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L’importanza di un anno elettorale: ex post

Le elezioni sono terminate. La vita in Macedonia può proseguire. L’esame "di democrazia" è stato superato, anche se non con i voti migliori. Lo studente non è proprio brillante, ma almeno si applica

17/07/2006, Risto Karajkov - Skopje

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Le elezioni politiche tenutesi lo scorso 5 luglio rappresentavano un test fondamentale per l’avvicinamento della Macedonia all’Unione europea. I trascorsi elettorali nei 15 anni di indipendenza non erano impeccabili. Si sono sempre verificati problemi.

Anche questa volta era iniziata male. L’avvio della campagna elettorale era stato caratterizzato da violenze tra i vari contendenti. In seguito a forti pressioni internazionali la situazione è ritornata alla calma e il giorno delle votazioni è andato tutto bene, solo alcuni piccoli e sporadici incidenti. Alla fine del turno elettorale gli sconfitti hanno riconosciuto l’esito delle urne. Senza problemi ed in modo esplicito, come dovrebbe accadere in ogni democrazia.

Concorda si sia trattato di elezioni corrette anche chi si è occupato di monitoraggio elettorale.

"Il paese ha superato il test, dimostrando la sua capacità nell’organizzare elezioni che rispondono largamente agli standard internazionali", ha affermato il giorno delle elezioni Ervan Fuere, ambasciatore UE in Macedonia. Lui stesso il giorno del voto è stato molto attivo, visitando numerosi seggi.

Dal punto di vista UE la tornata elettorale del 5 luglio è andata molto meglio delle elezioni precedenti, ciononostante le istituzoni europee si aspettano provvedimenti nei confronti dei responsabili per le – poche – irregolarità rilevate.

Commenti simili sono arrivati dall’OSCE-ODIHIR: processo elettorale migliore rispetto al passato, anche se la campagna elettorale è stata caratterizzata da molti incidenti.

"Le elezioni del 5 luglio sono state condotte in rispetto degli standard internazionali, ma violenze e intimidazioni hanno lasciato un’ombra sulla campagna elettorale", ha affermato Audrey Glover, rappresentante dell’ODIHR in Macedonia.

Punto di vista simile quello espresso dalla sezione macedone del Comitato di Helsinki. Secondo questi ultimi il processo elettorale è andato bene anche se le violenze della campagna elettorale rappresentano una minaccia rispetto alla possibilità di esprimere liberamente i propri diritti politici e civili. Inoltre è stato sottolineato come vi sia un nesso di causalità tra le violenze elettorali verificatesi in seno alla comunità albanese e la bassa affluenza alle urne di quest’ultima.


"La continua diminuzione dell’affluenza alle urne della comunità albanese è un dato preoccupante. Secondo alcuni è conseguenza dell’atteggiamento aggressivo dei partiti politici albanesi. Quest’atteggiamento potrebbe portare a dubitare della legittimità di rappresentanza che quetsi ultimi hanno", si afferma in un comunicato rilasciato dal Comitato di Helsinki.

Un grosso passo avanti rispetto al passato è stato fatto quando il primo ministro Vlado Buckovski ha riconosciuto la sconfitta. In passato si era infatti assistito a uno stillicidio di lamentele e ricorsi.

Verso mezzanotte del giorno del voto Buckovski ha chiamato il leader del VMRO-DPMNE, Nikola Grueski, per congratularsi con lui per la vittoria. Immediatamente dopo si è rivolto ai cittadini macedoni: "La maggior parte dei cittadini ha deciso di accordare la propria fiducia all’opposizione. Mi auguro che i vincitori siano in grado di creare rapidamente un nuovo governo".

Intanto i vincitori festeggiavano nelle strade. Gruelski ha annunciato la vittoria nella piazza centrale di Skopje ed ha fissato le priorità del prossimo governo: accelerazione nel cammino verso l’UE, lotta alla povertà e alla disoccupazione, sviluppo economico. Non da ultimo lotta alla corruzione.

"Non sarà nè facile, nè semplice" ha affermato "non posso certo promettere miracoli ma sono certo saremo il migliore governo che la Macedonia abbia avuto sino ad ora".

Secondo i risultati ufficiali dei 120 posti in parlamento, 44 andranno al VMRO-DPMNE, 32 ai socialdemocratici dell’SDSM, 18 al DUI di Ali Ahmeti (in coalizione con il più piccolo PDP) mentre 11 al DPA di Arben Xhaferi. I Nuovi socialdemocratici, costola scissionaria dell’SDSM hanno ottenuto 7 seggi mentre il VMRO-NP dell’ex premier Ljubco Georgievski 6 seggi. Gli ultimi due seggi rimasti se li sono spartiti due partiti minori, il DOM e il PEI.

L’affluenza elettorale è stata bassa, 56% per cento a fronte del 73% del 2002. Inferiore rispetto alla media nazionale quella in seno alla comunità albanese. Il VMRO-DMPNE ha ottenuto gli stessi voti del 2002, quando però perse le elezioni mentre il SDSM ha perso centinaia di migliaia di voti rispetto alla tornata elettorale precedente.

Sono stati in molti quelli che sono rimasti fuori dal Parlamento. Tra questi l”Alternativa Democratica di Vasil Toprkovski, il DRUM di Goran Rafajlovski, il POE di Velija Ramkovski, la Lega per la Democrazia, il TMORO, il NDP e il DAAM. Topurkovski e Rafajlovski hanno annunciato le proprie dimissioni. Anche Arben Xhaferi, leader del DPA, ha annunciato in un’intervista al magazine di Pristina Express che a breve lascerà la politica, "anche se ritengo che il DPA non abbia perso queste ultime elezioni".

Secondo gli esperti il fallimento dei partiti più piccoli sarebbe dipeso anche dalla legge elettorale. Il paese è stato suddiviso in sei collegi elettorali. In questo modo i voti per i partiti minori sarebbero andati dispersi e non sarebbe stato possibile raccogliere i voti sufficenti a garantire un posto in parlametno.

In ogni caso è finita. E la Macedonia sembra aver superato l’ostacolo. Gli "occidentali" ora stanno speculando sul futuro politico del paese. In particolare se rimarrà sulla strada che porta all’UE. Nessun motivo di preoccuparsi. Non vi è alcun obiettivo politico (o meglio sogno?) più condiviso in Macedonia.

Ma prima di questo al paese serve un governo. I contrasti sono già riemersi. Ma lasciateci almeno qualche minuto, per fare un lungo respiro e poi ripartire …

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