Lotta per le anime
Le candele, i canti dei monaci, l’incenso e le sue fragranze. La celebrazione della Pasqua è forse la più suggestiva tra quelle che si tengono nel monastero di Dečani in Kosovo. Ma quest’anno, l’atmosfera serena, era quanto mai di facciata. La chiesa ortodossa in Kosovo trema sotto accuse di corruzione, comportamenti immorali e divisioni interne
Nella limpida notte del quattro di aprile, ai piedi dei Monti Prokletije, nell’antico monastero di Visoki Dečani, il vescovo Teodosije e i suoi accoliti hanno celebrato la liturgia della messa pasquale di mezzanotte. Alle luce delle candele, i monaci hanno accompagnato con il canto il suono delle campane, avvolti dal fumo dall’incenso che spandeva la sua fragranza in tutte le celle del monastero.
Dal cortile si poteva sentire l’eco della fontana, mentre dalle cucine si spandeva il profumo dei cibi preparati per il banchetto pasquale. Dopo il lungo inverno e il periodo di quaresima, profumi che rappresentano una vera promessa di rinascita.
Dietro gli spessi e freddi muri in pietra lucida del monastero, dozzine di fedeli hanno condiviso l’atmosfera della più importante festività cristiana. Presenti anche soldati italiani e svedesi, di guardia per il turno di sorveglianza al monastero.
Un semplice fedele non avrebbe mai immaginato che, dietro ad un’atmosfera così serena e festosa, si nasconde però molto più che la semplice e tranquilla vita monastica.
L’Eparchia ortodossa del Kosovo, infatti, è scossa dai colpi sferrati dalla Chiesa Ortodossa Serba, decisa a mettere una volta per tutte la parola “fine” allo scandalo generato da Simeon Vilovski, ex segretario dell’Arcivescovo del Kosovo Artemije, che ha travolto l’eparchia e lo stesso Arcivescovo. Vilovski è accusato di essere direttamente coinvolto in una frode per centinaia di migliaia di euro.
Lo scandalo è culminato nei giorni immediatamente precedenti alla Quaresima, quando l’Arcivescovo Artemije è stato sostituito e l’Arcivescovo dell’Erzegovina Atanasije, ormai in pensione, è stato nominato amministratore ad interim dell’Eparchia del Kosovo. La nomina è stata seguita da un frenetico succedersi di notizie: la rissa tra i monaci avvenuta di fronte al monastero di Gračanica e documentata da un filmato , la fuga in Grecia di Vilovski seguita dalla cattura e dall’arresto dell’ex segretario, l’arresto a Belgrado di Predrag Subotički, titolare di una società di costruzioni privata vicina all’Eparchia del Kosovo. Vilovski e Subotički sono considerati figure chiave nella gestione degli affari dell’Eparchia negli ultimi 5 anni.
Queste notizie sono state un vero e proprio fulmine a ciel sereno per l’opinione pubblica serba. La Chiesa Ortodossa è infatti molto influente nella società serba, in particolare in Kosovo. Molti serbi sono tornati alla fede ortodossa dopo decenni di comunismo di stato, e molti nuovi fedeli sono ferventi nazionalisti e spesso difettano di spirito critico. Buona parte di loro ha interpretato gli scandali che hanno travolto le gerarchie ecclesiastiche in modo a dire poco originale. Naturalmente, molte di queste interpretazioni si rifanno alla vecchia teoria del complotto ai danni della nazione serba.
I serbi del Kosovo sono ancora più attaccati alle istituzioni ecclesiastiche, poiché la considerano un simbolo del loro sacrificio e delle loro sofferenze. La Chiesa è stata infatti l’unica istituzione serba che è rimasta accanto alla popolazione serba del Kosovo dopo il 1999.
