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Lora, la seconda volta

La recente condanna di otto poliziotti croati per i delitti commessi nel carcere di Lora migliora l’immagine della magistratura, accusata da più parti di corruzione, nepotismo e parzialità sul terreno dei crimini di guerra. Ma la situazione è ancora lontana dalla normalità

07/03/2006, Drago Hedl - Osijek

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Otto ex membri della polizia militare croata sono stati condannati il 2 marzo scorso dalla Corte per i crimini di guerra della Contea di Spalato. La condanna complessiva è di 53 anni di reclusione per crimini di guerra commessi contro civili nell’allora carcere militare di Lora, vicino a Spalato, nell’estate del 1992.

Si è rimediato in questo modo ad uno dei più grossi scandali della magistratura croata, verificatosi nel novembre 2002, quando lo stesso tribunale di Spalato aveva assolto lo stesso gruppo, per lo stesso crimine, con la motivazione di "assenza di prove". L’assoluzione, che nel novembre 2004 era stata confermata dall’Alta corte, aveva recato un grosso danno all’immagine della magistratura croata, che in questo modo veniva considerata uno degli elementi più deboli delle istituzioni statali croate.

Il giudice Slavo Lozina, che aveva concluso il primo processo ai poliziotti con la sentenza di assoluzione, è responsabile anche per il fatto che la metà degli accusati, quattro di loro, non sconteranno la condanna, dal momento che sono latitanti. È lui infatti ad avere la responsabilità maggiore per aver scarcerato, nel luglio 2002, sette degli otto accusati, per permettergli di difendersi a piede libero. Da allora si sono perse le tracce di quattro imputati. Il giudice Lozina, d’altra parte, è noto anche per aver stretto la mano agli accusati prima dell’inizio del processo.

Il processo col quale gli otto ex poliziotti vengono ora condannati alla reclusione da otto a sei anni, per l’omicidio di due civili serbi e il maltrattamento dei prigionieri di guerra nel carcere militare di Lora, ha riparato almeno parzialmente l’immagine della magistratura. Il sistema giudiziario croato è stato infatti caratterizzato da una serie di scandali, sentenze scioccanti, corruzione e nepotismo, e da un’enorme quantità di processi irrisolti, divenuti uno dei maggiori ostacoli all’ingresso del paese nell’Unione europea.

La sentenza di assoluzione aveva inorridito una parte dell’opinione pubblica croata, avendo una forte eco anche all’estero. La missione di osservatori dell’OSCE Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europe, ndt in Croazia aveva a più riprese segnalato che i tribunali croati osservavano una prassi del tutto differente quando si trattava di crimini di guerra commessi da serbi o da croati. L’analisi dei processi per crimini di guerra in Croazia, condotta dalla missione dell’OSCE, riferita al 2002 – quindi proprio nel periodo in cui è iniziato il primo processo per i crimini di Lora – afferma che di 131 persone sotto inchiesta per crimini di guerra, 114 erano di nazionalità serba. Di 32 accusati 19 sono serbi; e tra 115 persone che in quell’anno erano sotto processo, 90 erano serbi. Di 52 persone condannate, 47 erano serbi. L’OSCE, che nel 2002 ha seguito 75 processi per crimini di guerra presso i tribunali croati, ha riscontrato che addirittura l’83 percento di tutti i serbi che sono stati processati per crimini di guerra sono stati riconosciuti colpevoli, mentre quando si tratta dei croati il numero è incomparabilmente inferiore e raggiunge un misero 18 percento.

La ripetizione del processo di Spalato, col quale dopo tre anni e mezzo è stata corretta la scandalosa sentenza del tribunale, è avvenuta solo pochi giorni dopo che la Commissione europea aveva rinviato l’analisi dei capitoli relativi alla magistratura, che doveva prendere il via in marzo, ma che è stata prorogata a settembre. Benché la Zagabria ufficiale abbia cercato di relativizzare questo scomodo fatto, interpretandolo come una questione di natura tecnica piuttosto che politica, perché in questo modo viene dato alla Croazia più tempo per "condurre le riforme della magistratura", è del tutto chiaro che si tratta in realtà di un serio avvertimento di Bruxelles che la Croazia non sarebbe passata bene all’esame.

