L’UE resta il principale importatore di combustibili fossili russi
Negli ultimi due mesi la Russia ha guadagnato 63 miliardi di euro dalle esportazioni di combustibili fossili. La quota maggiore delle esportazioni russe (71%) è stata destinata all’Unione europea. Germania e Italia i paesi più legati alle importazioni di combustibili fossili russi
(Originariamente pubblicato da Euractiv , il 28 aprile 2022)
Stando ad una recente analisi pubblicata dal Centro di ricerca sull’energia e l’aria pulita (CREA) con sede a Helsinki, negli ultimi due mesi la Russia ha guadagnato 63 miliardi di euro dalle esportazioni di combustibili fossili. La quota maggiore delle esportazioni russe (71%) è stata destinata all’Unione europea, che dall’inizio della guerra in Ucraina ha versato a Mosca circa 44 miliardi di euro per le forniture di gas, petrolio e carbone.
Guardando ai singoli paesi, la Germania resta il principale importatore di combustibili fossili russi (negli ultimi due mesi ne ha importati per un valore complessivo di 9,1 miliardi di euro), seguita da Italia (6,9 miliardi di euro), Cina (6,7 miliardi), Paesi Bassi (5,6 miliardi), Turchia (4,1 miliardi) e Francia (3,8 miliardi).
Nello studio pubblicato da CREA si afferma che, nonostante il volume delle esportazioni russe sia diminuito dall’inizio della guerra, Mosca negli ultimi mesi ha quasi raddoppiato i ricavi derivanti dalla vendita di combustibili fossili all’UE rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti grazie ad una costante domanda di gas e petrolio e all’aumento dei loro prezzi.
Recentemente, l’UE ha introdotto il divieto di importazione di carbone dalla Russia (la misura entrerà in vigore all’inizio di agosto), e nelle prossime settimane dovrebbe imporre anche un embargo sul petrolio russo. Alcuni paesi e aziende hanno già deciso di sospendere le importazioni di petrolio e gas dalla Russia. Tuttavia, molte grandi compagnie petrolifere di tutto il mondo – tra cui Exxon Mobile, Shell, Total e Repsol – continuano a fare affari con Mosca.
Per quanto riguarda la distribuzione geografica delle esportazioni russe, un quarto delle spedizioni di combustibili fossili dalla Russia si è concentrato in sei porti europei: Rotterdam, Maasvlakte, Trieste, Danzica e Zeebrugge.
Negli ultimi due mesi, le forniture di petrolio russo verso India, Egitto e altre destinazioni “insolite” sono aumentate, ma non in misura sufficiente da compensare il calo del volume delle esportazioni verso l’UE, un calo che – come si afferma nello studio in questione – dimostra che le sanzioni introdotte finora hanno avuto un effetto, seppur limitato.
“Le continue importazioni di prodotti energetici russi, più di ogni altra cosa, incidono negativamente sull’efficacia delle sanzioni contro la Russia”, ha dichiarato Lauri Myllyvirta, analista di CREA, aggiungendo che le esportazioni di combustibili fossili sono di fondamentale importanza per la sopravvivenza del regime di Putin.
Gli autori della ricerca hanno invitato i governi e le aziende a interrompere le importazioni di combustibili fossi russi e di imporre, nel periodo di transizione prima dell’entrata in vigore del divieto, una tariffa punitiva sulle importazioni dalla Russia.
“Nel medio termine, tutte i combustibili fossili possono essere sostituiti ricorrendo a fonti rinnovabili e introducendo misure di efficienza energetica. Dobbiamo però iniziare subito a investire in questi settori. Tali investimenti avranno un impatto di gran lunga maggiore rispetto alla semplice riorganizzazione dei flussi globali di energia fossile, permettendoci così di trarre maggiori benefici economici, ma anche in termini di salute e di sicurezza”, ha sottolineato Lauri Myllyvirta.
Secondo Kostiantyn Krynytskyi dell’ong ucraina Ecoaction, l’analisi realizzata da CREA dimostra chiaramente chi continua a sostenere la guerra. “Ogni goccia di petrolio esportato e acquistato dalla Russia è un’altra goccia di sangue ucraino versato e ogni pezzo di carbone russo è un altro proiettile sparato contro il popolo ucraino. Io, come tanti altri cittadini ucraini, mi rifiuto di pensarla diversamente”, ha affermato Krynytskyi.
I ricercatori di CREA hanno analizzato i dati sui movimenti di oltre mille navi cargo che trasportano combustibili fossili dai porti russi verso varie destinazioni in tutto il mondo, concentrandosi in particolare sulle destinazioni e sul volume delle esportazioni. Nell’analisi sono stati presi in considerazione anche i dati relativi alle forniture di gas russo all’Europa attraverso gasdotti.
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