Lettere da Creta: Chianià, incontri
Prosegue il nostro viaggio alla scoperta di Creta. Un incontro a Chianià evoca fatti della Seconda guerra mondiale e legami andati oltre il sangue di quegli anni
(Vai alla mappa con tutte le puntate del reportage)
“Italiano?”, mi chiede un vecchio signore distinto, mentre osservo la mappa della Battaglia di Creta nel Museo Marittimo di Chianià.
“Sì”.
“Capito prima, quando parli al telefono”, mi dice con accento tedesco, “Io parlo poco e male italiano, ma capisco”.
“Lo parla bene invece! Lo ha studiato?”
“No, imparato d’estate a Chianià da bambino. Venivo in vacanza con mio padre che aveva combattuto qui nella Battaglia e aveva fatto amicizia con militari italiani. Ha continuato a rivederli per anni, sempre qui. Creta era rimasta l’isola della loro… gioventù!”
“Mio padre parlava con loro in italiano. Ricordavano quei giorni. Non solo guerra. Anche amore. Per questa terra, per questo mare, per questa gente”.
Sarà Nikolaus ad accompagnarmi e a raccontarmi la tragica e sanguinaria vicenda della Unternehmen Merkur, l’Operazione Mercurio come la chiamarono i tedeschi. Una delle più spettacolari, sanguinarie, vincenti operazioni aeree compiute dai Fallschirmjäger, i paracadutisti, iniziata nel maggio 1941 che portò in una decina di giorni alla conquista dell’isola e alla fuga degli Alleati. Occupazione durata fino al 1945, quando il 9 maggio viene firmata la resa dei tedeschi; una delle ultime, dieci giorni dopo la morte di Hitler e la caduta del Palazzo del Reichstag.
“Franco e Antonio, i nostri amici erano pugliesi… mi hanno insegnato italiano, ma anche a fare pane! Ai tempi cuocere in forno a legna. Adesso a Düsseldorf dove vivo, cuocere con forno elettrico. Buonissimo sempre. Ma soprattutto la casa profuma di quei giorni. Wunderbar!”.
Le tante foto, mappe, giornali, cimeli, cronache esposte nelle sale testimoniano la guerra e gli orrori, mentre Nikolaus mi ha raccontato di amicizie e amori, di pane e vino, di un’isola prodiga di doni anche per gli occupanti, almeno per qualcuno che aveva saputo mantenere una imprescindibile umanità.
Il museo è modesto, ma comunque offre l’occasione per conoscere qualcosa di più della storia marittima del porto ampliato dai veneziani e più in generale dell’isola. Nel pomeriggio vado a zonzo prima per i vicoli della città vecchia, dove l’urbanistica e l’architettura ricordano invece bene i tempi veneziani e ottomani. Vicoli, case e palazzi ma anche la moschea portuale di Küçük Hasan Pasha, ora spazio espositivo.
Seduto sul gradino perimetrale c’è un bambino; pelle scura, capelli e occhi neri. Maglia rossa unta e calzoncini corti rattoppati. Musicista di strada o mendicante zingaro? entrambe le cose? ma poi perché devo classificarlo? Ha un grosso tamburello metallico con cui accompagna una nenia malinconica. Storie di pastori? di fauni? di amanti? chissà? Certo è che mi fa un sorriso sdentato e biricchino quando, unico spettatore, applaudo e metto due euro nella ciotola.
La passeggiata portuale permette di vedere altre plurisecolari e imponenti testimonianze storiche della grandezza veneziana. Sono gli arsenali cinquecenteschi, alcuni allo stato di rudere, altri restaurati e riutilizzati come centri espositivi, congressi e amministrativi. In origine erano una ventina di grandi edifici, funzionali alla costruzione e alla manutenzione della flotta marciana, indispensabile a fini militari e commerciali. Ma il luogo per me più suggestivo è la Chiesa di Agios Nicolaos dove sono arrivato per caso, cercando un kafeneion per rifugiarmi dalla calura africana portata dallo Scirocco e bermi un ouzo.
Dal porto nuovo vado verso la città vecchia, che qui chiamano Splantzia. Un fitto intrico di viuzze, odos dedicate a santi, personaggi e accadimenti cretesi, strette tra casupole a uno o due piani arabeggianti. Qualche sparuta bouganville, acacie e gelsomini che, malgrado lo strangolamento cementizio riescono comunque a verdeggiare, fiorire e profumare. Ed è proprio un odore intenso di zagare che mi guida verso quella che scoprirò essere Platia 1821. Una piazza completamente ombreggiata da platani secolari, mentre il profumo viene dal cortile della Chiesa di Agios Nicolaos, dove ci sono gli aranci fioriti. Mi siedo sulla panchina ombreggiata, lì il mio sguardo stupito sale al cielo seguendo il profilo cilindrico del campanile di destra… che era in origine un minareto! Perché questa chiesa, originariamente cattolica costruita nel XIV secolo limitrofa al Monastero Domenicano, venne trasformata in moschea durante l’occupazione turca a partire dal XVII secolo, per poi diventare chiesa ortodossa nel Novecento. Oggi la facciata ricostruita in tempi recenti ha a destra un campanile a pianta quadrata, mentre a sinistra c’è il minareto, cilindrico, più alto e slanciato, con due balconi.
Nell’ombra profumata dalle zagare, nello stormire delle fronde mosse da refoli caldi, chiudo gli occhi per ascoltare perdute litanie di preti e adhān di muezin, che si mescolano all’akathistos dei pope che risuona dentro quest’arca spirituale, questo vascello di pietra che ha caricato fedi e genti, ritualità, dolori e gioie.
ps
Ill Met by Moonlight è il film del 1957, visibile su YouTube, ispirato dall’omonimo libro di W. Stanley Moss pubblicato nel 1950 e tradotto in italiano nel 2018 da Adelphi. Brutti incontri al chiaro di luna, racconta l’incredibile vicenda del rapimento del generale Kreipe, avvenuto il 26 aprile 1944, ad opera di due ufficiali inglesi travestiti da tedeschi (uno è lo stesso autore, l’altro è il grande avventuriero e scrittore inglese Patrick Leigh Fermor) e tre partigiani cretesi. Seguiranno giorni di fuga, braccati da migliaia di soldati tedeschi; una vicenda epica sulle montagne cretesi.
Altrettanto emozionante e ricco di informazioni storiche è Operazione Mercurio di Antonio Aloni e Paolo Colonnello (SEM, 2018). Un noir in cui il protagonista, il commissario Maki Markaris indagando sulla morte del padre di una giovane archeologa di nome Afroditi si metterà anche sulle tracce di un ex agente nazista, implicato nella oscura vicenda della ricerca di un mitico tesoro. Ma il libro restituisce anche il fascino dell’isola, del mare e delle montagne, dei vini e dei piatti, delle genti e delle culture.
editor's pick
latest video
news via inbox
Nulla turp dis cursus. Integer liberos euismod pretium faucibua