Contemporaneamente al rinvio dell’esame dei capitoli sulla magistratura, la sezione croata di Transparency International ha pubblicato dei dati che avvertono ulteriormente della drammatica situazione in cui versa la magistratura, affermando un altro serio esempio riguardante i tribunali croati. Questa organizzazione ha, infatti, raccolto per 14 mesi le denunce di corruzione sollevate dai cittadini. Di circa 1.100 casi dei quali si avverte in modo giustificato che c’è stata corruzione, la maggior parte – addirittura il 41 percento – si riferisce alla magistratura!

"La magistratura è ancora molto lontana dalle necessarie riforme, e gli scandali che si susseguono uno dietro l’altro, indicano bene quale sia il reale stato delle cose", commenta in un editoriale sul quotidiano "Jutarnji list" la nota giornalista Sanja Modric.

Persino la recentemente destituita ministra della giustizia Vesna Skare-Ozbolt, che il premier Sanader ha escluso dal governo in febbraio, ha dichiarato di aver dovuto lasciare il governo perché voleva sradicare la corruzione dalla magistratura. Sull’influente "Wall Street Journal", l’ex ministro afferma quanto segue: "Ho lavorato a lungo e pesantemente alle riforme della magistratura e allo sradicamento della corruzione. Ma l’HDZ Unione Democratica Croata, partito del premier Sanader, ndt non è così devoto agli obiettivi europei come lo è il mio partito. L’ex ministro della giustizia è presidentessa di un piccolo partito, Centro democratico (DC), nato nel 2000, quando una parte degli insoddisfatti, tra cui lei, lasciarono l’HDZ.

"Delle proposte anticorruzione il mio ministero non ha più nulla. Gli sforzi di realizzare una tale strategia anti-corruzione, che è stata valutata positivamente dalle organizzazioni non governative croate e dal Consiglio d’Europa, sono stati ignorati o fermati dal governo Sanader", sostiene l’ex ministro.

La figuracce alle quali si è esposta la magistratura croata nei processi per crimini di guerra, così come nei casi di corruzione dei giudici, non sono tuttavia le uniche critiche sul conto della magistratura.

L’Unione europea considera tra le varie questioni di una certa importanza anche i problematici criteri di scelta dei giudici, così come il fatto che i giudici in Croazia sono immuni dai processi penali. Proprio l’immagine dei quadri dei tribunali croati è il problema maggiore, perché un alto numero di giudici in carica è stato scelto al tempo del governo del primo presidente croato Franjo Tudjman. Al tempo, la cosa più importante era che il giudice fosse "politicamente adeguato", mentre nessuno teneva conto della competenza. Così è potuto accadere che fossero scelti come giudici persone come Slavo Lozina, che ha condotto il primo processo per i crimini di guerra di Lora.

La Croazia, così come tutti i paesi in transizione, dopo la caduta del comunismo, si è confrontata con la necessità della riforma della magistratura ma questa, considerano gli esperti, è stata fatta in modo che la destituzione del maggior numero di giudici dei vari livelli (da quello municipale all’Alta corte) è stata eseguita in modo tale che i giudici sono stati scelti per la loro appartenenza ai partiti e secondo il gusto dei governanti. Sicché, in effetti, non è cambiato niente perché tutta una serie di giudici, scelti secondo lo stesso principio, è stato sostituito da un’altra, nella quale la politica ha avuto lo stesso ruolo determinante.

"Questo cambiamento non ha garantito la motivazione per la quale era stato adottato", afferma uno degli ex giudici destituiti dalla sua funzione dopo l’introduzione dello stato croato nel 1991. "A quel tempo si parlava di cambiare i giudici perché erano stati messi in carica dal governo comunista, e che i giudici adesso si sarebbero scelti sulla base della competenza. Ma non è mai successo. Si è scambiato il criterio di adeguatezza al potere comunista con un criterio identico, sicché sono diventati giudici quelle persone fedeli all’HDZ, che vinse le prime elezioni pluripartitiche nel 1990".

Oggi la Croazia, sulla via verso l’Europa, paga caro il prezzo di tali "riforme".

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