Vilovski e Subotički sono accusati di un’enorme frode e di altre azioni illegali e immorali. I media serbi hanno parlato per giorni e giorni della lunga lista di crimini di cui si sarebbero macchiati i principali alleati del Vescovo: riciclaggio di denaro sporco, acquisto di automobili e altri beni di lusso, affitti stratosferici pagati per assicurarsi locali di rappresentanza a Belgrado, appoggio finanziario fornito ad alcune conoscenze dell’Arcivescovo molto discusse e persino il finanziamento di potenti lobby in America. E così via, passando dall’acquisto di un appartamento in Grecia, il finanziamento di un piano pensione per lo stesso Vilovski, gare d’appalto irregolari e il monopolio assoluto esercitato dalla società di Subotički sull’intero processo di ricostruzione delle chiese e degli edifici religiosi in Kosovo. Tutte queste attività sono state finanziate da donazioni provenienti da fondi di beneficenza e dalla diaspora serba, nonché da investimenti diretti del governo di Belgrado.
Per chi è avvezzo agli scandali del clero, queste notizie non rappresentano però una novità. La Chiesa aveva aperto le sue indagini alcuni anni fa, e i sospetti erano stati confermati. Il Santo Sinodo ha più volte bacchettato l’Arcivescovo Artemije, esortandolo ad esercitare maggiore controllo sulla sua Eparchia e di dare maggiore credito alle voci insistenti che circolavano all’interno della Chiesa contro il suo segretario. Tuttavia, poiché gli arcivescovi serbi ortodossi godono di totale autonomia all’interno delle eparchie loro assegnate, il Sinodo non ha mai messo in atto altre misure.
Le autorità serbe si sono lamentate delle mancate reazioni da parte dell’Arcivescovo. Artemije ha sempre mostrato totale fiducia nei confronti del suo segretario Vilovski, ignorando deliberatamente gli appelli del Sinodo in virtù del principio di autonomia delle eparchie. Allo stesso tempo, i suoi seguaci hanno attaccato ferocemente il Santo Sinodo, tacciandolo di essere un’organizzazione religiosa “comunista” e “illegale”.
Da quando, cinque anni fa, Simeon Viloski è diventato il braccio destro di Artemije, diversi scontri a sfondo religioso (ma anche più prettamente politico) si sono innescati all’interno dell’Eparchia del Kosovo. Vilovski iniziò attaccando alcuni monasteri che partecipavano alla ricostruzione, promossa dal governo di Pristina, delle chiese ortodosse e dei monasteri sconsacrati e distrutti in Kosovo. Ma questa era solo la punta dell’iceberg, che nascondeva un odio molto più profondo e un più complesso conflitto d’interessi.
Vilosvski e i suoi seguaci, compreso l’Arcivescovo Artemije, non hanno mai celato la propria animosità nei confronti del Monastero di Dečani, così come l’ostilità nei confronti del resto della comunità religiosa serba, in stretto contatto con la comunità internazionale e con i credenti ortodossi di tutto il mondo. In particolare l’Arcivescovo Teodosije e padre Sava sono stati accusati di tradimento ed ecumenismo.
L’estate scorsa, un incidente avvenuto tra la comunità del Monastero Dečani e Vilovski ha raggiunto le prime pagine dei maggiori quotidiani serbi. Vilovski tentò allora di far destituire l’abate Teodosije e padre Sava e di farli espellere dal monastero.
Si pensa che l’Arcivescovo Artemije non sia direttamente coinvolto nelle frodi perpetrate dai suoi più fedeli collaboratori: tuttavia, è accusato di avere disobbedito al Santo Sinodo e di non avere saputo amministrare la sua eparchia, delegando i propri compiti ad altre persone. È stato temporaneamente rimosso dalla sua carica in attesa della prossima riunione del Sinodo, in occasione della quale gli alti rappresentanti del clero discuteranno il suo caso. Tuttavia, l’Arcivescovo non è stato privato del suo titolo. Artemije, dopo una lunga resistenza, ha dovuto infine accettare le decisioni del Sinodo. Fonti vicine alla chiesa ritengono che un suo ritorno al ruolo precedentemente ricoperto in Kosovo sia sostanzialmente da escludere.
