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L’eredità di Eulex: una risposta al giudice Hargreaves

Andrea Capussela commenta il punto di vista espresso dal giudice James Hargreaves, pubblicato ieri su queste pagine, in merito all’eredità che la missione Eulex lascia in Kosovo

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Un ex giudice Eulex, James Hargreaves, ha presentato il suo punto di vista sull’eredità che lascia in Kosovo la missione Eulex. È, ammirabilmente, un punto di vista molto franco, lo devo dire, anche perché non si limita ad evidenziare le debolezze della missione. Ciononostante ho serie riserve sulle sue argomentazioni.

Innanzitutto trovo l’argomentazione principale del giudice Hargreaves contraddittoria. Lui infatti afferma che (1) sia sbagliato giudicare Eulex in base al numero di casi processati e sentenze emesse e che (2) la criminalità è molto diffusa in Kosovo e colpisce anche la stessa magistratura, che non è imparziale.

Ma se l’affermazione numero 2 è vera, come può una missione sullo stato di diritto migliorare diversamente la governance se non mandando numerosi criminali di alto profilo in prigione? Così si ottengono due risultati: rendere inattivi numerosi criminali mettendoli in prigione; fissare il principio – che è de facto assente in Kosovo – che le regole devono essere rispettate e che la loro violazione implica una pena.

Spetta ad altri fare le altre cose che servono per migliorare la governance, tra le quali, per esempio, rafforzare la società civile. Il contributo di Eulex doveva essere solo questo: mandare in galera i criminali, in particolar modo quelli di alto profilo. Insegnare lo stato di diritto, operare da mentori, consigliare, fare da tutor, costruire capacità e competenze – tutto questo che il giudice Hargreaves sembra considerare più importante che non procedere nel perseguire e giudicare numerosi casi – non otterrebbe nulla se giudici e pubblici ministeri che ricevono questi insegnamenti si rendono conto che nemmeno Eulex persegue quei criminali che abusano su di loro della loro influenza, che tentano di corromperli, che li intimidiscono: perché allora i giudici e pubblici ministeri kosovari dovrebbero mandare in prigione quei criminali e rischiare la loro paga, se la stessa Eulex non è in grado di farlo?

In secondo luogo il giudice Hargreaves poggia gran parte della responsabilità sulla situazione in Kosovo e sulla sua “cultura”: la famiglia, il clan, gli eroi di guerra… Quest’approccio non è solo un “non-senso epistemologico” per dirla alla Amartya Sen, ma riflette una modalità unilaterale e semplicistica del leggere la “cultura” di quel paese. In effetti il giudice conclude il suo articolo disegnando un parallelo tra il Kosovo e una versione – probabilmente quella diffusa nell’Oregon, stato di cui è originario – della barzelletta della lampadina:

“Anche se la missione Eulex è stata concepita e implementata per operare come mentore di tribunali e procure era improbabile fin dall’inizio che un sostanziale miglioramento si sarebbe visto. Gli elementi culturali che impediscono di progredire sono troppo rilevanti e non vi è stato sforzo sostanziale per avviare un processo che portasse al loro superamento. Sfortunatamente il Kosovo è come la lampadina di una rinomata barzelletta: “Quante persone servono per cambiare una lampadina? Solo una… ma la lampadina deve desiderare di essere cambiata”.

Ritiene evidentemente che i kosovari non desiderino lo stato di diritto (forse perché sono privi del necessario livello culturale o delle necessarie tradizioni, o per ragioni simili; ed è notevole che un giudice che ha speso gli ultimi 12 anni a lavorare in paesi in via di sviluppo, sul loro sviluppo, abbia queste opinioni). Mi auguro possa prendersi un secondo per chiedersi: quanti kosovari beneficiano dell’assenza di legge? Quanti invece beneficerebbero del vivere in un sistema in cui leggi adottate in modo democratico prevalgono su interessi di fazioni o addirittura di singoli individui?

La gran parte dei cittadini del Kosovo desiderano che la lampadina venga cambiata: il loro problema è che il sistema nel quale vivono rende molto difficile che ciò accada. E questo è precisamente il motivo per il quale Eulex (e ICO, il mio precedente datore di lavoro) sono stati dispiegati nel paese: la vera domanda da porsi allora è perché Eulex (e ICO) non hanno cambiato la lampadina?

In terzo luogo il giudice Hargreaves riferisce che Eulex ha fatto molto poco per cambiare la cultura del Kosovo. Ma è forse un obiettivo possibile, adeguato o legittimo per una missione (temporanea) che opera nell’ambito dello stato di diritto? Ovviamente no: se la causa reale del malessere del Kosovo è la sua “cultura” Eulex non poteva farci nulla. Quindi l’ammissione franca del giudice è generosa ma manca il bersaglio: afferma che Eulex non ha fatto qualcosa che non poteva fare – lo dice lui stesso, “gli elementi culturali che impediscono di progredire sono troppo rilevanti” – e che non gli era stato chiesto di fare. Al contrario il punto è che Eulex non ha fatto la cosa più importante che le era stato chiesto di fare, che è anche la cosa che la distingue da tutte le altre missioni UE nel mondo e da tutte le altre missioni internazionali nel Kosovo post-indipendenza: mandare i criminali in prigione e specialmente quelli di alto profilo.

In quarto luogo è precisamente per questo motivo che Eulex non è stata “mal concepita”, come scrive il giudice Hargreaves: è un progetto ben concepito, ma mal implementato. Le vere cause del fenomeno che il giudice Hargreaves ascrive alla “cultura” del Kosovo risiedono nel sistema di gestione del paese e agli incentivi che genera, e Eulex era stata concepita per ridurre l’impunità e quindi alterare questi incentivi. Le è stato dato il mandato, i poteri e le risorse adeguate per influenzare i calcoli di chi è coinvolto nella corruzione e nel crimine organizzato incrementando materialmente il rischio di essere presi e messi in prigione. E questo, come ho già detto, è solo una parte del lavoro necessario a combattere il crimine e rafforzare lo stato di diritto: è la parte che spettava al braccio esecutivo della missione Eulex.

Il giudice Hargreaves ha operato precisamente in quel settore, che in effetti ha ottenuto risultati effettivamente trascurabili se comparati alle risorse investite e alla diffusione di crimini gravi in Kosovo. Di conseguenza che ora argomenti che la sua missione non debba ora essere giudicata per il numero dei casi portati in giudizio e che il vero problema è la “cultura” del Kosovo sembra un po’ autoassolutorio.

Allora, perché Eulex ha fallito? Provo a rispondere a questa domanda in uno dei capitoli di un libro che ho in pubblicazione e, parzialmente, in un paper sui risultati ottenuti da Eulex. Ma ora che il giudice ha deciso di prendere posizione penso che il pubblico – ed in particolare i cittadini del Kosovo e i contribuenti che hanno finanziato i costi di Eulex (inclusi quelli dell’Oregon, che probabilmente saranno un po’ meno inclini al ridere alla sua barzelletta) – sarebbero grati di sapere perché la missione Eulex non è riuscita a far condannare nemmeno un “pesce grosso”.

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