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L’onda di Wikileaks sulla Turchia

La politica estera turca basata su “zero problemi” con i vicini, potrebbe subire gravi ripercussioni dalla diffusione dei rapporti in mano a Wikileaks. Nei pochi documenti pubblicati finora emergono i rapporti tra Ankara e la Russia, l’Azerbaijan, l’Iran e il Medio Oriente

10/12/2010, Fazıla Mat -

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Tenuto conto dei 7.918 cablogrammi che sarebbero in mano a Wikileaks, l’ambasciata statunitense di Ankara risulta la rappresentanza diplomatica USA con il numero più elevato di dispacci spediti a Washington. Finora, sul sito di Julian Assange, sono state pubblicate solo alcune decine di documenti sulla Turchia, sufficienti però a scatenare un acceso dibattito nel Paese. E se il malumore del governo sembra concentrarsi maggiormente sul carattere di gossip di alcune affermazioni presenti nelle note diplomatiche, secondo alcuni analisti, sono da attendersi importanti ripercussioni sui rapporti di Ankara con i Paesi confinanti e sulla sua politica estera basata su “zero problemi” con i vicini.

Relazioni Turchia-Azebaijan: fratelli coltelli

Un problema, secondo la stampa turca, potrebbe per esempio manifestarsi con il “Paese fratello” Azerbaijan a causa di alcune frasi del Presidente azero Ilham Aliyev, trascritte in una comunicazione diplomatica USA (25 febbraio 2010). Oltre alle già note posizioni di Baku, contrarie ad una normalizzazione dei rapporti tra la Turchia e l’Armenia, e alle sue preoccupazioni su eventuali ripercussioni negative riguardo alla questione del Nagorno-Karabakh, i suggerimenti del cablo confermano che Aliyev abbia utilizzato il metano azero come mezzo di ricatto per le trattative tra Ankara e Yerevan.

Dalla nota risulta inoltre la posizione profondamente avversa del Presidente azero nei confronti dei progetti energetici turchi associati alla Russia e l’antipatia nei confronti del premier Erdoğan. Aliyev avrebbe affermato che “il vero motivo dell’accordo di vendita del metano”, raggiunto con la Russia in quel periodo, fosse quello di “illustrare ‘ai nostri amici turchi’ che non gli sarà permesso di diventare un centro di distribuzione del gas”. Il cablogramma, citando ancora Aliyev, annota inoltre che il Ministro turco dell’Energia Taner Yıldız avrebbe chiesto al Presidente della società petrolifera statale dell’Azerbaijan perché volessero rovinare i rapporti della Turchia con la Russia, e se avessero veramente bisogno del progetto Nabucco.

Sempre nella stessa comunicazione si annota che Aliyev abbia affermato di non gradire il premier turco Erdoğan, screditando il suo governo per l’atteggiamento ingenuo in politica estera e per le iniziative fallite, inclusa la perdita di consensi tra i tradizionali amici internazionali, per via dell’ostilità di Ankara verso Israele.

Finora, come se il gioco della diplomazia non si fosse mai interrotto, la presidenza dell’Azerbaijan ha immediatamente smentito i contenuti pubblicati– “non rappresentano in alcun modo la realtà”, mentre con altrettanta rapidità il Presidente della Repubblica turca Abdullah Gül ha riaffermato la tradizionale retorica dell’ amicizia tra i due Paesi “noi siamo Stati diversi di un’ unica nazione. Può non sembrare così da fuori e si possono fare valutazioni diverse, ma la realtà è questa”.

Relazione Turchia-Russia: armi ai curdi

Il quotidiano inglese “The Guardian” è stato il primo a pubblicare invece un altro file, originato dall’ambasciata USA di Madrid (8 febbraio 2010), che riguarda i rapporti tra la Turchia e la Russia, e in particolare la vendita di armi che da parte dei russi ai separatisti curdi attivi in Turchia. Basandosi su un rapporto presentato dal procuratore spagnolo della Corte nazionale José Pepe Grinda Gonzalez, che indagava sui legami tra la mafia e l’intelligence russe, l’ambasciatore americano presenta l’esempio di Zahary Kalashov, leader della mafia russa attualmente detenuto in Spagna, “che avrebbe lavorato per i servizi segreti militari della Russia per vendere armi ai curdi al fine di destabilizzare la Turchia”.

Relazione Turchia-USA: cautela con Iran e Israele

Il dispaccio diplomatico dell’ambasciata di Ankara (25 febbraio 2010) che riassume le questioni trattate nell’incontro intitolato “Visione comune e dialogo strutturato” tra William Burns e Feridun Sinirlioğlu, rispettivamente sottosegretari per gli Esteri americano e turco, presenta punti di notevole interesse riguardanti la posizione della Turchia nei confronti di Iran e Israele, entrambe al centro del dibattito sulla questione del suo “cambiamento di asse”; una questione che risulta aver occupato anche una buona parte delle considerazioni dell’ambasciatore USA di Ankara James Jeffrey.

Durante la riunione, Burns avrebbe chiesto a Sinirlioğlu un forte appoggio per far accettare all’Iran l’erroneità della propria scelta [l’arricchimento del nucleare]. Il sottosegretario turco, ribadendo l’opposizione del governo di Ankara ad un Iran nucleare, avrebbe esposto la preoccupazione dello stesso governo per le conseguenze negative di un eventuale intervento militare contro Teheran, eventualità che avrebbe danneggiato anche l’opposizione iraniana. Burns avrebbe riconosciuto i danni economici per la Turchia derivanti dalle sanzioni all’Iran, ma avrebbe anche fatto presente che gli interessi turchi sarebbero comunque compromessi se Israele aggredisse l’Iran o se Egitto e Arabia Saudita si mettessero a costruire i loro propri armamenti nucleari.