Oltre alle accuse di corruzione contro i suoi più stretti collaboratori, il vescovo deve affrontare anche le accuse di mistificazione e politicizzazione della chiesa, di eccessiva esaltazione della vita monastica e dei monasteri in occasioni pubbliche, e, soprattutto, l’accusa di aver contribuito alla formazione di “sette di fedeli ultra-ortodossi, riconoscibili addirittura da una sorta di divisa”, attivi in particolare nel Kosovo Settentrionale, nonché di avere nascosto “le mele marce presenti nelle gerarchie religiose dell’Eparchia, col pretesto di difendere il Kosovo e la fede ortodossa”. Artemije è accusato di avere allontanato la gente comune dalla Chiesa, appoggiando gruppetti di fedeli estremisti.
Il Vescovo è anche sospettato di avere minato l’unità della Chiesa. Il Santo Sinodo ha invece agito in maniera diametralmente opposta, dichiarando che la nuova amministrazione e i monaci avrebbero depoliticizzato la Chiesa, permettendole di tornare alla sua vocazione originaria: essere vicina alla gente comune e celebrare l’eucarestia.
In attesa della delibera del Sinodo, il nuovo amministratore continua la sua battaglia, visitando fedeli e istituzioni e celebrando l’eucarestia in tutti i monasteri del Kosovo e del Ras. Atanasije vuole mandare un chiaro messaggio alla gente comune, esortandola a tornare nelle chiese per celebrare insieme l’eucarestia, in un appassionato sforzo di ripristinare l’unità dei fedeli.
Il vecchio Arcivescovo Atanasije è rinomato per la sua energia, per il suo temperamento e il suo vocabolario colorito. Appena arrivato, in febbraio, ha preso in mano i siti web del monastero di Banjska e dell’Eparchia del Kosovo, i quali fino a poco tempo prima erano controllati dai seguaci di Artemije e pubblicavano comunicati stampa oltranzisti e radicali.
Il vecchio vescovo di Erzegovina ha aperto anche un altro fronte della sua offensiva, pubblicando testi in lingua inglese e serba in cui parla della nuova vita che attende l’Eparchia, comunicando messaggi ricchi di suggestioni e di speranza ai fedeli. Allo stesso tempo, Atanasije non manca di inviare messaggi minacciosi nei confronti di “piccoli gruppi di monaci ribelli”, “pseudosinagoghe”, “presbiteri disobbedienti e privi di qualsiasi educazione religiosa”, “padrini arroganti”, e “teologi improvvisati”.
Atanasije si riferisce ai monaci dei monasteri di Crna Reka e Sveti Arhangeli, i quali, insieme a dozzine di fedeli, si dichiarano “figli spirituali di Artemije”. Sulla pagina web del monastero di Crna Reka vengono regolarmente pubblicate lettere di protesta dei monaci indirizzati al nuovo patriarca serbo, compresa una missiva a firma dello stesso Simeon Vilovski.
Questi monaci rifiutano di accettare la decisione del Sinodo di nominare Atanasije amministratore della loro eparchia. Accusano Atanasije di tenere in ostaggio l’Arcivescovo Artemije, di avere provocato enormi perdite di fedeli serbi, lo minacciano e paventano un possibile esito tragico della vicenda. Dal pulpito, aizzano contro il vescovo gruppetti dei loro seguaci più fedeli.
Ma il vescovo Atanasije tiene ben salde le redini della comunità. In via simbolica (e con fini strategici), sta dedicando particolare attenzione alle aree settentrionali del Kosovo (abitate principalmente da fedeli di etnia serba).
Atanasije ha celebrato la prima liturgia dopo la veglia pasquale a Mitrovica Sud, in ciò che rimane della vecchia chiesa di Sveti Sava, incendiata durante gli scontri avvenuti nel marzo 2004. Ha poi visitato l’ospedale di Mitrovica Nord, fino a pochissimo tempo fa gestito in collaborazione con l’Arcivescovo Artemije, insieme ad alcuni sacerdoti locali che ha poi insignito di un premio nel corso della visita.
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