Liberalizzazione dei visti, processo non irreversibile
Da oggi 15 dicembre la liberalizzazione dei visti Schengen è valida anche per Albania e Bosnia Erzegovina. Un anno fa erano stati aperti i confini ad altri tre paesi: Serbia, Montenegro e Macedonia. Ma il processo non è irreversibile. Recenti timori di una crescita esponenziale delle domande d’asilo hanno spinto l’Unione europea ad attivare un meccanismo di monitoraggio
La liberalizzazione dei visti Schengen in Albania e Bosnia Erzegovina sembra essere stata accolta positivamente da tutti. La popolazione è entusiasta: la liberalizzazione si traduce in uno snellimento sostanziale delle trafile burocratiche e, in concreto, significa l’apertura delle porte d’Europa, il superamento dell’isolamento decennale dei due paesi. I leader politici albanesi e bosniaci vedono nell’apertura delle frontiere un importante successo sulla strada che porta all’integrazione europea. E la notizia è stata commentata favorevolmente anche da numerosi analisti e leader politici dell’Unione europea.
Ma dietro i facili entusiasmi, la liberalizzazione dei visti Schengen ha suscitato anche un ondata di timori e preoccupazioni. Numerose questioni restano ancora irrisolte: “Che cosa deve attendersi l’Europa?”, “Tutto resterà come prima o i flussi migratori verso gli stati membri Ue aumenteranno?”, “Le domande d’asilo resteranno stabili o ci sarà un impennata?”.
È per questa ragione che l’Unione europea è stata particolarmente cauta a riguardo. Venerdì 12 ottobre, Cecilia Malmström – il Commissario europeo per gli affari interni – durante una visita ufficiale a Tirana e a Sarajevo, ha più volte ribadito che la liberalizzazione non è un conquista irremovibile: “Se si verificheranno degli abusi, il sistema di liberalizzazione dei visti Schengen sarà rimesso in discussione. Speriamo di non dover arrivare a questo punto”.
Sempre durante questa visita, Melchior Wathelet – il Segretario di Stato belga che si occupa di migrazioni – è stato ancora più chiaro: “La liberalizzazione dei visti non significa avere il permesso di richiedere asilo, di ricevere soldi dagli stati membri, di abusare dei vari sistemi sociali e non significa avere il permesso di lavorare nell’Unione europea” .
Dopo la notizia della liberalizzazione, il numero di richieste di passaporti biometrici è aumentato esponenzialmente. Fedrinand Poni – il vice ministro degli interni albanese – ha confermato che prima della decisione di liberalizzare i visti circa 3500 passaporti biometrici venivano emessi ogni giorno, mentre ora il numero è quasi raddoppiato; ogni giorno più di 6000 persone ne fanno richiesta.
La questione risulta ancora più delicata se facciamo un paragone con la situazione creatasi dopo la concessione della liberalizzazione dei visti Schengen in Serbia, Montenegro e Macedonia nel dicembre 2009. L’apertura delle porte d’Europa a questi paesi, ha infatti avuto come conseguenza un incremento del numero dei richiedenti all’asilo in vari paesi dell’Unione europea. Germania, Svezia e Belgio sono stati particolarmente interessati dall’aumento di richieste d’asilo per motivazioni economiche e hanno fatto presente la situazione in uno degli ultimi consigli dei ministri dell’Ue.
In Germania, Joachim Hermann – il ministro degli Interni della Baviera – riporta che nell’ultimo anno 130 Serbi e 260 Macedoni hanno fatto richiesta d’asilo. Le richieste sono aumentate di sei volte rispetto al 2009, quando le domande d’asilo provenienti da queste aree erano solo 59.
In Svezia, secondo i dati forniti dal National Migration Board nel 2010 i cittadini serbi che hanno fatto richiesta d’asilo sono circa 4000, dieci volte il numero di richieste pervenute nel 2009 (421).
Dello stesso tipo le lamentele del Belgio che in ottobre ha dovuto far fronte alle richieste d’asilo di più di 200 rom provenienti dalla Macedonia.
Le preoccupazioni e le lamentele sono arrivate fino a Bruxelles tanto che, l’otto novembre scorso la Commissione europea, su invito del Consiglio dei ministri europei, ha deciso di creare un sistema di monitoraggio del processo di liberalizzazione dei visti Schengen.
Non è ancora stato precisato come funzionerà questo meccanismo, per ora si sa solo che questo strumento seguirà il processo di liberalizzazione dei visti per i paesi di tutta l’area dei Balcani occidentali. Il meccanismo, il cui scopo principale è quello di sorvegliare se gli stati portino a termine le riforme intraprese, prevede che la Commissione riferisca regolarmente al Parlamento e al Consiglio europeo dei progressi e delle difficoltà dei Paesi balcanici.
È infine prevista l’adozione di un sistema per cui l’Ue e i suoi stati membri, in cooperazione con le autorità dello stato interessato siano in grado di consultarsi in situazioni d’emergenza. Il sistema, concepito per reagire nella miglior maniera possibile ai problemi che possono insorgere a causa dei flussi migratori provenienti da questi paesi, prevede anche la possibilità da parte della Commissione di revocare la concessione dei visti Schengen.
Qualcuno ha definito questo meccanismo un inutile spada di Damocle che pende sulla testa degli stati balcanici; altri hanno invece lo interpretano come uno strumento per responsabilizzare i vari paesi dell’area sud-est europea. Ma bisognerà ancora aspettare per capire se questo strumento sia solo una risposta della classe politica europea alle paure delle proprie opinioni pubbliche o un meccanismo efficace per aiutare gli stati balcanici a proseguire nel loro cammino di riforme.
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