Tipologia: Intervista

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Area: Kosovo

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Liste aperte, rivoluzione a metà

Il 17 novembre gli elettori kosovari avranno la possibilità di indicare, oltre il partito, anche i nomi dei candidati che vogliono eleggere all’Assemblea Parlamentare. Punti di forza e limitazioni del nuovo sistema in un’intervista con Ilir Dugolli, noto analista del think-tank Kipred

15/11/2007, Francesco Martino - Pristina

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Ilir Dugolli è uno dei più noti analisti del think-tank Kipred, con sede a Pristina, di cui è stato uno dei fondatori nel 2002. Esperto in diritti umani e legge costituzionale, collabora regolarmente con quotidiani e riviste accademiche kosovari. Con lui abbiamo parlato degli effetti e delle limitazioni del nuovo sistema elettorale, ma anche del peso delle donne in politica, e dello squilibrio di rappresentanza tra Pristina e le altre regioni del Kosovo.

Kipred ha sottolineato più volte il deficit di rappresentanza determinato dal sistema delle liste chiuse. Nelle elezioni del 17 novembre, per la prima volta in Kosovo i cittadini avranno la possibilità di indicare, oltre al partito, anche i candidati che vogliono vedere nell’Assemblea Parlamentare. Quali saranno le conseguenze di queste nuove regole?

L’introduzione delle liste aperte costituisce senza dubbio un miglioramento del sistema elettorale utilizzato fino ad oggi. Non tutti i problemi sono però risolti. Personalmente avrei voluto soprattutto una divisione del Kosovo in più circoscrizioni elettorali, in cui eleggere i candidati su base territoriale. Il fatto che il Kosovo sia oggi un’unica circoscrizione ha svalutato la portata delle riforme introdotte, vanificando almeno in parte la creazione di un rapporto più chiaro del mandato elettorale tra elettori ed eletti. Un’altra limitazione è rappresentata dalla complessità del sistema di voto che, comunque è compensata dalla maggiore libertà di espressione di volontà politica che il nuovo sistema garantisce.

In queste elezioni, almeno a livello parlamentare, si potranno indicare ben dieci preferenze. Questo potrebbe portare al rischio di un sensibile aumento degli errori, e quindi delle schede nulle?

Naturalmente un maggiore grado di complessità porta ad un maggiore rischio, almeno potenziale, di errore. Con il nuovo sistema, che permette una notevole possibilità di scelta, le operazioni di voto saranno inoltre più lunghe. Bisogna però sottolineare che fino ad oggi, nelle elezioni tenute in Kosovo, la percentuale di schede nulle si è tenuta sempre sotto la soglia dell’1%, un dato in media inferiore a quello ottenuto anche nelle democrazie mature. Io credo che il rischio di un aumento degli errori sia sostenibile, se questo garantisce una maggiore libertà di espressione. Inoltre il diritto di indicare delle preferenze è facoltativo, e gli elettori possono scegliere di non esercitarlo. Il problema principale in questo senso, probabilmente, verrà invece dal fatto che si terranno contemporaneamente tre tornate elettorali, quelle per l’Assemblea Parlamentare, quelle per l’elezione diretta dei sindaci e quelle per i consigli municipali. La presenza di più schede potrebbe provocare qualche confusione.

Che cosa ha comportato l’introduzione delle liste aperte sull’equilibrio interno degli stessi partiti e nella selezione dei candidati da proporre agli elettori?

Senza dubbio il nuovo sistema ha portato i partiti a scegliere con più attenzione le personalità che hanno inserito all’interno delle proprie liste elettorali, andando a pescare nomi conosciuti e presenti all’interno della società. Questo ha consentito l’ingresso in lista di uomini e donne non appartenenti agli stessi partiti, e spesso fino ad oggi non coinvolti in prima persona in politica, persone che fanno parte della cosiddetta "società civile", dei media ecc… Questo fenomeno ha avuto, come conseguenza diretta, anche la nascita di una competizione interna ai partiti, che ha raggiunto un livello fino ad oggi sconosciuto in Kosovo. Questa competizione, sviluppata all’interno di un contesto di pari opportunità, può avere effetti largamente positivi sia per gli elettori, sia per gli stessi partiti politici.

