L’insostenibile blocco del Nagorno Karabakh
In continuo peggioramento la situazione umanitaria in Nagorno Karabakh, a seguito del blocco del corridoio di Lachin, che lo collega con l’Armenia, da parte dell’Azerbaijan. Gli organismi internazionali chiedono a Baku di riaprire il corridoio
Il blocco del Nagorno Karabakh dura ormai da circa 50 giorni. E sono anche una cinquantina i malati gravi che la Croce Rossa ha trasportato dalla regione secessionista in Armenia, a fronte di un continuo peggioramento del quadro umanitario.
Le corti
L’Armenia sta cercando di internazionalizzare la crisi di Lachin e di ottenere la condanna e l’obbligo cogente alla riapertura del corridoio di Lachin anche con cause legali internazionali. A differenza del Nagorno Karabakh – stato non riconosciuto e quindi impossibilitato ad azioni legali internazionali – Yerevan può appellarsi a corti internazionali e lo ha fatto sia con la Corte Internazionale di Giustizia che con la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).
Alla prima ha presentato la richiesta di applicare misure provvisorie e obbligare l’Azerbaijan a garantire la circolazione in ambo le direzioni lungo il corridoio.
Analoga la richiesta alla CEDU che si è espressa indicando al governo dell’Azerbaijan, ai sensi dell’articolo 39 delle Regole della Corte, di adottare tutte le misure che rientrano nella propria giurisdizione per garantire un passaggio sicuro attraverso il Corridoio verso l’Armenia di persone gravemente malate, bisognose di cure mediche e altri che sono rimasti bloccati sulla strada senza riparo o mezzi di sussistenza. La decisione ha tenuto conto del fatto che il governo dell’Azerbaijan è effettivamente in controllo della situazione nel corridoio di Lachin e rilevando l’obbligo dell’Azerbaijan, ai sensi dell’articolo 6 del la Dichiarazione Trilaterale firmata il 9 novembre 2020, di garantire la sicurezza delle persone, dei veicoli e delle merci che si muovono lungo il Corridoio di Lachin.
Alla CEDU sono già presenti due ricorsi relativi alla guerra del 2020, uno dell’Azerbaijan contro l’Armenia, e l’altro dell’Armenia contro l’Azerbaijan. Il 23 gennaio l’Azerbaijan ha presentato un documento alla corte che raccoglierebbe le testimonianze e le prove della pulizia etnica perpetrata da parte dell’Armenia che ha portato il Nagorno Karabakh ad essere un insediamento mono-etnico, in cui i beni privati dei residenti azeri sfollati sono stati saccheggiati o distrutti, e chiede conto della sorte degli scomparsi, chiede compensazioni e infine scuse ufficiali per le sofferenze causate.
Onu e Osce
A seguito di un’iniziativa armena lo scorso dicembre si è tenuta una riunione del Consiglio di Sicurezza Onu per discutere della questione di Lachin. Durante la guerra del 2020 non c’era stata alcuna riunione, la Russia – stando quanto dichiarato dal Presidente Azero Ilham Aliyev – aveva vincolato una riunione del Consiglio in cambio di garanzie sul suo ingresso nell’organizzazione dei paesi Non Allineati, di cui Baku all’epoca aveva la presidenza.
Questa volta, appunto, la riunione c’è stata e anche se non è stata presa nessuna risoluzione condivisa, tutti e 5 i membri permanenti si sono espressi per la riapertura di Lachin.
All’Osce si è poi tenuto un incontro speciale del Consiglio Permanente dell’organizzazione, sollecitato sempre dall’Armenia. Durante questo incontro il ministro degli Esteri armeno ha dichiarato: “È imperativo inviare una missione conoscitiva internazionale nel Nagorno Karabakh e nel corridoio di Lachin per valutare la situazione umanitaria sul campo, nonché per garantire un accesso umanitario al Nagorno Karabakh senza ostacoli per gli organismi delle Nazioni Unite competenti”.
Unione Europea
Una missione alla fine è effettivamente stata approvata, ma è quella dell’Unione Europea in Armenia. La missione durerà un periodo iniziale di circa due anni, il bando attuale è per una cinquantina di osservatori, ma il numero potrebbe essere suscettibile di variazione, come è già accaduto alla missione EUMM in Georgia, che ha inizialmente fornito il personale per la prima missione che nel 2022 l’Armenia aveva concordato con l’Unione Europea.
Questa missione eredita il mandato della missione del 2022, per cui sarà finalizzata al monitoraggio dei confini armeno-azeri e schierata quindi nelle aree di confine dove si sono registrati scambi di fuoco. È una missione civile e non raggiungerà la zona di Lachin, dove il presidio è di natura militare, e appunto il mandato per questo presidio è ai peacekeeper russi.
Sulla situazione di Lachin si è espresso il 19 gennaio l’Europarlamento che ha adottato una risoluzione sulle conseguenze umanitarie del blocco del Nagorno Karabakh. L’Europarlamento ha chiesto la riapertura immediata del corridoio al transito di persone, beni e servizi e ha sottolineato l’importanza di raggiungere un accordo di pace che garantisca la sicurezza degli armeni del Karabakh.
La crisi di Lachin si pone al centro dei rapporti internazionali, anche fra Unione Europea e Azerbaijan. La risoluzione dell’Europarlamento infatti invita l’Azerbaijan a proteggere i diritti degli armeni che vivono nel Nagorno Karabakh e ad astenersi dalla retorica che esorta gli armeni a lasciare il Nagorno Karabakh.
La risoluzione condanna inoltre l’uso strumentale da parte di Baku delle organizzazioni di sedicenti ambientalisti e l’inattività dei peacekeeper russi. L’Europarlamento torna sul tema di una missione a Lachin, indicando l’ONU o l’OSCE come i possibili autori di questo tipo di attività di monitoraggio e accertamento dei fatti, piuttosto che l’attuale schieramento di peacekeeper russi che di fatto non stanno garantendo il rispetto degli accordi.
La risoluzione segue di un giorno l’approvazione del rapporto annuale del Parlamento europeo sull’implementazione delle Politiche Comuni di Sicurezza e Difesa in cui pure si torna sulle questioni irrisolte fra Armenia e Azerbaijan, oltre che sulle altre crisi aperte nel Partenariato orientale.
Nella plenaria del 18 gennaio al Parlamento europeo, in vece dell’Alto Rappresentante Josep Borrell, ha parlato la Commissaria ai Trasporti Adina-Ioana Vălean , la quale oltre a sollecitare la riapertura di Lachin ha indicato un finanziamento umanitario dell’Unione europea su questa specifica crisi, nel 2022, di 3,6 milioni di euro, interamente assegnati al Comitato internazionale della Croce Rossa, unico partner sul campo in grado di accedere al Nagorno Karabakh. Il programma si concentra su due aree di intervento che sono sicurezza economica e rischi legati a mine e ordigni inesplosi. La sicurezza economica include programmi per fornire alle persone colpite da conflitti un sostegno materiale e finanziario per soddisfare i bisogni primari. Poi ci sono appunto i programmi per garantire che le persone nelle aree di conflitto siano consapevoli dei pericoli posti dalle mine e dai residuati bellici esplosivi e su come comportarsi.
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