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L’oasi di pace

Nonostante sia stata spesso tratteggiata come un’oasi di pace e tranquillità, la Macedonia oggi si trova a dover combattere contro una diffusa microcriminalità, contro i traffici illeciti e quelli internazionali

14/12/2004, Risto Karajkov - Skopje

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Un’oasi di pace, questa è la frase che erano soliti usare i politici macedoni per riferirsi al loro paese nei primi anni ’90, riferendosi alla miracolosa assenza di conflitti armati, che nel frattempo stavano distruggendo il resto della ex Jugoslavia. La frase ha sempre contenuto una qualche sfumatura di ingenuità, tuttavia era chiaro che fosse usata come un cliché durante gli incontri con le controparti straniere. Il conflitto fece la sua comparsa nel 2001, e la Macedonia fu fortunata ad averne uno che non si sia allargato all’intera regione.

Ciò che i diplomatici stranieri, vivendo a Skopje negli anni ’90, non hanno mai mancato di sottolineare è stata la qualità della vita della capitale, in cui c’era un’atmosfera di tranquillità e di sicurezza. Il fatto che si possa passeggiare per le strade della città dopo la mezzanotte senza guardarsi dietro le spalle, forse è anche segno di tranquillità.

Tuttavia, secondo i dati del Macedonian National Rifle Association, oggi la Macedonia è tra i paesi in Europa con il più alto numero di incidenti mortali causati da armi da fuoco, con 42 morti per milione di abitanti, dietro il campione assoluto, la Russia con 265 e l’Estonia con 62. La sua media è dieci volte quella dell’UE, la quale ha 4 omicidi per milione di abitanti in un anno. Mentre i leader mondiali sono la Colombia e il Sud Africa.

Secondo alcuni rapporti molte armi sono confluite nel paese come conseguenza delle rivolte albanesi del 1997, quando i magazzini di armi e della polizia vennero saccheggiati, consentendo una diffusione su tutto il territorio nazionale dei disordini civili. È stato stimato che circa 600.000 pezzi di queste armi da fuoco siano stati rubati. Con tutte le guerre nei Balcani, il commercio di armi si è sviluppato ampiamente per oltre un decennio.

La fine del conflitto armato del 2001 lasciò il Paese con un numero stimato di 100.00 pezzi di armi illegali. Il progetto di amnestia per le persone coinvolte nel conflitto, un passo logico verso la negoziazione di un accordo di pace, fu seguito da una campagna nazionale di disarmo che terminò nel dicembre 2003. Condotta da UNDP, la campagna fu appoggiata dal governo, da tutti i soggetti politici del Paese e dalla comunità internazionale. La campagna terminò con un dichiarato successo, circa 7.500 armi da fuoco o parti di esse furono smantellate.

L’importanza della campagna fu vista nell’ottica della volontà politica di andare oltre, piuttosto che sull’importanza del numero di armi raccolte. Gli osservatori e l’opinione pubblica generale in parte ridicolizzarono e in parte reagirono alla distruzione di esemplari di armi da museo dell’inizio del 20° secolo (alcuni persino del 19°).

Sicché le armi sono rimaste e la gente lentamente è ritornata ad usarle sempre più come metodo di soluzione dei problemi, esprimendo rabbia o frustrazione.

In Macedonia ogni mese ci sono almeno due attacchi eseguiti con bombe. Solitamente gli ordigni vengono attivati nelle piazze dove si ritrova la gente o sotto le autovetture, per rammentare i debiti insoluti, le pressioni per estorsione, o come mezzo per ogni tipo di rivendicazione. Ce ne sono parecchie in giro, e oltretutto costano anche poco.

Un uomo di Bitola lo scorso anno entrò in una casa di un uomo e dopo avergli picchiato la moglie lo prese in ostaggio. Oltre ad avere avuto in mano un’arma automatica aveva pure due bombe, una delle quali innescata ferì dei bambini prima che l’uomo venisse colpito a morte dalla polizia.

Non di rado vengono impiegate anche armi da fuoco più efficaci, come per esempio i bazooka, utilizzati in diverse occasioni anche nel centro di Skopje o nelle tranquille aree residenziali, per regolare i conti degli affari.

