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L’integrità territoriale dell’Armenia

Nei giorni immediatamente seguenti il conflitto in Nagorno Karabakh – mentre il quadro umanitario degli sfollati si rendeva sempre più drammatico – diverse voci si sono fatte sentire a difesa dell’integrità territoriale armena: tra queste Iran, Stati Uniti e Francia

04/10/2023, Marilisa Lorusso -

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Nei giorni immediatamente seguenti il conflitto in Nagorno Karabakh, mentre il quadro umanitario degli sfollati si rendeva sempre più drammatico, diverse voci si sono fatte sentire a difesa dell’integrità territoriale armena. Il timore è infatti che – galvanizzato da questa facile riconquista dell’ultimo baluardo secessionista armeno e dal supporto incondizionato della Turchia – l’Azerbaijan possa tentate di imporre con la forza altri capitoli rimasti sospesi nel conflitto con gli armeni.

Oltre al Karabakh, rimangono irrisolti la delimitazione e la demarcazione dei confini fra Armenia e Azerbaijan, e l’apertura dei vari percorsi per il traffico di merci e di persone. Su questo ultimo punto, in assenza di accordi fra i due paesi, con l’Azerbaijan che preme da una posizione di forza, appaiono molto vulnerabili le aree a sud dell’Armenia. Syunik, in particolare, è zona di contesa per la creazione di quello che Azerbaijan e Turchia chiamano il corridoio Zangezur. Si ricordi il recente incontro nei pressi dell’area fra i presidenti azerbaijano e turco.

Sia l’Iran, storicamente interessato a preservare il confine con l’Armenia, che gli Stati Uniti e la Francia hanno espresso il pieno appoggio all’integrità territoriale armena, e ognuno di questi attori si è mobilitato con le risorse che ritiene di poter impiegare in una regione così conflittuale come il Caucaso.

Iran

L’Iran è uno strenuo difensore dell’integrità territoriale armena. Il paese – sin dal conflitto del 2020 – ha reso chiaro all’Azerbaijan che non avrebbe tollerato alcuno spostamento di confine. Anche prima di quest’ultima offensiva militare azera in Karabakh, i rapporti tra Azerbaijan e Iran erano già estremamente tesi ed acuiti ulteriormente da una serie di incidenti.

A gennaio c’è stata una sparatoria, probabilmente per motivi privati, all’interno dell’ambasciata azera a Teheran. Questo episodio ha scatenato una serie di accese polemiche con Baku che ha da subito alzato i toni, sostenendo che indipendentemente dalla causa dell’incidente, l’Iran non ha difeso la rappresentanza diplomatica.

A fine gennaio l’Azerbaijan ha lanciato un’operazione speciale contro una rete di spie iraniane a Baku e in varie regioni del paese. In conseguenza di questa operazione, sono state arrestate in un primo momento sette persone, e poi il numero degli arrestati è arrivato fino a 39.

A marzo un volo militare iraniano ha effettuato un pattugliamento non stop lungo tutto il confine con l’Azerbaijan. Il mezzo ha volato fra i due paesi e una distanza di 3-5 km dal confine e in più occasioni ha sconfinato sul territorio azero, stando a quanto ha sostenuto Baku. L’Azerbaijan ha convocato di conseguenza l’ambasciatore iraniano. Sono seguite parole forti fra i ministeri delle Difesa dei due paesi.

Ad aprile Baku ha dichiarato quattro membri dell’ambasciata iraniana in Azerbaijan come persone non grate. In risposta a questa misura, l’Iran ha dichiarato a sua volta persone non grate alcuni dipendenti sia della ambasciata in Azerbaijan sia del consolato azerbaigiano a Tabriz. A luglio Baku ha sostenuto che l’Armenia stesse acquistando armi indiane attraverso l’Iran. Yerevan ha cercato di approvvigionarsi militarmente da varie fonti, a causa dei problemi legati ai rapporti e alle forniture dalla Russia, e Baku ha monitorato attentamente questo processo.

Nell’immediato dell’offensiva azera del 19 settembre il ministero degli Esteri iraniano ha ribadito che i confini tra Armenia e Azerbaijan non si toccano, e che questa è una questione di sicurezza nazionale per l’Iran, che chiaramente è disposto a tutto per impedire un “accerchiamento” a nord da parte di paesi alleati turcofoni.

Stati Uniti

Il 26 settembre Samantha Power, amministratrice di USAID è arrivata in Armenia. Power si è recata al corridoio di Lachin dove ha assistito all’afflusso dei rifugiati dal Karabakh e ha parlato di 11 milioni e mezzo di dollari messi a disposizione degli Stati Uniti come primo pacchetto di intervento per gli sfollati. La casa Bianca ha poi annunciato un ulteriore pacchetto di aiuti umanitari. Samantha Power ha portato con sé anche una lettera del presidente Biden con la quale ricordava l’indipendenza armena, che ricorreva il 21 settembre, e ribadiva all’assoluto supporto per l’integrità territoriale armena e la sua sovranità.

Dopo la tappa in Armenia, la Power si è recata anche in Azerbaijan. Gli Stati Uniti sostengono la causa armena di portare una forza internazionale a monitorare le conseguenze del conflitto, ipotesi fortemente osteggiata da Baku. Ma dopo la visita della delegazione americana l’Azerbaijan ha aperto a una missione di monitoraggio dell’ONU, con una visita nell’area del rappresentate delle Nazioni Unite della sede di Baku.

Francia

La ministra degli Esteri francese Catherine Colonna ha parlato in più occasioni dell’operazione militare azera in Armenia. Lo stesso presidente Emmanuel Macron il 24 settembre ha definito questa operazione "inaccettabile e ingiustificabile" e ha richiamato l’Azerbaijan a tutelare i diritti della minoranza armena. Il presidente Macron ha detto che la Francia è molto vigile sull’integrità territoriale dell’Armenia, ed ha anche definito la Russia complice di Azerbaijan e Turchia in questa operazione militare. A seguito dell’esplosione del deposito di carburante che ha fatto centinaia fra morti e feriti fra gli sfollanti armeni, la Francia si è mobilitata per inviare aiuti.

La ministra degli Esteri ha ribadito che la Francia considera la Russia complice dell’Azerbaijan e ha sottolineato che non verrà accettato da parte francese alcun movimento contro l’integrità territoriale dell’Armenia. Ha confermato inoltre che verranno mobilitati almeno 12 milioni di euro per i rifugiati dal Karabakh, ma che questo non esime l’Azerbaijan dalle sue responsabilità verso la minoranza.

La Francia si è poi espressa a favore del libero accesso delle organizzazioni umanitarie all’area. Secondo la ministra Colonna sarebbe importante che gli incontri fra i secessionisti del Karabakh fossero svolti sotto l’auspicio della comunità internazionale. Ci sono stati già tre incontri, due a Yevlakh e uno a Khojali, durante i quali è stato negoziato il ripristino di alcuni servizi alla popolazione che intanto ha abbandonato pressoché totalmente l’area. Sono ormai più di 100mila i karabakhi che sono fuggiti dall’ipotesi di una sovranità azera.

Per quanto riguarda la questione dei confini tra Armenia e Azerbaijan, la Francia sottolinea che ci sono ancora alcune truppe azerbaijane stazionate sul territorio armeno che devono ritirarsi. Anche la Francia, come già Russia e Iran, aprirà un consolato a Syunik.

Prima dell’imminente incontro europeo del 5 ottobre a Granada, il consigliere politico francese ha incontrato le parti azere e armene, e indubbiamente la Francia sarà uno dei paesi UE che cercherà di avere più peso nell’imminente vertice.

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