Ma non è paradossale che, con un sistema di liste aperte, in campagna elettorale tutti i partiti abbiano puntato decisamente sulla figura del proprio leader?

Sì, senza dubbio questo atteggiamento ha dei tratti paradossali. Non bisogna, però, sottovalutare il fatto che molti candidati stiano portando avanti anche una loro campagna personale, che vuole soprattutto far conoscere agli elettori il numero di lista collegato al proprio nome. Perché se da una parte il numero di deputati riservati ad ogni partito verrà stabilito dalla percentuale ottenuta a livello complessivo, la possibilità personale di accedere all’Assemblea Parlamentare dipenderà dalla fetta di voti che ogni candidato saprà assicurarsi.

Kipred si è occupato spesso anche del ruolo delle donne nella politica kosovara. Oggi in nell’Assemblea Parlamentare di Pristina viene loro riservata una quota del 30% dei seggi. Ma le donne sono un fattore attivo della politica in Kosovo?

Sul piano personale ci sono donne davvero molto presenti e capaci. Basti pensare che sono donne i capogruppo parlamentare sia dell’Aak che di Ora. Sull’ampia presenza di donne in aula, anche nella prossima legislatura, non ci sono dubbi, visto che la quota del 30% a loro riservata rimane in vigore anche per questa tornata elettorale. Quello che manca è un numero sufficiente di donne candidate a sindaco, che sono soltanto due in tutto il Kosovo. Credo che questo sia un dato particolarmente negativo e preoccupante.

Ma la quota riservata del 30% è il modo migliore di inclusione delle donne in politica?

No, naturalmente non è l’ideale, ma è quello che abbiamo e che, io credo, è positivo applicare finché le donne non si troveranno in una posizione di maggior forza all’interno della società. La quota riservata, di cui in linea di principio non sono un grande tifoso, è un metodo piuttosto artificiale, e non sempre dà risultati ottimali. In Kosovo, però, oggi si garantisce a donne particolarmente capaci di ritagliarsi spazi importanti e soprattutto di far abituare i propri colleghi e la società nel suo complesso a questa loro presenza nella politica che conta.

Ci sono state critiche da più parti per la possibilità di candidarsi contemporaneamente all’Assemblea Parlamentare e alle elezioni locali…

In generale non è positivo che un candidato possa proporsi a più livelli, perché questo riduce il grado di impegno personale dei candidati e lascia nell’elettore un certo grado di incertezza sul valore del proprio voto. Il fenomeno della doppia candidatura non è generalizzato, ci sono comunque personalità significative di alcuni partiti, come ad esempio il Pdk che, candidati a sindaco in contesti impegnativi, hanno approfittato dell’assenza di un esplicito divieto per riservarsi una seconda possibilità con le elezioni parlamentari.

Oggi buona parte dei deputati del Kosovo vengono da Pristina. C’è il rischio di un ulteriore approfondirsi dello squilibrio di potere centro-periferia?

Non è da escludere, anzi, l’ingresso nelle liste di personalità conosciute, molto spesso legate ad attività che si svolgono a Pristina, potrebbe rafforzare questo squilibrio. Quindi, nonostante i partiti abbiano inserito candidati provenienti da tutto il Kosovo, potremmo ritrovarci con un parlamento ancora più egemonizzato da Pristina, e che rappresenti in modo molto parziale i bisogni e le istanze delle differenti regioni. Ribadisco ancora che il problema nasce dalla mancata divisione del Kosovo in circoscrizioni: sicuramente il difetto più evidente del nuovo sistema elettorale, che rischia di svuotare di significato le novità positive introdotte.

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