Va notato che anche il crimine segue le tendenze, nonostante ci siano crimini intramontabili. Questa estate andavano di moda i furti alle stazione di benzina. Un totale di 24 stazioni di cui 17 a Skopje. Gente armata e mascherata. Gli impiegati sono stati avvisati dall’amministrazione della compagnia di portare via i soldi. Mentre la polizia è incapace di fermare i criminali.

Un altro trend parallelo sono gli uffici di cambio e le banche, negli ultimi mesi, nella sola Skopje, oltre 20 di questi luoghi sono stati assaliti in pieno giorno da uomini armati e mascherati.

Un altro trend molto in voga prima di questi, ma che resiste ancora, riguardava i taxisti. Mentre l’ultima moda del crimine è l’attacco al postino che porta le pensioni ai pensionati.

Nel suo rapporto sulla corruzione relativo al 2003 Transparency International afferma che la Macedonia è tra i Paesi più corrotti del mondo. Su una lista di 133 stati, solo 27 stati africani e asiatici sono sopra la Macedonia, la quale in Europa è seconda solo all’Ucraina e condivide il suo primato con la Seria e Montenegro. La Macedonia ha perso 40 posizioni tra il 1999 e il 2003.

Nello stesso periodo di tempo sono entrate in vigore la Legge e la Commissione statale sulla corruzione, ma senza alcun risultato. "Il crimine cresce proporzionalmente con il numero delle commissioni di governo create per combatterlo", ha detto Nikola Tupancevski, docente di diritto penale alla facoltà di Legge di Skopje.

All’inizio di quest’anno sono state avviate oltre 600 casi di accuse per crimini contro la corruzione, comunque solo pochi indizi e nemmeno un verdetto. La polizia fa appello alla corte e ai procuratori, le corti alla debole legislazione, gli esperti alle istituzioni e alla scarsa volontà politica e di coordinazione. Infine le istituzioni si rifanno alle generali condizioni di vita e alla povertà economica.

Il crimine riesce a fare molto bene tutto ciò che i governi e la gente della regione non riesce a fare: cooperazione, sia regionale che multietnica. Per l’Europol, il maggior ostacolo alla lotta al crimine organizzato nei Balcani lo si trova nel fatto che ogni governo sta cercando di risolvere la questione per proprio conto e praticamente non c’è alcuno scambio di informazioni. Sono state create molte iniziative regionali, networks, progetti, programmi e azioni, mentre i politici della regione sono ospiti popolari di conferenze di alto profilo sul tema del crimine. La Commissione europea sta mettendo in guardia sul fatto che il crimine organizzato riguarda sempre più i Balcani.

Secondo il recente sondaggio del Gruppo per il controllo dei rischi la Macedonia rientra nel gruppo dei paesi più rischiosi per gli investimenti stranieri. Si trova in compagnia dell’Afghanistan, del Burundi, del Rwanda, del Kosovo e di altri dodici paesi.

Un’altra grande rotta del crimine in Macedonia è il traffico di esseri umani. Lo scorso anno l’ambasciatore Usa a Skopje criticò apertamente i giudici macedoni per la sentenza estremamente morbida applicata dalla corte di Struga nei confronti del cosiddetto re del traffico di donne della regione, Dilaver Bojku Leku.

Secondo i rapporti ufficiali, in Macedonia oltre 2.000 donne vengono schiavizzate e forzate alla prostituzione, e spesso vengono torturate e in diversi casi sono state pure uccise.

Infine, la polizia macedone ha arrestato questa estate Carlito Brigante all’aeroporto di Skopje. Il suo vero nome è Vulnet Makelari, ma lo ha cambiato in Carlito Brigante dopo aver visto il suo eroe cinematografico, nel film del ’93 di Brian de Palma, interpretato da Al Pacino. È stato arrestato più volte ma poi rilasciato. Al momento dell’arresto stava tornando dall’Italia dove aveva trascorso un periodo di tempo in prigione per crimini commessi oltre Adriatico.

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