kosovo, l’attore ha abbandonato il palcoscenico del Teatro Drammatico Yugoslavo di Belgrado, durante le rappresentazione di “Madame Colontein” opera di Agnette Pleyal. E’ del 1992 l’ultima apparizione cinematografica, in “Gengis Khan” diretto da Ken Annakin.

“La disgregazione della Jugoslavia, la guerra fratricida, la distruzione di Vukovar, il bombardamento di Dubrovnik, l’assedio di Sarajevo, la guerra in Kosovo, il bombardamento di ciò che restava della Jugoslavia, hanno spinto mio padre a isolarsi sempre di più”, aveva scritto tempo fa il maggiore dei suoi due figli, anche lui attore, che porta non a caso il nome di Uliks (Ulisse). “Ha rinunciato volontariamente alla parola, il più bello e forte tra gli attributi di un attore, chiudendosi in un silenzio di protesta. E proprio come direbbe Amleto, ‘Il resto è silenzio’”.

Il figlio minore, Hedon, due giorni dopo la morte del padre ha dichiarato alla stampa: “Ha vissuto ed è morto come un samurai. Se n’è andato in grande stile, così come ha vissuto”. Poi ha aggiunto: “Fino a quattro mesi fa era una persona piena di vita. Poi però è arrivato l’ictus, e tutto è cambiato. Era debole, è invecchiato letteralmente nel giro di una notte. Si muoveva con difficoltà, non era più lo stesso. Non voleva finire così”.

Per una volta, albanesi e serbi (ma anche tutti gli altri abitanti di quella che una volta era la Jugoslavia) piangono insieme un uomo e un artista che in tanti film li ha uniti e fatti sognare. La moglie, Branka Petrić, anche lei attrice famosa, ha ricevuto in questi giorni migliaia di telegrammi di condoglianze.

Dopo la cremazione, per volontà dell’attore, le sue ceneri verranno portate a Prizren, città del Kosovo molto amata da Fehmiu (qui ha vissuto da ragazzo) e disperse nel fiume Bistrica, le cui acque, dopo aver incontrato quelle del Drin, attraversano l’Albania per sfociare nel mare Adriatico.

Itaca, “la pietrosa Itaca” non è poi molto lontana. Credo, sono convinto, che non sia un caso che Bekim, per riposare, abbia scelto lo stesso mare smeraldo su cui è nata la leggenda di Ulisse. E spero che questo suo ultimo viaggio non sia altro che un sospirato ritorno a casa.

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