L’Orso d’oro è bosniaco
Al Festival del cinema di Berlino vittoria a sorpresa di un film di una regista bosniaca, Jasmila Zbanic. La storia di una famiglia tutta al femminile durante la guerra
Debutto con orso d’Oro per la giovane bosniaca Jasmila Zbanic, che con "Grbavica" ha vinto la 56° edizione del Festival del cinema di Berlino. La giuria presieduta da Charlotte Rampling ha attribuito a sorpresa il primo premio al film che prende il titolo da uno dei quartieri di Sarajevo dove la guerra degli anni ’90 con il lungo assedio fu più cruento. Il film è stato possibile grazie ad una coproduzione fra Bosnia (Deblokada), Austria, Croazia e Germania.
La regsita trentunenne, già conosciuta e apprezzata per una serie di bei cortometraggi e documentari, racconta con tocco personale il dramma all’interno di una famiglia solo al femminile: madre Esma e figlia dodicenne Sara, frutto di uno stupro etnico durante la detenzione in un campo di concentramento.
La prima lavora fino a tarda notte in un pub, frequenta un’associazione di donne che hanno subito stupri e non sa come rivelare la verità alla figlia. L’adolescente si ribella come tante coetanee e vuole scoprire il mondo, inclusa l’identità del padre, che crede essere uno shaheed, un combattente che ha difeso la città dall’assedio serbo e scomparso in guerra.
Un film toccante, molto umano, che non rinuncia allo humor balcanico senza ridurre tutto a stereotipo. Solo le figure maschili, del resto molto secondarie, sono un po’ clichè: violente e inclini al denaro facile e agli affari illegali. Solo Samir, il ragazzino amico di Sara, ha qualcosa di diverso dagli altri. È orfano di padre, ucciso dai cetnici nei dintorni di Zuc, e vive un po’ sospeso dal mondo.
Alle riprese del film (un po’ come aveva fatto Marco Bechis con i desaparecidos argentini in "Garage Olimpo") hanno partecipato anche alcune donne violentate durante il conflitto e che, nel silenzio e nella dimenticanza generale, cercano di superare il trauma.
Come segno di riconciliazione e speranza la madre è interpretata da una delle più grandi attrici serbe, Mirjana Karanovic, protagonista di molti film di Kusturica e Paskaljevic, che, dopo la disgregazione dell’ex Jugoslavia, ha lavorato in quasi tutte le nuove Repubbliche sia al cinema sia in teatro. La figlia è interpretata dalla giovane Luna Mijovic che allo scoppio della guerra nel ’92 aveva poche settimane. Nel cast anche Dejan Acimovic e Leon Lucev. Il finale è in crescendo, molto intenso e forte. Jasmila Zbanic sa cogliere la verità delle sue attrici e sa trasmettere emozioni che vanno dirette al cuore dello spettatore.
Per la Bosnia la conferma di un periodo di grande creatività a dispetto delle difficili condizioni economiche: l’onda innescata dall’Oscar a "No Man’s Land" di Danis Tanovic pare non fermarsi. Zbanic è la prima regista a completare un lungometraggio, ma anche Aida Begic (già vincitrice a Cannes fra i cortometraggi) è pronta a seguirne le orme.
"Grbavica" era l’unico film balcanico nella selezione ufficiale e anche al sempre più importante mercato del cinema, l’European Film Market, il sud est europeo era poco rappresentato: vi erano solo Slovenia e Ungheria, riunite con Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca nello stand "Europa Centrale". Nel "Panorama" è invece passato il rumeno "Legaturi bolnavicioase – L’amore malato" di Tudor Giurgiu, già aiuto regia di Radu Mihaileanu e Lucian Pintilie all’esordio nel lungometraggio.
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