La decisione americana emersa dalla riunione fu dunque quello di tenere la porta delle trattative aperte, ma anche di dimostrare all’Iran la loro risolutezza con sanzioni pianificate con accortezza. Dal canto suo, la parte turca accettò il fatto che i Paesi dell’area considerano l’Iran come una minaccia crescente e che è necessario darle un messaggio unificato. Per quanto concerne i rapporti con Israele, Sinirlioğlu avrebbe invece affermato che “il problema non è bilaterale, ma generale” e che “nonostante tutto la collaborazione continua, la Turchia acquista dall’Israele materiale militare, tra i due Paesi continuano ad esserci i voli e il commercio” e che “il turismo è diminuito un po’ ma tornerà come prima”.

Un riferimento di Sinirlioğlu riguarda anche l’intenzione del governo turco di intraprendere un progetto per collegare le riserve di gas iracheno alla rete turca, [parallelo all’oleodotto Kerkuk-Yumurtalık già esistente]. Un progetto che secondo il sottosegretario potrebbe avere il merito di unificare i gruppi interni all’Iraq, ma sarebbe avversato dall’Iran.

Il quotidiano "Hürriyet" riporta un altro dispaccio diplomatico in cui il Presidente iracheno Jalal Talabani, in un incontro con il Segretario alla Difesa USA Robert Gates, avrebbe riferito che i turchi, come del resto tutti gli altri vicini (i Paesi del Golfo Persico e l’Arabia Saudita con i soldi, l’Iran con i soldi e l’influenza, la Siria in tutti i modi), cercano di incidere sui loro affari interni in modo “educato”, ma tentando sempre di influenzare i turkmeni e i sunniti di Musul. Dalle comunicazioni americane emerge anche che la Turchia appoggerebbe finanziariamente i gruppi iracheni contrari ai curdi. 

Relazione Turchia-Russia: dipendenze

I piani della Turchia sul tema energetico hanno attirato l’attenzione dei diplomatici statunitensi in più di un’occasione. Il quotidiano “Radikal” nota che nei file è presente anche la contrattazione con i russi per l’approvvigionamento di petrolio con l’oleodotto Samsun-Ceyhan, progettato dall’italiana Eni e dal gruppo turco Çalık. Il giornale annota anche la coincidenza con cui i russi avrebbero accettato di fornire il petrolio proprio al momento della conclusione dell’accordo sulla centrale nucleare turca che verrà da loro costruita. In un’altra nota diplomatica risulterebbe poi che la società Turang A.Ş. di Sıtkı Ayan, un compagno della scuola religiosa frequentata in passato dal premier Tayyip Erdoğan, avrebbe ottenuto il diritto di transito per il progetto che vede il trasferimento del gas iraniano in Germania.

Relazione Turchia: i conti esteri di Erdoğan

Le valutazioni dei tre ambasciatori USA di Ankara, Eric Edelman, Ross Wilson e James Jeffrey coprono il periodo che va dal 2003 al Febbraio 2010, data in cui culminano le discussioni sul programma nucleare dell’Iran. Edelman è tacciato dall’opinione pubblica turca come il più ostile al governo dell’AKP (Partito della giustizia e dello sviluppo). È suo il dispaccio che riporta l’informazione secondo cui il premier Erdoğan disporrebbe di otto conti correnti bancari in Svizzera. Il premier ha negato l’accusa e ha annunciato che intraprenderà un’azione legale nei confronti dell’ambasciatore. In risposta il vicesegretario di Stato americano Philip Crowley ha affermato che “i nostri diplomatici presentano delle valutazioni sincere e oneste sugli sviluppi che si registrano nei Paesi. Questo è utile e importante. (…) In alcuni momenti le valutazioni possono essere legate, non a ciò che percepisce il diplomatico, ma a ciò che un terzo gli ha riferito. Questa è la natura della diplomazia”. Tuttavia, il vicesegretario non ha voluto fare commenti sulle accuse riguardanti i presunti conti in Svizzera di Erdoğan.

Relazione Turchia-Balcani e Medioriente: paura ottomana

La nota diplomatica dell’ambasciatore Jeffrey (20-01-2010) definisce la nuova politica estera della Turchia una situazione “estremamente confusa” per gli Stati Uniti. Se da una parte è considerato positivo l’alleggerimento del carico USA nella regione, dall’altro viene ricordato che comporterà anche una “perdita di controllo”. Allo stesso modo, le zone aeree turche e quella di Habur sono dette “indispensabili” per le operazioni in Iraq e in Afghanistan e la Turchia un alleato molto importante. “Quello che spaventa veramente” sarebbe l’eventuale fallimento delle “aperture” di questa nuova politica estera e il successivo effetto negativo sulla politica turca e sulla regione. Ma la politica ottomana condotta nei Balcani e nel Medioriente dal ministro degli Esteri Ahmet Davutoğlu, caratterizzata da un “ritorno al passato” e dalla tendenza a collaborare con attori regionali più islamici e preoccupanti sarebbero, per l’ambasciatore, causa di nuovi problemi.

A Jeffrey ha risposto indirettamente il ministro Davutoğlu in un’intervista rilasciata qualche giorno fa al "Washington Post": “L’Inghilterra costituisce con le sue vecchie colonie un Commonwealth delle nazioni. Perché la Turchia non dovrebbe ricostituire una leadership nei vecchi territori ottomani, nei Balcani, nel Medioriente e nell’Asia centrale?”.

Sarà da vedere quali altre ambizioni metterà in bella mostra Wikileaks.

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